Oltre la guerra in Siria: i limiti dell’informazione


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Alessandro Aramu – La Siria raccontata attraverso la cronaca quotidiana delle battaglie e da una prospettiva solo ed esclusivamente militare – come se il fronte di guerra fosse l’unica misura di quanto sta accadendo in quell’area geografica – oltre a essere noiosa, è un fallimento per l’informazione. Certamente non aiuta a comprendere i mutamenti in corso nella società siriana, le trasformazioni e anche i limiti di una gestione della ricostruzione derivanti non solo dal peso delle sanzioni ma anche da quello annoso, e mai risolto, della corruzione interna.

Dopotutto, Bashar al Assad sa bene che alcuni oscuri funzionari del partito Bath, in particolare quelli periferici, sono i peggiori nemici della libertà e della pace sociale nel Paese. Era così prima della guerra, in quella stagione di riforme mancate e di corruzione diffusa, spesso compiuta alle spalle del Presidente, e lo è ancora di più oggi.

Serve uno sforzo maggiore, dunque, per tenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale e impedire di coltivare nemici interni, più subdoli e invisibili rispetto a quelli armati. Voler bene alla Siria significa saper e voler raccontare non il centimetro di terra sottratto ai terroristi ma anche il centimetro di spazio sottratto alla disinformazione a favore della verità dei fatti. Anche nelle zone liberate permane una condizione di povertà e di disagio notevole, il cibo non è di facile reperibilità, l’energia e l’acqua spesso scarseggiano. Le cause sono in parte note, in parte taciute, non per disonestà intellettuale ma per debolezza delle fonti da cui attingere le notizie. Raccontare a senso unico, da una parte o dall’altra, è un esercizio semplice quanto rischioso, soprattutto se si fa in modo corretto il mestiere di giornalista.

La Siria non è solo Damasco e, in parte, Aleppo ma anche quei tantissimi piccoli centri, anche rurali, che oggi sono marginalizzati nel processo di ricostruzione. Penso che si debba pretendere dagli alleati, soprattutto da quelli più competitivi nel mercato globale, uno sforzo maggiore per il rilancio economico della Siria perché si rischia un’implosione del sistema sociale e politico attuale con grande incertezza per il futuro. Il problema è proprio come risollevare l’economia di un paese devastato e, comunque, isolato una decisione scellerata degli Stati Uniti e dell’Europa.

Ecco, se proprio devo dirla tutta, oggi la posizione di Assad mi sembra meno salda di ieri. Un tempo si poteva essere o con lui o contro di lui. Le cose sono cambiate, quella logica non funziona più, neanche sotto il profilo della narrazione giornalistica. Nella società siriana ci sono sfumature che vanno colte, segnali che non possono essere trascurati, perché quella società, devastata in quella che sarebbe diventata la classe dirigente del futuro, è molto più complessa di come è descritta anche dai cosiddetti “filo governativi”. Come insegna la storia, è proprio il post guerra (ancora in corso) che riserva le maggiori sorprese.

Questo articolo è presente su: alessandroaramu.it 

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