Cambia la strategia Usa: non si sconfigge l’ISIS facendo la guerra anche ad Assad


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(Damasco – Talal Khrais) – Il presidente Barack Obama ha chiesto ai consiglieri militari più esperti di rivedere la strategia degli Stati Uniti in Siria convinto che i jihadisti dello Stato islamico, che oggi controllano vaste aree nella Repubblica Araba Siriana e nello Stato dell’Iraq, non possano essere sconfitti se si continuerà a fare una guerra contro il Presidente Bashar al Assad. Si tratta di un cambio di strategia clamoroso perché gli Stati Uniti sono i principali artefici, insieme ad altri paesi europei e alle Monarchie del Golfo, di una guerra che ha causato milioni di profughi e centinaia di migliaia di morti e feriti.

La Casa Bianca pensa a una transizione politica che porti all’uscita di scena del presidente siriano Bashar al Assad. Obama chiede l’uscita di scena di un presidente eletto, con un forte mandato popolare, per nascondere il suo fallimento in politica estera, quello che ha sancito la sua cocente sconfitta nelle elezioni di medio termine.

In Siria questa ipotesi non è presa in considerazione: gli Stati Uniti – dicono gli osservatori e gli uomini più vicini al presidente – non hanno capito che oggi più che mai, con la minaccia dell’ISIS dentro casa, la Siria significa Bashar al Assad e Bashar al Assad significa la Siria. Per questa ragione la pretesa di Obama di dettare le condizioni sul futuro della Siria sono destinate a fallire, anche a causa del suo sostegno ai finti ribelli moderati, che in fin dei conti non sono nient’altro che terroristi, che si sono macchiati le mani con il sangue degli innocenti.

La settimana scorsa la Casa Bianca ha convocato quattro incontri con i consiglieri per la Sicurezza nazionale, uno dei quali presieduti dallo stesso Obama. Secondo osservatori più attenti, gli Stati Uniti infatti non sono più in grado di condurre nello stesso tempo una guerra contro i terroristi dell’ISIS e, allo stesso tempo, contro il Presidente Assad. Il governo siriano non ha dubbi: “Per combattere il terrorismo gli americani devono collaborare con noi”.

L’operazione militare contro l’ISIS, condotta dall’aviazione militare e dai loro alleati, si è rivelata un mezzo flop che ha già causato circa 1000 morti, compresi molti civili. Obama è sempre più isolato a livello internazionale. Anche un interlocutore importante come l’Egitto del generale al Sisi ha deciso di guardare a Mosca, con la quale sta studiando un piano per far uscire il paese dalla guerra. Anche Tunisia e Algeria hanno deciso di voltare le spalle alla Casa Bianca per rafforzare le relazioni con la Russia.

Dal suo canto, Washington continua a fare pressioni su Turchia e Arabia Saudita per far cessare gli aiuti ai terroristi. La transizione politica in Siria sembra quindi l’unica strada perseguibile a questo punto, anche perché lo spettro del fallimento militare è dietro l’angolo. Gli Stati Uniti sono in grande in un imbarazzo perché, dopo oltre tre anni di guerra, la Siria resiste. E resiste anche l’asse con la Russia e l’Iran mentre nel contempo l’Europa, senza politica e coraggio, mostra tutta la sua fragilità e incapacità dal punto di vista strategico e diplomatico.

Oggi le zone strategiche del paese e le più importanti vie di comunicazione sono sotto il controllo governativo. La liberazione di città come Mliha e Adrà ha restituito pace in aree che fino poco tempo fa erano coinvolte nei combattimenti. Questo ha reso anche la capitale Damasco più sicura. Si pensi che oltre la metà dei posti di blocco interni alla città sono stati dismessi, anche grazie a un controllo del territorio più capillare e meno invasivo.

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