Politica estera Ue: crescono le quotazioni di Massimo D’Alema


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(Francesco Lodato) – Le quotazioni di Federica Mogherini come candidata alla poltrona di responsabile della politica estera in Europa sono in picchiata. Il ministro degli Esteri italiano si scontra con un’opposizione che cresce giorno dopo giorno. Quasi scontata la posizione dei popolari, meno quella dei socialisti che hanno intenzione di puntare su un nome forte, autorevole e dalle comprovate competenze. Il premier Renzi insiste su Mogherini ma sa bene che in Europa non può fare la voce grossa come a Roma, dove ci sono lupi più feroci di quelli che solitamente è abituato a incontrare in patria.

E se la Mogherini scende, sale invece il nome di Massimo D’Alema. Storce il naso la cancelliera tedesca Angela Merkel che rivendica un diritto di veto su quella poltrona e preferirebbe un candidato non italiano, sicuramente non D’Alema. L’Italia però insiste: quella poltrona è nostra. Lo riafferma anche Gianni Pittella, capogruppo dei Socialisti & Democratici al Parlamento europeo, che ha però mette le mani avanti e dice che «se qualcuno dovesse continuare questa speciosa strumentalizzazione sulla sua presunta incompetenza o inesperienza, c’è la candidatura di D’Alema».

Sull’ex premier ed ex ministro degli esteri italiano c’è un lavoro che parte da lontano. Un lavoro che ha già portato a due importanti risultati: il rafforzamento della sua candidatura dentro il partito socialista (con il riconoscimento pressoché unanime del fatto che si tratti di una personalità di grande competenza internazionale) e il gradimento di Jean Claude Juncker. I due si sono incontrati qualche giorno fa nell’ufficio del presidente eletto della Commissione Ue nell’edificio Charlemagne, di fronte alla sede dell’esecutivo europeo.

La portavoce di Massimo D’Alema ha confermato con una nota l’incontro: “Un colloquio cordiale tra due personalità che si conoscono da molto tempo per esaminare la situazione e le prospettive delle istituzioni europee”. Subito dopo D’Alema ha parlato con Renzi. Tutti segnali che fanno capire come il Governo italiano stia cercando seriamente di chiudere la partita a favore dell’ex ministro degli Esteri.

Intanto, Jean Claude Juncker ha chiesto a tutti i 28 Paesi Ue di mettere le carte in tavola e indicare i nomi dei candidati entro la fine del mese. La maggioranza delle cancellerie ha già risposto, l’Italia ancora no. Renzi si prenderà tutto il tempo possibile per tentare un’ultima mediazione su Mogherini. In caso contrario, dovrà farle ingoiare il rospo europeo e ufficializzare il nome di D’Alema.

Federica Mogherini è intanto finita nel mirino per il pasticcio creato dall’Italia con l’Azerbaijan. Lo scorso 14 luglio è stato siglato un accordo economico e politico tra i due stati, alla presenza del presidente-dittatore Ilham Aliyev. Nella dichiarazione congiunta con cui Italia e Azerbaigian avviano e allargano tutta una serie di rapporti, soprattutto in campo economico, c’è un passaggio che fa andare su tutte le furie molti governi europei. Al punto 2 lettera «A» della dichiarazione i due paesi scrivono di voler stabilire «una più stretta cooperazione per una pacifica risoluzione del conflitto Nagorno-Karabakh sulla base della sovranità, integrità territoriale e inviolabilità dei confini della repubblica dell’Azerbaigian». Una posizione che contrasta con la linea europea e con tutte le risoluzioni adottate a Bruxelles fino a oggi.

Parole che l’Armenia, altro paese direttamente interessato, giudica inaccettabili. In un solo colpo, con quella dichiarazione congiunta, l’Italia cancella anni e anni di lavoro portato avanti dal Gruppo di Minsk (Francia, Russia e Usa), la struttura creata all’interno dell’Osce proprio per trovare una soluzione pacifica al conflitto del Nagorno-Karabakh.  Può dunque l’Italia guidare la politica estera europea con una macchia così grande? In Europa pensano di no. È un no a Renzi ma anche a Federica Mogherini, giudicata un ministro poco autorevole, inesperto e distratto. A lei, più che al premier Renzi, spettava il controllo su quella dichiarazione. A Bruxelles lo hanno capito e hanno deciso che il ministro italiano non ha le carte in regola per occupare una poltrona che con l’estate, sebbene ancora vuota, è diventata caldissima.

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