La Russia mostra le immagini dei raid contro il traffico di petrolio dell’IS


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La Russia colpisce duramente il traffico di petrolio verso il mercato nero in Turchia praticato dall’Isis dall’Iraq e dalla Siria: per «dimostrarlo» Mosca ha mostrato video e fotografie aeree della distruzione di colonne di decine di autocisterne in viaggio verso il confine turco, in un contrabbando, vitale per l’Isis, che secondo il ministero della Difesa russo ammonta a circa 200.000 barili di greggio al giorno. Mosca afferma di aver dimezzato i ricavi finanziari dello Stato islamico della metà con la sua pressione dall’aria.

In una conferenza stampa tenuta a Mosca – di cui danno conto diversi media -, il generale Serghei Rudskoy ha mostrato alle sue spalle le immagini ed ha asserito che la forza aerea russa in Siria ha distrutto 17 colonne in questa settimana, per un totale di quasi 2.000 autocisterne da quando ha iniziato la sua campagna di raid in territorio siriano e iracheno, lo scorso settembre.

Secondo Mosca, i suoi raid sulla Siria hanno colpito duro gli introiti finanziari del ‘Califfato’, dimezzandole da 3 a 1,5 milioni di dollari al giorno. Il gen. Rudskoy afferma che per e dal valico siriano-turco presso la cittadina curda di Zakho, è stato contato il transito di quasi 12.000 autocisterne: «Le immagini aeree riprese nelle vicinanze di Zakho. C’erano 11,775 fra autocisterne e camion fra i due lati del confine turco-iracheno».

«Si tenga conto che petrolio proveniente sia dall’Iraq che dalla Siria arriva a questo snodo (di Zakho), ha aggiunto Rudskoy. Gli attacchi aerei, ha detto il militare russo, riescono a centrarli malgrado i vani sforzi di trovare strade alternative che espongano i mezzi il meno possibile. Inoltre, malgrado le deviazioni, «la Turchia rimane il punto finale della rotta del contrabbando».

Il contrabbando di petrolio verso il mercato nero turco costituisce una delle principali fonti di finanziamento dello Stato Islamico. La Russia accusa Ankara di praticare il commercio clandestino di petrolio con l’Isis e il presidente Erdogan e la sua famiglia di esserne coinvolti: accuse che il «sultano» nega. 

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