Limiti e contraddizioni dei social network. Il caso Siria


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(Laura Casta) – La diffusione dei materiali amatoriali attraverso i social network è diventata un’arma a doppio taglio nelle rivolte arabe: da un lato, ha fornito uno sguardo su rivoluzioni e fatti che sarebbero potuti rimanere ignoti; dall’altro, ha spesso mostrato una realtà distorta. Ciò ha reso difficile il compito di distinguere la realtà dalla propaganda.

Emblematico il caso della Siria, dove la diffusione di falsi messaggi, false informazioni e falsi video sui social network e, più in generale, sul web, ha fatto della rete un contesto di circospezione, inganno e dubbio. L’inserimento sui social network, come Facebook, Twitter e YouTube, di contenuti falsi creati dagli hacker rende assolutamente impossibile per un internauta essere sicuro della loro origine e garantire la veridicità delle informazioni così diffuse.

Pertanto, pur essendo in parte cominciata sul web, la mobilitazione in Siria non ha ottenuto i risultati sperati, contrariamente a quanto è successo in Egitto e in Tunisia. Le ragioni di questo insuccesso vanno ricercate nel contesto particolare del web siriano, ma anche nella natura delle strategie scelte dalle fazioni in lotta. La rete stessa, presentata da alcuni come strumento liberatore in grado di fornire online gli spazi di espressione di cui le società oppresse non dispongono, a poco a poco si è trovata accusata di essere diventata strumento di controllo, di inganno e repressione.

Sin dalle prime manifestazioni nel marzo 2011, si è studiata la rete per cercare di trovarvi fenomeni che fossero paragonabili alle situazioni createsi in Egitto o in Tunisia. La rivoluzione siriana sembrava aver trovato il suo posto sui social network, facendo ancora una volta del web la vetrina della contestazione, a colpi di video girati con gli smartphone e di tweet infiammati che convocavano le manifestazioni del venerdì. Come per l’Egitto e la Tunisia, la rivoluzione è stata seguita in diretta dai quattro angoli del mondo, avendo come corollario il disegno strategico di mobilitare la comunità internazionale. Ma poi i casi di falsificazione, manipolazione e manomissione di video e immagini sul web, hanno fatto del cyberspazio siriano un luogo poco sicuro e affidabile.

Recentissimo è il caso che ha coinvolto il leader dell’opposizione siriana Ahmed Jarba che, con un tweet sulle presunte crudeltà del regime di Assad sui minori, ha condiviso una foto di un bambino rimasto orfano che dormiva tra le tombe dei genitori[1]. La foto si è diffusa molto velocemente sui social network ed è stata considerata come immagine particolarmente drammatica sul conflitto in Siria. Tuttavia, il giornalista Harald Doornbos ha poi rivelato che si trattava di immagini scattate per un progetto artistico del fotografo saudita Abdul Aziz al-Otaibi, che, a sua volta, ha mostrato grande stupore sul fatto che la sua foto, «che non ha nulla a che vedere con la Siria»[2], sia stata strumentalizzata. Sul profilo Instagram del fotografo sono disponibili gli scatti originali del set fotografico. Il tweet di Jarba è stato poi rimosso, anche se è stato salvato in formato immagine.

Altro episodio che ha fatto molto discutere è stato quello di Narciso Contreras, fotoreporter dell’“Associated Press”, una delle maggiori agenzie di stampa internazionali, e membro del gruppo che, nell’aprile del 2013, ha vinto il “Pulitzer”, uno dei premi più prestigiosi per il giornalismo, proprio per aver documentato il conflitto siriano con immagini esclusive, raccolte in situazioni di estrema difficoltà. Dopo un’indagine interna è emerso che Contreras aveva manomesso una foto, cancellando con photoshop una telecamera che si vedeva nell’angolo dell’immagine.

In realtà Contreras aveva agito solo per migliorare la resa, e non per falsificare l’evento, ma è stato comunque licenziato dall’“Associated Press”, che ha preso provvedimenti in tal senso.

Altre testate internazionali hanno condiviso pienamente la scelta. Nell’ottobre del 2012 “Krone”, il più letto quotidiano austriaco, ha pubblicato una foto dove lo sfondo era stato completamente modificato. Anche qui sono scattati subito i provvedimenti.

Anche i media mainstream sono stati coinvolti in episodi di manipolazione delle informazioni sulla guerra in Siria. Alcuni video mostrano, per esempio, come il famoso “Danny il siriano”, un presunto attivista, apparso in molti notiziari americani, fosse un attore a pagamento. In video postati nei social network, un giovane di 22 anni che si presenta come Danny Abdul-Dayem, appare mentre sta preparando un’intervista alla cnn.

Nella trasmissione della televisione nordamericana a cui hanno accesso tutti, ci sono spari e bombardamenti che Danny descrive come attacchi indiscriminati dell’esercito contro la popolazione di Homs, ma nel video integrale[3] si vede chiaramente come è stato preparato lo scenario. Prima della diretta televisiva, Danny, l’operatore della camera e un altro individuo presente in sala, aspettano che inizino i bombardamenti e gli spari per l’avvio dell’intervista. Accertano i dettagli e confermano le istruzioni date perché gli spari comincino come previsto. Lo smascheramento della finzione dell’attivista siriano “represso” dal regime che, alla fine, era un giovane nordamericano residente in Scozia che si dedicava alla diffusione di calunnie sulla situazione del Paese mediorientale nel cyberspazio, è solo uno dei tanti esempi di come anche i media mainstream organizzino la copertura di tali eventi in modo poco ortodosso e particolarmente propagandistico.

 

[1]N. Bruno, Siria, il conflitto tra video falsi e immagini manipolate, in “Skytg24”, 25 gennaio 2014, su “Tg24.sky.it”.

[2] Ibidem.

[3] A tal proposito, si veda il video sul sito postato su YouTube.

 

 

Laura Casta (1979). Laurea in Scienze Politiche a indirizzo storico-politico-internazionale presso l’Università di Cagliari. Consulente attivazione e realizzazione di progetti di cooperazione internazionale. Si occupa di relazioni esterne con partner nazionali e internazionali, in particolare dell’area del Mediterraneo e Vicino Oriente. E’ socia del Centro Italo Arabo Assadakah.

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