La celebrazione di Sham el Nessim in Egitto: una tradizione che unisce cristiani e musulmani


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(Kati Galli – Safaga, Mar Rosso) – Mentre il mondo cristiano-cattolico archivia le celebrazioni pasquali per l’anno in corso, la comunità cristiano-copta celebrerà la Pasqua 2016 domenica 01 maggio perchè segue il calendario giuliano e non quello gregoriano, adottato nel mondo occidentale, e ciò è risaputo. Ma forse pochi sanno che in Egitto, Paese a maggioranza musulmana, viene celebrata una festività nazionale tanto da cristiani quanto da musulmani che cade il lunedì successivo alla domenica di Pasqua e che somiglia molto alla Pasquetta cristiana: la festa di Sham el Nessim, che significaannusare l’aria”.

Come nella tradizione occidentale anche la ritualità e il folklore legati alla festività copta affondano le radici nelle celebrazioni della primavera in era pre-cristiana, avendo inglobato elementi pagani sopravvissuti sia alla cristianizzazione romana sia alla successiva islamizzazione araba.

Sham deriva infatti dal nome della stagione di Shamo o Shemu, che nell’antica lingua egizia significava “il rinnovamento della vita” perchè designava i quattro mesi del raccolto, grosso modo da metà marzo a metà luglio, seguiti dalla stagione dell’esondazione del Nilo.

La festa di Sham el Nessim risale almeno a 4.700 anni fa, al periodo precedente la fine della terza Dinastia, e cadeva in corrispondenza dell’equinozio di primavera, che rappresentava la creazione della vita in una civiltà visceralmente legata alla ciclicità del Nilo, dai cui ritmi dipendeva il successo del raccolto. La data esatta della festa veniva annunciata solo la sera precedente perchè legata alle fasi lunari (era necessario avvistare il plenilunio), ed è interessante ricordare che anche la Pasqua cattolica non cade mai nella stessa data perchè corrisponde alla domenica successiva al primo plenilunio primaverile. Altrettanto interessante é osservare che anche le festività religiose musulmane  seguono un calendario mobile perchè l’anno islamico é composto da mesi di 29 o 30 giorni, come i cicli lunari, così il mese di Ramadan inizia sempre con l’avvistamento del plenilunio.

E’ cosa nota che l’arrivo della primavera rivestiva un’importanza fondamentale nelle civiltà rurali dell’antichità, e non sorprende che al passaggio dalla morte (l’inverno) alla vita (la primavera) fosse legata una ritualità complessa con intento sia propriziatorio sia celebrativo. Ancora oggi in molti Paesi asiatici come Iran, Turchia, Afghanistan, Azerbaijan e Tajikistan nell’equinozio di primavera cade la festa di Nowruz (“nuovo giorno”), che avrebbe addirittura 15.000 anni e che coincide con il primo giorno del mese di Farvadin del calendario persiano. Gli Iraniani festeggiano Nowruz preparando la tavola (Haft Seen) con sette cibi il cui nome inizia con l’equivalente in lingua farsi del suono /s/, e mettendo il Corano vicino ai piatti per attirare la benedizione di Dio. Come in Occidente, anche in Oriente l’arrivo della primavera è preceduto da approfondite pulizie di casa e, per chi può permetterselo, dall’acquisto di abiti nuovi, come simbolo di rinnovamento.

Non mi dilungherò qui sull’origine pagana di uova e coniglietti pasquali, simboli di fertilità già nell’antica Babilonia (ricordiamo per esempio l’uovo mistico caduto dal cielo nel fiume Eufrate) perchè voglio tornare all’Egitto e alla festa di Sham el Nessim, in cui le uova la fanno da padrone tra i cibi legati alla festa.

Proprio come al giorno d’oggi, anche gli antichi Egizi erano soliti colorare le uova, simbolo dell’universo per la loro forma tondeggiante, e di rinascita sulla terra perchè “gusci che racchiudono la vita”. Le uova venivano poi appese nei templi e regalate agli amici. Molte sono le credenze legate all’uovo nell’antico Egitto: il dio-sole sarebbe nato dall’uovo cosmico, il sole stesso sarebbe stato un uovo deposto ogni giorno da Seb, l’oca celeste.

Ai nostri giorni gli egiziani scrivono dei desideri sui gusci delle uova sode, colorate e decorate: quelle che non vengono consumate nelle “gite fuori porta” vengono appese in cestini nelle case (che hanno sostituito i templi) o sui rami degli alberi, con la speranza che i desideri vengano esauditi.

Qui sul Mar Rosso, dove gli alberi non abbondano, le uova vengono infilate nei cestini da pic-nic e consumate all’aperto in riva al mare con altre ricche pietanze. Il giorno di Sham el Nessim le donne iniziano a riempire i cestini per il pranzo la mattina presto con le primizie di stagione: cipolle verdi, lupini, scalogno e lattuga (qui sul Mar Rosso la lattuga è un lusso che non ci possiamo permettere dato il clima troppo caldo, ma ci consoliamo con la rucola). Nelle città del basso Egitto affacciate sul Mediterraneo, come Alessandria, il l piatto principe del giorno di “Pasquetta” è il fiseekh, il cefalo sotto sale, pescato, lavato e messo sotto sale per 45 giorni in botti di legno: processo che ne garantisce la conservazione fino a sei mesi, ma che non ne attenua l’odore intenso. Qui a Safaga, oltre al cefalo, mangiamo un’infinità di altre varietà di pesce, piatto forte ed economico della dieta della zona, per ovvi motivi.

Qualunque sia il menù del giorno, un rito accomuna tutto il Paese nel giorno di Sham el Nessim: la gita fuori porta, non per “prendere aria”, ma per “annusare l’aria” perchè si crede che nel giorno di Sham el Nessim l’aria abbia un particolare effetto benefico. Per i cittadini del Cairo la tradizione vuole che si faccia un giro in battello sul Nilo o una passeggiata nei bei giardini di Al Azhar o allo zoo di Giza. I cittadini di Alessandria vanno di solito al Palazzo Montazah, uno splendido palazzo in stile misto turco-fiorentino con un parco che vanta centinaia di specie arboree anche rare e che per l’occasione apre i giardini gratuitamente al pubblico.

A Safaga, che fino a circa cinquant’anni fa non era molto altro che deserto attorno ad un porto, non abbiamo particolari attrazioni da visitare, così facciamo la cosa più semplice: attraversiamo la strada e “andiamo al mare”. Ricordo la prima volta che vidi le famiglie (cristiane e musulmane) affollare la spiaggia per la festa due anni fa: sembrava un’istantanea presa da un film italiano Anni ’50. Dalle auto un po’ malandate scendeva sulla spiaggia libera il doppio di persone rispetto alla capacità dei veicoli, più cesti per il pranzo, radio, teli mare, palloni e canotti. E chi più ne ha, più ne metta.

Quel giorno ero sola perchè il mio futuro marito lavorava con una comitiva di turisti: mi sedetti sulla sabbia con le cuffiette dell’i-pad nelle orecchie e non passarono neanche due minuti prima che una ragazza con hijab e abito lungo mi offrisse la metà della sua fetta di baqlawa, un dolce a base di zucchero, miele e frutta secca. Così, senza dire una parola. Mi gustai il baqlawa in silenzio, dato che il mio arabo non andava oltre il “grazie” e “prego” e mi rilassai ad osservare la scena con gli occhi dei turisti europei che dai parapetti degli attigui villaggi turistici sorridevano e fotografavano l’allegra e rumorosa brigata. Non credo sapessero che era la festa di Sham el Nessim, ma sicuramente avranno apprezzato la voglia di stare insieme e divertirsi per celebrare la festa di tutti gli egiziani, in barba a chi, dai pulpiti dei salotti telesivi, divide l’umanità in musulmani e tutto il resto del mondo.

 

 

 

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