Intervista a Kazim Toptas, rifugiato politico curdo


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di Maddalena Celano

Kazim Toptas, coordinatore di MED Centro culturale di Torino e del Centro Ararat di Roma. Kazim, nato nel 1980, da circa 15 anni vive in Europa. Laureatosi in Storia dell’ arte, attualmente è un attivista e sostenitore dell’ HDP, vive spostandosi tra Roma e Torino organizzando iniziative ed eventi per la comunità Curda presente in Italia.

Nel distretto di Sur centrale in Diyarbakir, una città prevalentemente curda della Turchia sud-est, molti uomini e donne sono stati vittime di scontri violenti con la polizia, poco prima delle ultime elezioni. In che modo la comunità curda in Italia ha vissuto il crescente clima di tensione?

Lo scorso  giugno 2015, durante le elezioni, l’ HDP (il Partito democratico filo-curdo) riuscì ad assicurare un sorprendente 13% di voti, un segnale significativo per la popolazione curda del paese e  per tutti coloro che si battono per maggiori diritti sociali e civili per le donne e le varie minoranze etniche e religiose che popolano la Turchia. Piuttosto, in questi giorni, l’ AKP (il Partito conservatore presieduto da Erdogan) negò completamente la maggioranza, attraverso azioni autoritarie ed atteggiamenti autoreferenziali.Creando un clima di tensione  ha cercato di assicurarsi la vittoria, perseguendo un disegno-politico autocrate che contrasta persino con l’ originaria prospettiva “kemalista”. Il “kemalismo” sostanzialmente si basa sul perseguire un modello politico laico e similare ai grandi modelli europei. Il realtà Erdogan, in tutti i modi, si sforza di “islamizzare” il paese, uccidere il pluralismo e la laicità e imporre un modello presidenziale.

Lo scorso agosto, dopo che il governo turco aveva abbandonato il dialogo di pace col PKK, attivisti curdi  e vari oppositori di Erdogan hanno dichiarato l’autonomia in Sur, cercando di instaurare una “democrazia-dal-basso”. Ma il tutto è sfociato nella violenza e in una massiccia quantità di arresti.

Infatti alcuni negozianti sospesero le loro attività per una settimana,  molti temerono per le loro vite e quelle dei loro familiari. Si scavarono trincee e barricate, non si poté uscire di casa per giorni.  Si fece in modo che il quartiere di Sur vivesse in continua tensione e  venisse preso d’ assalto per intimidire gli elettori del HDP, cioè la maggioranza degli abitanti del quartiere.

In tutto il paese gli uffici del HDP, durante il mese di ottobre, sono stati attaccati e presi d’ assalto nella totale impunità.  Numerosi attivisti sono stati arrestati e il simbolo del HDP proibito da autorità locali in molti quartieri turchi. Dopo l’attacco bomba ad Ankara che ha ucciso più di 100 attivisti, l’HDP ha annullato tutte le riunioni per problemi di sicurezza.  Le varie comunità Curde come vivono le realtà post-elettorale in Turchia e in Europa?

Le comunità Curde, soprattutto quelle più attive socialmente e politicamente, non solo in Turchia ma anche in tutta Europa, vivono in un clima costante intimidazione. Erdogan ha sguinzagliato diversi suoi agenti per l’Europa che, costantemente, tentano di imbavagliare la nostra libertà di parola. Spesso ricorrendo a calunnie e delazioni. Molti attivisti HDP non hanno potuto partecipare alle campagne elettorali, alcuni temono le reazioni dell’AKP, il caos e le violenze che seguirebbero se continuasse a perdere potere e consensi. L’AKP controlla pressoché tutte le istituzioni turche, ed i media. Il realtà, tutto il potere, in Turchia, appartiene ad un solo partito.

La Turchia è stata inondata da violenza ed incidenti nei recenti mesi, incluso bombardamenti nella città curda di Suruç vicino al confine Siriano ed alla capitale, Ankara. Ora diversi giornalisti europei affermano che il governo sta cercando di fare tacere le voci critiche. Credi che i tentativi di imbavagliamento persistano tutt’ ora?

In realtà è stata fatta passare, proprio lo scorso mese di ottobre, una legge che criminalizza gli insulti al presidente, una tattica legale usata nei recenti mesi verso tutti i giornalisti che investigarono riguardo fenomeni di corruzione legati all’ attuale partito di maggioranza.  Un giornalista del quotidiano Hurriyet e ospite televisivo, ad ottobre, fu attaccato da sostenitori di AKP che gli ruppero il naso e le costole, mentre lo accusarono di difendere Demirtas, il candidato dell’opposizione curda.  Così è normale che giornalisti che si definiscono come oppositori al governo si sentano ansiosi.

La possibilità di ulteriore progresso della questione curda è collegata intimamente ad una serie di sviluppi regionali, con i movimenti curdi  coinvolti direttamente nella lotta armata contro lo Stato Islamico. La resistenza curda in che modo è stata sostenuta dagli Stati Uniti? In che modo gli USA hanno contribuito direttamente alla legittimità crescente e alla visibilità dei Curdi, un fattore che non è stato riconosciuto ancora dal governo turco?

Innanzi tutto, gli USA hanno sostenuto marginalmente la “questione Curda”. Il lavoro più grande è stato svolto dagli organi di informazioni occidentali che, finalmente, hanno offerto la giusta visibilità a tutti i nostri drammi. Il PKK, la maggiore formazione politica curda, è ancora un partito fortemente marginalizzato ed inviso dagli stessi USA.  Si tratta proprio del partito che sintetizza le maggiori aspirazioni sociali ed umanitarie di una sempre più numerosa comunità-curda (e non solo curda). Un Partito sempre più orientato verso una sorta di Socialismo Umanistico e Libertario che, abbandonando i vecchi paradigmi nazionalisti, è diretto ad una maggiore integrazione democratica di tutte le minoranze e tutti gli orientamenti religiosi. Il PKK non combatte solo per i curdi ma ricerca, attraverso un’eventuale risoluzione della “questione-curda”, una maggiore integrazione per tutte le minoranze (etniche e religiose) attualmente rifiutate e ghettizzate. Inoltre il PKK promuove una sempre maggiore partecipazione femminile nelle politiche e nelle economie locali. Il PKK rappresenta l’unica reale alternativa “umanistica” in Medioriente, alle sempre più diffuse politiche nazionaliste, militariste e misogine. Gli USA fin’ ora si sono limitati unicamente a fornire piccoli aiuti ai peshmerga irakeni ed allo YPG in Siria. Bisogna però sottolineare che lo YPG è una forza strettamente legata al PKK e che trattiene rapporti positivi non solo con gli USA, ma anche con la Russia. Mentre con le forze di Assad le relazioni sono piuttosto “neutrali”. Attualmente i curdi siriani sono tra i principali sostenitori di Kobane ed i principali nemici dell’ ISIS, creando un sistema sociale politico basato su una sorta di democrazia radicale, nata dal basso. Il Partito più influente a Kobanè è lo PYD, un partito di ispirazione socialista-libertaria, ancora poco conosciuto e poco supportato sia da UE che da USA. PYD per anni fu estromesso in Siria per aver bandito qualsiasi connotazione religiosa o etnica e per aver proposto una totale parità tra uomo e donna (tra i principali fondatori vi è proprio una donna: Asiyah Abdullah). PYD aspira ad una società basata sull’ equità e la giustizia, sul multiculturalismo ed una politica pacificatrice, antitetica ed ostile alle varie campagne colonialiste e guerrafondaie portate avanti dalla NATO. La finalità è quella di rifondare una prassi politica basata sull’ umanesimo, creare condizioni di felicità e di pieno sviluppo umano in un contesto estremamente vario e complesso da gestire. Potrei tranquillamente affermare che, eccetto vari volontari ed attivisti provenienti da tutto il mondo, nessuno stato ha sostenuto adeguatamente questo straordinario Progetto Sociale e Civile. Una realtà che si regge prevalentemente sul lavoro eroico e costante delle varie Comunità Curde di ispirazione progressista.

 

 

 

 

 

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