Egitto. Tensione alle stelle dopo la condanna a morte di massa


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La Corte d’Assise di Minya in Alto Egitto ha fissato al prossimo 21 giugno la data in cui verrà emesso il verdetto finale nei confronti dei 683 sostenitori dei Fratelli musulmani, condannati in prima istanza alla pena di morte, dopo avere ricevuto il parere del Gran Mufti. La legge egiziana permette comunque un appello in Cassazione. Lo stesso tribunale egiziano a marzo aveva chiesto la condanna a morte per altri 529 attivisti della fratellanza islamica.

La procura egiziana ha già fatto sapere che ricorrerà in appello contro tutte le sentenze del tribunale di Minya. La procura presenterà appello “per assicurare un buon andamento della giustizia e l’applicazione della legge”. I Fratelli musulmani hanno deciso di organizzare una serie di grandi cortei per protestare contro le condanne

La sentenza contro i Fratelli Musulmani ha provocato la reazione del Movimento del 6 Aprile, il più importante della rivolta contro l’ex presidente Hosni Mubarak, a sua volta dichiarato fuorilegge dal pronunciamento del Tribunale degli Affari urgenti del Cairo. Secondo quanto scrive l’agenzia Mena, il coordinatore generale del gruppo Amr Ali ha dichiarato che la sentenza è “debole”, perché tutte le attività del movimento sono “pacifiche”. Ali ha poi aggiunto che il movimento “continuerà le sue attività e si esprimerà nella maniera che riterrà più adeguata”.

Il movimento 6 aprile è il gruppo giovanile democratico che iniziò la rivolta di piazza Tahrir, i cui leader sono già in carcere da mesi con alle spalle pene pesantissime. Il 6 Aprile non ha nulla a che fare con i Fratelli musulmani: è laico, democratico e opposto al movimento islamico.

La condanna a morte di massa nei confronti dei Fratelli Musulmani ha provocato la reazione di Washington.  Gli Stati Uniti si dicono “profondamente preoccupati per il continuo ricorso in Egitto a processi e sentenze di massa” e chiedono l’annullamento delle condanne . Allarme anche all’Onu: le condanne a morte di massa “chiaramente non rispondono agli standard basilari di giustizia”, ha detto il segretario generale Ban Ki-moon.

(red)

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