Febbre calcistica e giornalisti. Tutti in Brasile, pochi a raccontare le crisi in M.O.


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(Talal Khrais) – La febbre calcistica che ha contagiato, come ogni 4 anni, gran parte dei tifosi sportivi non ha risparmiato nemmeno i giornalisti che solitamente si occupano di Medio Oriente. Ben 30 giornalisti e tecnici delle tre reti RAI, Rainews e GR sono in Brasile a raccontare quel che accade negli spogliatoi, a descrivere dettagliatamente la “povera divisa” della squadra iraniana, a commentare con minuziosi particolari ogni singola partita.

Solo due giornalisti hanno evitato il contagio: uno continua il suo lavoro a Gerusalemme e un altro a Beirut. Tutti gli altri, profumatamente pagati con i soldi dei contribuenti, non hanno resistito alla tentazione di immergersi nello spettacolo sportivo più seguito nel mondo. Ognuno di questi, secondo alcune indiscrezioni, costerebbe dai 700 ai 1000 euro al giorno. I conti sono presto fatti. A farne le spese, però, sono proprio i cittadini che meriterebbero un’informazione meno sbilanciata sui mondiali di calcio.

Come dimenticare, inoltre, la trasmissione “Notti Mondiali” su Rai Uno dove il giornalista Marco Mazzocchi ha persino chiesto al direttore della sede Rai in Brasile, Eugenio De Paoli, di “dare una toccatina” a Paolo Bonolis. Una situazione imbarazzante che da sola spiega molte cose.

Per di più, il mancato interesse da parte dei giornalisti o l’entusiasmante mondiale di calcio non comporta un rallentamento dell’avanzata dei gruppi jihadisti dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (Da’Ech) nel territorio iracheno, così come non sono diminuite le stragi a scapito di persone innocenti.

Quel che i “febbricitanti” giornalisti italiani non ci raccontano in questi giorni è che l’esercito iracheno, sostenuto dalla popolazione e dalle tribù indigene, sta riprendendo progressivamente le zone occupate dai terroristi.

IRAQ E SIRIA. LA LOTTA AL TERRORISMO JIHADISTA CONTINUA

La strategia dei Jihadisti, come accaduto anche in Siria, ha previsto l’infiltrazione nelle chiese, nei villaggi, e un’avanzata verso le dighe, le colline, le raffinerie e i pozzi petroliferi che costituiscono uno dei primi obiettivi strategici dei gruppi terroristici. Ne è prova l’occupazione della zona petrolifera a Deir El Zour in Siria. Inoltre sono riusciti a occupare una vasta area sul confine, senza riuscire però ad arrivare alla grande raffineria “Bigi”.

Fonti accreditate parlano della battaglia decisiva di Takrit dove, le Forze Armate irachene hanno causato la morte di centinaia di terroristi. La capitale, secondo i giornalisti, di Al Manar è rimasta immune.

Di fronte alle minacce terroristiche, il Grande Ayatollah Ali Al-Sistani, l’autorità suprema religiosa sciita in Iraq, ha fatto un appello a tutti i leader del Paese per costituire un nuovo governo che possa affrontare la crisi con fermezza e decisione e possa accompagnare l’azione militare con una azione politica.

In questi giorni è stata intensificata l’azione contro il terrorismo da parte del Libano e della Siria che, rispetto al passato, dimostrano una solida cooperazione tra i due eserciti.

Nelle ultime roccaforti nel Qalamoun, il cuscinetto di territorio che separa il Libano dalla Siria, si trovano migliaia di jihadisti del Fronte Jabhat al-Nuṣra, il cosiddetto “Liwa’ al Islam” (Brigata dell’Islam), e un terzo Gruppo “Liwa al Ghraba”(Brigata degli stranieri) assediati dall’Esercito Siriano e dall’Esercito Libanese. Per fuggire dall’assediamento, gran parte di gruppi terroristici fuggono attraverso le montagne rocciose verso la zona turistica “Zabadane” città di confine con il Libano, assediata però in quest’ultimo periodo da Hezbollah e dall’Esercito siriano.

In Libano, le forze di sicurezza grazie all’aiuto della popolazione, sono riuscite a eliminare numerose cellule dormenti del terrorismo qaedista.  Continue perquisizioni in alberghi e appartamenti turistici hanno permesso di scovare nuovi miliziani pronti a colpire, come dimostra il ritrovamento di un covo pieno di esplosivo a Fneidek, nel distretto di Akkar nel Nord Libano.

La guerra in Medio Oriente continua senza sosta. Ma gli italiani sembrano accorgersi soltanto del mondiale di calcio, con i successi del Costa Rica, le difficoltà del Brasile e la delusione dell’Italia. Tra una toccatina e l’altra, la guerra continua. Ma nessuno se ne accorge. Forse perché è più semplice mandare 30 giornalisti a seguire un pallone che rotola su un prato che qualche reporter in più nelle zone calde del mondo a raccontare eventi che solo apparentemente sono lontani da noi.

 

Talal Khrais (1952). Giornalista accreditato presso la Stampa Estera in Italia, è corrispondente dall’Italia del quotidiano libanese “As –Safir e reporter militare. Responsabile delle relazioni internazionali del Centro Italo Arabo Assadakah. Autore di numerosi articoli e reportage. Coautore dei volumi Lebanon (Arkadia), Syria, quello che i media non dicono (Arkadia) e Middle East. Le politiche nel mediterraneo sullo sfondo della guerra in Siria (Arkadia).

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