Le donne in Qatar: poche luci e molte ombre


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Il Qatar ha eletto due donne per la prima volta nella storia del Paese. Si tratta di Sheikha Jufairi e Fatma al-Kuwari: entrambe hanno vinto dei seggi nelle elezioni di ieri, mercoledì 13 maggio, al consiglio composto da 29 membri che ha potere consultivo ma non legislativo. Majed Ibrahim al-Khulaifi, il Direttore Generale che si occupava delle elezioni, ha confermato che si tratta della prima volta che nella storia dell’emirato accade una cosa del genere.

Erano cinque le candidate di sesso femminile, alcune delle quali avevano chiesto un sistema elettorale volto ad introdurre una maggiore rappresentanza per le donne. Il voto in Qatar è concesso dai 18 anni in su e anche se l’elettorato è composto da oltre 23.000 persone ed è diviso quasi equamente tra uomini e donne, lo squilibrio di genere tra i candidati resta notevole.

LA DONNA IN QATAR – Il voto è particolarmente significativo perchè le donne in Qatar non hanno propriamente una vita facile. Le donne non sono generalmente mai portate a eventi sociali, tranne per le riunioni in stile occidentale o quando i partecipanti sono composti da parenti stretti. Le scuole per le ragazze sono separate da quelle per i ragazzi. In termini di opportunità di lavoro, le donne sono generalmente impiegate in posizioni di governo, anche se non ci sono donne in posizioni di governo di alto livello. Le donne del Qatar hanno fatto comunque significativi progressi giuridici e sociali dal 1990. Oggi hanno molte opportunità di carriera, comprese le posizioni di leadership, in materia di istruzione, settore bancario, i progetti di beneficenza, salute e servizi alla persona, turismo, diritto, servizio civile e anche la diplomazia.

QATAR AIRWAYS, LA DURA VITA DELLE HOSTESS –  Un esempio? La Qatar Airways assume solo hostess single. Non solo: perché una volta firmato il contratto devono rimanere ufficialmente senza un compagno per almeno cinque anni e, se successivamente vogliono sposarsi, devono aspettare il via libera dal datore di lavoro. E’ infatti questa la prassi che le hostess devono osservare all’interno della compagnia di bandiera di Doha. Tenendo sempre ben presente che un’eventuale gravidanza potrebbe portare alla risoluzione del rapporto di lavoro. La Qatar Airways è decima per grandezza a livello mondiale, ma agli ultimi posti per quanto riguarda il rispetto dei diritti dei lavoratori, in particolare delle donne. Che, se rimangono incinte, devono immediatamente comunicarlo al datore di lavoro. La gravidanza rappresenta infatti una violazione del contratto e può portare alla sua risoluzione, come denuncia l’International Transport Workers Federation (Itwf).

IL CODICE DI ABBAGLIAMENTO PER LE DONNE STRANIERE – Si chiama “Uno di noi” ed è la campagna promossa da alcune donne qatarine e sostenuta dall’Autorità per il turismo del Qatar che mira all’introduzione di un vero e proprio codice di abbigliamento per le donne straniere che sia in linea con le tradizioni e soprattutto con il codice penale dell’Emirato. Molte volte infatti le donne native degli Emirati si sono sentite “violate” dall’abbigliamento troppo “succinto” delle turiste straniere, soprattutto di quello occidentale. Tra i vestiti vietati ci sono pantaloncini corti, vestiti che non arrivano alle ginocchia, spalle scoperte e magliette o bluse senza maniche. Il codice penale dell’Emirato vieta in ogni caso un abbigliamento considerato indecente in pubblico. Le donne del Qatar, generalmente, indossano abiti come l’hijab o il più tradizionale abayah, simbolo di uno status sociale invidiabile, ossia quello di cittadino qatarino: una minoranza privilegiata di circa 300 mila persone che ha un Pil pro capite di circa 100 mila dollari.

LO SFRUTTAMENTO DELLE LAVORATRICI STRANIERE –  In un rapporto pubblicato da Amnesty International, le autorità del paese arabo sono state accusate di non proteggere le lavoratrici domestiche straniere da gravi forme di sfruttamento, tra cui il lavoro forzato e la violenza fisica e sessuale.

In Qatar si trovano almeno 84.000 lavoratrici domestiche migranti, la maggior parte delle quali proveniente dall’Asia meridionale e sud-orientale. In alcuni casi, lavorano fino a 100 ore alla settimana, senza giorno libero. Le leggi del paese non prevedono limiti di orario per il lavoro domestico né il giorno libero. Non è possibile neanche presentare denunce al ministero del Lavoro.

Il rapporto, intitolato “‘La mia pausa è quando dormo’. Lo sfruttamento delle lavoratrici domestiche in Qatar”, presenta un fosco scenario di donne assunte con false promesse circa il salario e le condizioni di lavoro, costrette a seguire orari di lavoro massacranti, sette giorni alla settimana e, in alcuni casi, sottoposte a estrema violenza fisica e sessuale. Le lavoratrici domestiche migranti sono vittime di un sistema discriminatorio che nega loro le protezioni basilari e le rende vulnerabili allo sfruttamento, al lavoro forzato e al traffico di esseri umani.

 

 

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