La comunità armena in Iran ringrazia Bergoglio e rinnova l’amicizia con gli sciiti


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Una presenza secolare, quella degli armeni in Persia, rafforzatasi con la diaspora di cent’anni fa e cresciuta fino a raggiungere le 250-300 mila unità – tra Tabriz, Isfahan e Teheran – poi scese alle attuali 100 mila. Dalla sua casa adiacente la piccola chiesa di S.Maria, davanti alla quale si trova un piccolo monumento dedicato al genocidio, Mons. Nechan Karakèhèyan, arcivescovo emerito e amministratore patriarcale della Diocesi cattolica armena in Iran, ringrazia Papa Francesco di aver usato la parola «genocidio» per definire il massacro degli armeni del 1915.

Nato in Grecia da genitori rimasti orfani per quel massacro, l’anziano prelato si occupa dei fedeli cattolici, una minoranza della più ampia comunità armena in Iran. «Abbiamo aspettato cent’anni per queste parole – dice – anche se la Santa Sede ha sempre parlato», fin da quanto Benedetto XV chiese al sultano di fermare l’eccidio. «Quello che il Papa ha detto è straordinario, non ci aspettavamo tanto».

«Qui in Iran non abbiamo problemi – dice della comunità – basta che non facciamo proselitismo». Tuttavia, osserva, tra gli armeni e gli sciiti vi è una sorta di affinità storica: anche gli sciiti sono minoranza nel mondo musulmano, come si vede anche nello Yemen – rileva – e dunque «l’Iran è molto legato all’Armenia», cui offre uno sbocco esterno alternativo a Paesi confinanti come la Turchia.

La comunità armena ci tiene particolarmente alle sua identità: parla la sua lingua in chiesa e nelle case, anche se per i giovani è più difficile conservarne l’uso, nonostante le ore dedicate all’armeno nelle loro scuole e alcuni corsi universitari. Ma i luoghi di aggregazione non mancano: oltre alle chiese – a Teheran la maggiore è la cattedrale di Sarkis, del maggioritario rito apostolico – il centro sportivo ‘Ararat’ ed il ristorante armeno: non l’unico, ma il solo in cui si può bere vino e le donne possono levare il velo, anche se sno ammessi solo cristiani e stranieri. Ma tra oggi e domani non sarà tempo di festa per la comunità. A confermarlo è Karen Khanlari, uno dei due deputati armeni che – con altri rappresentanti delle minoranze religiose – siedono in Parlamento. Stasera vi sono infatti le commemorazioni religiose del centenario, e domani un corteo partirà dalla cattedrale per porterà la protesta degli armeni d’Iran davanti all’ambasciata turca.

Non è certo la prima manifestazione del genere in questa ricorrenza, ma in questo centenario assume un valore particolare, anche per le parole del Papa che, dice Khanlari, «hanno riscaldato i nostri cuori». «Ora attendiamo – aggiunge – che tutta la comunità internazionale riconosca il genocidio degli armeni».Quanto all’Iran, nella cui storia – sottolinea – non vi è mai stato nulla di paragonabile al genocidio, la condanna è già giunta da diverse figure istituzionali, come lo stesso fondatore della Repubblica islamica Khomeini – precisa – e gli ex presidenti Khatami e Ahmadinejad. E ora «ci aspettiamo che l’Iran riconosca e condanni il genocidio – conclude – e così faccia il Parlamento». Dove lui stesso ha parlato ottenendo – assicura – molti consensi.

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