Violenza settaria in Pakistan. Miliziani sunniti minacciano gli hazara


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(Carla Melis) – E’ stato reso pubblico il nuovo rapporto di Human Right Watch dedicato alla drammatica situazione degli hazara in Pakistan. Il rapporto di 62 pagine, intitolato We are the Walking Dead: Killings of Shia Hazaras in Balouchistan, Pakistan (Siamo dei morti viventi: le uccisioni degli hazara in Balouchistan, Pakistan), racconta gli attacchi commessi dai gruppi militari sunniti contro la comunità hazara, composta in maggioranza da sciiti, in Belucistan. Dal 2008, un’ondata vi violenza mirata ha colpito centinaia di hazara e la situazione è in costante peggioramento, soprattutto dopo gli attentati che nel gennaio 2013, nel capoluogo di provincia, Quetta, hanno ucciso 180 persone.

Nel rapporto le testimonianze raccolte presso la comunità hazara di Quetta delineano uno scenario agghiacciante. Più di 100 sopravvissuti, membri delle famiglie delle vittime, agenti delle forze dell’ordine e di sicurezza ed esperti indipendenti sono stati intervistati da Human Right Watch. Nel quadro delle ricerche fatte, appare chiaro il problema della violenza e della sicurezza nella regione. “Nessun itinerario, sia che si tratti di fare i propri compiti, di andare a scuola o di recarsi nel posto di lavoro, è sicuro per gli hazara. L’inazione del governo di fronte a questi attacchi è scioccante e inaccettabile”, spiega un agente intervistato. “Estremisti sunniti muniti di armi da fuoco o bombe hanno attaccato gli hazara mentre questi partecipavano a delle processioni religiose, e pregavano nella moschea, si recavano a lavoro, o semplicemente nel loro quotidiano” ha dichiarato Brad Adams, direttore della divisione Asia. “Nessun itinerario, sia che si tratti di fare la spesa, di andare a scuola o di recarsi nel luogo di lavoro, può essere considerato sicuro per gli hazara. L’inazione del governo di fronte a questi attacchi è scioccante e inaccettabile”.

A causa di questi attacchi continui, circa 500.000 membri della comunità hazara di Quetta vivono nella paura, costretti a limitare i propri spostamenti, che porta delle difficoltà economiche e rende difficile l’accesso al mercato del lavoro e alle istituzioni, secondo Human Right Watch. Questa situazione di oppressione ha incitato un gran numero di hazara a fuggire dal Pakistan per trovare rifugio in altri paesi.

Dal 2008 militanti del gruppo Lashkar-e-Jhangvi (LeJ) ha rivendicato la responsabilità della maggior parte degli attacchi, eppure un gran numero di dirigenti continua a ricoprire il proprio ruolo politico cercando di evitare i procedimenti penali e sottraendosi all’obbligo di render conto. Un certo numero di militanti del LeJ condannati e dei sospettati incarcerati in detenzione civile e militare sono evasi in circostante che le autorità non sono state capaci di spiegare.

Dalle testimonianze emerge che le forze di sicurezza civili e militari impiegate in Balucistan hanno fatto pochi sforzi per investigare sugli attacchi contro gli hazara o adottare delle misure per prevenire il prossimo attacco, secondo Human Rights Watch. Molti Hazara hanno dichiarato a Human Rights Watch che il comportamento discriminatorio e l’ostilità nei loro confronti da parte dei funzionari eletti e dei servizi di sicurezza dello Stato sono una dei motivi principali per i quali gli attentati non sono oggetto di nessuna inchiesta e rimangono impuniti.

Chiara la richiesta di HRW. “Bisogna disarmare i militanti sunniti, intraprendere delle azioni giudiziarie contro di loro e proteggere la comunità hazara. Il governo del Pakistan deve prendere tutte le misure necessarie per mettere fine ai morti tra gli hazara e gli altri musulmani sciiti, per mano degli estremisti sunniti della provincia del Balouchistan e per evitare altre azioni simili”.

 
Carla Melis (1984). Laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche all’Università di Trieste (Gorizia). Borsista Erasmus all’Istituto di Geografia dell’Università La Sorbonne Paris IV e specializzata in Giornalismo Investigativo e Analisi delle fonti documentali presso la scuola di formazione dell’AGI (Associazione Giornalismo Investigativo) di Roma. Ha pubblicato articoli per diverse riviste online e collaborato con l’archivio Flamigni di Roma. Ha svolto attività di stage presso il Consolato Generale d’Italia a Parigi e la Camera di Commercio Italiana per la Svizzera e lavorato come consulente in Germania e in Norvegia.

 

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