“Io sono Rohani”. Il presidente iraniano dalla vicenda Iran-gate alla guida dell’esecutivo


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(Ali Reza Jalali) –   In questi giorni in Iran si discute di molte cose: dalle riforme economiche che stanno facendo aumentare i prezzi della benzina e dell’energia, in funzione di un taglio dei sussidi pubblici in questi settori, alla politica estera, sempre al centro del dibattito per l’interminabile diatriba sul nucleare di Tehran e le trattative col 5+1 (paesi del Consiglio di Sicurezza dell’ONU più la Germania). Ultimamente però è stato pubblicato un interessante documentario sulla vita dell’attuale presidente iraniano Rohani, a capo di una grande coalizione che comprende ministri e collaboratori di tutto l’arco costituzionale iraniano, dai riformisti vicini all’ex presidente Khatami, ai conservatori vicini al presidente del parlamento Larijani, ma con una forte prevalenza della componente “centrista” vicina a Rafsanjani, ex presidente dell’Iran negli anni ’90 e influente uomo politico ancora oggi. Il titolo del documentario è “Man Rohani hastam”, letteralmente “Io sono Rohani”, ma il titolo è in realtà un gioco di parole, in quanto la parola “rohani” in italiano è quasi intraducibile, indicando in ogni caso gli appartenenti al clero in Iran. “Rohani” deriva da “ruh”, letteralmente “spirito”; in pratica “rohani” vorrebbe dire “colui che si occupa di cose spirituali”. Il documentario di circa un’ora ripercorre alcuni momenti salienti della carriera politica del leader iraniano e ha fatto molto scalpore in quanto presenta profili particolari dell’attuale presidente. Non pochi politici iraniani hanno contestato il video, presente su “You Tube”, descrivendolo come grottesco e pieno di menzogne. I responsabili del video sono dei giovani attivisti, che operano per conto di una associazione, secondo alcuni vicini alla Guardia Rivoluzionaria della Repubblica Islamica.

Il primo evento preso in considerazione è la vicenda “Iran-gate”, famoso episodio della politica internazionale. In pratica, nella seconda metà degli anni’80, in piena guerra Iran-Iraq e con forti tensioni tra Washington e Tehran, un aereo europeo con personale irlandese atterra a Mehrabad, allora aeroporto internazionale della capitale iraniana. A bordo si trovavano alcuni esponenti di spicco dell’amministrazione Reagan, una delegazione guidata da un certo McFarlane, consigliere alla Sicurezza Nazionale del presidente in persona, accompagnato da altri personaggi legati al governo americano. L’aereo è pieno di armamenti necessari per gli iraniani, coinvolti nella guerra contro l’Iraq di Saddam Hussein; l’Iran era allora, come anche oggi, vittima di un pesante embargo e in pochi paesi erano disposti a commerciare armi col paese persiano. McFarlane aveva portato da Washington dei “regali simbolici” per gli iraniani, ovvero una Bibbia firmata personalmente da Reagan e una torta con sopra una chiava, simboleggiante la volontà americana di “aprire” un dialogo costruttivo con la Repubblica Islamica. Una volta atterrati, gli americani chiedono di parlare col presidente iraniano, allora Ali Khamenei, attuale Guida della Rivoluzione e Capo dello Stato, ma egli rifiuta. Allora gli americani chiedono di poter parlare con altre autorità di spicco. Intanto la Guida di allora, l’imam Khomeini, avuta la notizia dell’arrivo degli americani, chiede che fino a quando non si conosce il carico dell’aereo e non si hanno notizie certe riguardo al personale a bordo, nessuno possa incontrare gli “ospiti”. Tra i dirigenti iraniani però si dimostra interessato alla trattativa Rafsanjani, allora a capo del parlamento. Quest’ultimo decide di contattare Hassan Rohani, allora deputato, per prendere contatto con gli americani. A questo punto il video ritorna indietro nel tempo e gli autori ci fanno un sunto delle attività di Rohani prima della rivoluzione. Un passaggio mi è sembrato interessante; Rohani racconta in prima persona di come i suoi maestri, tra cui il martire Morteza Motahari, tra i principali collaboratori dell’imam Khomeini, invitassero i giovani chierici a studiare le materie “laiche”, in concomitanza con gli studi religiosi, usanza questa vista male dai sapienti più anziani. Rohani racconta di come i libri delle materie non religiose venivano consultati da lui clandestinamente, per non attirare l’ira dei maestri tradizionalisti. Un’altra vicenda interessante della storia di Rohani prima della rivoluzione del ’79 fu un suo discorso in occasione dei funerali di uno dei figli dell’imam Khomeini a Tehran. L’orazione di Rohani in quella circostanza, orazione che apertamente elogiava l’imam, allora considerato dal governo iraniano il pericolo numero uno per la stabilità del paese (siamo nella seconda metà degli anni ’70) lo rese abbastanza famoso e anche le autorità iniziarono a controllarlo.

All’indomani della rivoluzione il suo primo compito fu quello, sotto la guida di Ali Khamenei, incaricato dall’imam Khomeini in persona, di riformare e controllare in senso rivoluzionario e islamico le forze armate e l’esercito. Ad esempio il documentario riporta la vicenda in cui Rohani obbligò le donne di un ente legato all’esercito a portare il velo, dicendo che chi non lo avesse fatto, gli sarebbe stato impedito di entrare dentro la caserma (nei primi mesi della rivoluzione il velo non era ancora obbligatorio nelle strade e all’aperto). Rohani racconta anche di come a nemmeno un anno dalla rivoluzione fu vittima di un tentato omicidio da parte presumibilmente di qualche attivista di sinistra. A questo punto il documentario ripercorre le vicende del progressivo deterioramento dei rapporti con gli USA, fino alla presa degli ostaggi all’ambasciata nel novembre del 1980 e quindi si torna alla vicenda “Iran-gate”. Gli iraniani, i dirigenti di spicco dello Stato, decidono quindi di evitare l’incontro diretto con McFarlane e i suoi, ma segretamente Rafsanjani manda Rohani a discutere con gli americani a Mehrabad. Gli iraniani vogliono che la vicenda si concentri su alcuni punti, ovvero le trattative per la liberazione degli ostaggi americani in Libano, sequestrati da miliziani sciiti filo-iraniani, quelli che successivamente saranno conosciuti col nome di Hezbollah. Inoltre agli iraniani, o almeno ad alcuni di essi, non sarebbe dispiaciuto nemmeno acquistare armi sofisticate dagli USA; storicamente il contatto privilegiato per gli americani era Rafsanjani, già attivo per comprare armi tramite imprenditori iraniani negli States. Reagen successivamente rivelerà che l’incontro segreto di Tehran doveva migliorare le relazioni bilaterali su più fronti, e che la vicenda degli ostaggi in Libano era solo una scusa. Ci saranno in quell’occasione 7 round di incontri tra la delegazione USA e gli iraniani, anche se McFarlane non parteciperà più direttamente, in quanto egli riteneva che i suoi omologhi nell’ordinamento iraniano fossero i ministri e non un deputato del parlamento come Rohani. Gli incontri terminarono e gli americani tornarono da dove erano venuti senza aver potuto incontrare i dirigenti di spicco della Repubblica Islamica. Successivamente, almeno questa è la versione ufficiale degli iraniani, le armi consegnate a Tehran, si rivelarono di fabbricazione israeliana, e per questo riconsegnati al mittente. In ogni caso poi sarà rivelato che gli americani riuscirono a entrare in Iran con falsi passaporti irlandesi (le fotocopie dei passaporti furono mostrati in TV dallo stesso Rafsanjani).

La vicenda arrivò su tutte le prime pagine dei giornali del mondo, imbarazzando notevolmente Reagan. Il documentario poi si concentra su alcune vicende di politica interna iraniana, dalle diatribe tra l’imam Khomeini e Rohani sulla gestione dei media pubblici, vicenda risolta con le dimissioni “obbligate” dell’attuale presidente su volontà dell’imam stesso, fino a varie tornate per le elezioni politiche. Rohani sarà deputato per diverse legislature e tra le sue attività salienti il documentario ricorda la sua opposizione alla nomina di Mir Hossein Musavi, attuale leader riformista agli arresti domiciliari, a metà degli anni ’80 come primo ministro, nomina caldeggiata dallo stesso imam Khomeini, nonostante il disappunto del presidente Khamenei. Rohani storicamente ha militato, e ciò avviene ancora oggi, in una coalizione di centro-destra, e parteciperà alle elezioni legislative del 2000 (sesta legislatura, in concomitanza col governo riformatore di Khatami) in una lista elettorale conservatrice, nel grande collegio di Tehran, assieme a nomi come Rafsanjani, Ahmadinejad (che allora non era così famoso) e altre personalità reputate allora conservatrici e di centro-destra. Si contrapponeva a questa lista quella riformatrice di centro-sinistra guidata dal fratello del presidente Khatami, che poi uscirà trionfante da quella tornata, sconfiggendo i conservatori.

A questo punto il documentario, arrivato al 2000, compie un nuovo passo indietro, ripercorrendo la fase finale della guerra Iran-Iraq, cercando di capire il ruolo di Rohani nella decisione iraniana di accettare l’armistizio con Saddam. A questo punto prende la parola Mohsen Rezaei, allora capo dei Pasdaran, che rivelò in pieno conflitto all’imam Khomeini la volontà di alcuni deputati di promuovere, nonostante la sua opposizione, colloqui di pace con gli iracheni. Rezaei in una epistola alla Guida pronuncia il nome di Hassan Rohani. A quel punto l’imam chiede chiarimenti e Rafsanjani, uno dei responsabili degli incontri dei deputati favorevoli alla pace con l’Iraq, che si reca dalla Guida tranquillizzandolo e negando la gravità della situazione.

Il documentario poi riprende dagli anni 2000, quando l’Iran è scosso da alcune vicende come l’attivismo del fronte riformista e degli elementi più radicali della coalizione, in un braccio di ferro con le autorità supreme del paese e gli apparati di sicurezza. Rohani, nominato dal presidente riformatore Khatami, in quegli anni diventa membro del Consiglio Supremo per la Sicurezza Nazionale, ente che deve coordinare tutte le attività essenziali per la sicurezza del paese, sia all’interno che a livello internazionale. Uno dei temi più scottanti che deve affrontare l’ente è la rivolta studentesca verso la fine degli anni ’90. In quell’occasione alcuni studenti vicini ai riformisti protestarono per la chiusura di un giornale (“Salam”) di riferimento per l’area. Anche se a far chiudere il giornale fu una richiesta del ministero delle informazioni (servizi segreti) del governo Khatami, i giovani iniziarono a scandire slogan contro i conservatori e la Guida, l’ayatollah Khamenei. La situazione degenerò quando i militanti filo-conservatori vennero alle mani coi riformisti. Quegli episodi furono un vero e proprio detonatore per scontri sempre più cruenti tra fazioni opposte, che non si placarono nemmeno con l’intervento della polizia. La situazione degenerò ulteriormente quando i filo-conservatori irruppero nei dormitori dove erano presenti i riformisti; ci fu allora un durissimo scontro tra fazioni opposte. Allora il Consiglio doveva prendere una decisione, ovvero se far entrare o meno in azione le forze speciali antisommossa, truppe delle forze dell’ordine specializzate nella repressione della guerriglia urbana. Il loro ingresso nella scena degli scontri avrebbe segnato probabilmente la fine dei disordini, a costo dell’uso del pugno di ferro. Hassan Rohani, allora segretario generale dell’ente, acconsentì a tale procedura straordinaria e i disordini si placarono in poco tempo. Le truppe speciali erano spesso organizzate in battaglioni, strutturati grazie al supporto dei “Basiji”, i volontari della Guardia Rivoluzionaria. Nei giorni successivi le organizzazioni vicine alla Guida organizzarono una manifestazione nazionale in difesa dell’ordine costituito e della Repubblica Islamica, evento al quale parteciparono milioni di iraniani in tutto il paese. A Tehran vennero invitati alcuni personaggi politici a tenere un discorso. Khatami non accettò di andare, per paura probabilmente di passare come una persona vicina agli ambienti “repressivi” dello Stato. Fu invitato anche Hassan Rohani, e quest’ultimo accettò, tenendo un discorso di fuoco contro gli elementi più estremisti del fronte riformista. Il documentario sottolinea come la TV pubblica iraniana tende a censurare questo discorso dell’attuale presidente. In quel discorso Rohani disse: “In che paese del mondo vengono accettati dalle autorità ufficiali moti di guerriglia urbana?” Il documentario poi si concentra sul curriculum accademico di Rohani, che conseguì un dottorato di ricerca in Scozia verso la fine degli anni ‘90 in materie giuridiche, con una tesi di dottorato dedicata al diritto islamico nell’esperienza iraniana. Il documentario poi nella fase finale si concentra sulla vicenda del nucleare e le trattative con gli europei su una rinuncia all’arricchimento dell’uranio, cosa che poi Rohani e il presidente Khatami decisero di accettare. Prima dell’elezione a presidente nel 2013 e dopo la fine dell’incarico nel 2005 nel Consiglio Supremo per la Sicurezza Nazionale, in concomitanza con l’elezione a presidente di Ahmadinejad, Rohani sarà chiamato dal suo vecchio amico Rafsanjani a dirigere il centro di ricerca strategica del Consiglio per le Scelte, controllato da quest’ultimo.

Il documentario mette l’accento su alcuni aspetti non conosciuti della figura di Hassan Rohani: dal video emerge una figura che potremmo dire contraddittoria, in quanto i suoi incarichi post-rivoluzionari oscillano da un atteggiamento vicino agli apparati più conservatori della Repubblica Islamica, ad esempio il suo ruolo di “sceriffo” nella vicenda dei moti studenteschi, fino all’attuale ruolo di “moderato”. Anche se non bisogna dimenticare che Rohani, amico di Rafsanjani, sin dall’inizio sembrava avere un ruolo di apertura verso l’Occidente e la comunità internazionale. Insomma, un conservatore all’interno del paese e un riformatore all’estero. Oggi però la sua “metà” moderata e riformatrice sembra prevalere anche all’interno, in nome delle larghe intese e della pace sociale, dopo gli anni della presidenza Ahmadinejad, caratterizzati da forti scontri istituzionali.

https://www.youtube.com/watch?v=jEegSGB37l0

 

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