Panamà: Varela nuovo presidente in bilico tra continuità e rottura


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(di Alessia Lai) – Si parla di “sorpresa”, in realtà il risultato delle elezioni presidenziali panamensi non stupisce affatto. Panamà resta un Paese governato dal centrodestra. 2,5 milioni aventi diritto su una popolazione di 3,8 milioni di persone sono stati chiamati domenica 4 maggio a eleggere il presidente, 71 parlamentari e 77 sindaci e oltre il 76% di questi si è recato ai seggi. A dispetto dei sondaggi, che davano in vantaggio il candidato legato al presidente uscente Ricardo Martinelli, e cioè Jose Domingo Arias, del partito Cambio Democratico, a vincere è stato il candidato di Pueblo Primero – l’alleanza tra Partido Panameñista e Partido Popular – Juan Carlos Varela. Di certo non vicino al conservatore Martinelli dopo la rottura tra i due avvenuta nel 2011, ma nemmeno un oppositore di sinistra.

Varela è un imprenditore nel settore della produzione di rum, direttore della Varela Hermanos dal 1985 e vicepresidente esecutivo dal 2008, e azionista delle emittenti Radio Mix, La Típica e Blast. È un fervente cattolico, esponente Panameñista e vicepresidente uscente, rimasto tale nonostante i dissidi con Martinelli perché l’incarico è costituzionalmente irrinunciabile. Il nuovo presidente di Panamà divenne infatti vicepresidente e ministro degli Esteri nel 2009, quando faceva parte della coalizione di centrodestra Alianza por el Cambio formata allora dal suo Partido Panameñista e da Cambio Democratico di Martinelli, che aveva addirittura annunciato pubblicamente che Varela sarebbe stato il candidato alle presidenziali del 2014, quindi suo probabile successore. Tuttavia l’alleanza era durata poco: nel 2011, in seguito alle accuse da parte di Varela di volere la rielezione a tutti i costi e di coprire atti di corruzione nel governo, Martinelli lo aveva destituito dall’incarico di ministro degli Esteri, chiedendogli anche di rinunciare alla vicepresidenza. Varela rispose: «Io servo il popolo e non un governo corrotto». Mentre i parlamentari del Partido Panameñista uscirono dal governo. Insomma, la provenienza del presidente uscente e del neo eletto è la stessa, una alleanza di centrodestra dissoltasi per divergenze interne. I detrattori di Martinelli, un imprenditore milionario, hanno definito il candidato del suo partito alla presidenza dato per vincente, Jose Domingo Arias, come un burattino nelle sue mani. E certo il fatto che il presidente uscente gli abbia imposto come vicepresidente sua moglie, la “primera dama” Marta Linares, non ha deposto a favore della tesi contraria. È stato anche questo sfacciato familismo, parte delle manovre più volte denunciate dall’opposizione per mantenere il controllo politico del Paese, a sottrarre voti al candidato governativo. Fatto è che Arias si è dovuto accontentare del secondo posto con il 31,7% a fronte del 39,1 ottenuto da Varela. In terza posizione, con un lusinghiero 27,9% si è attestato l’esponente della sinistra Juan Carlos Navarro, sindaco di Panama tra il 1999 e il 2009 e esponente del Partido Revolucionario Democrático (PRD). In piena campagna elettorale il presidente uscente Martinelli aveva accusato il presidente de Venezuela, Nicolás Maduro, di appoggiare finanziariamente la candidatura di Navarro, in un clima di aperta contrapposizione con Caracas. In occasione delle fasi più acute della destabilizzazione che da qualche mese soffre il Venezuela, Martinelli aveva apertamente appoggiato gli oppositori al governo di Maduro, in particolare aveva portato davanti all’Osa la questione venezuelana chiedendo una censura per Caracas. Tentativo fallito di fronte a un voto latinoamericano compatto (ad esclusione proprio di Panamà più Usa e Canada) in favore del governo venezuelano. Non contento Martinelli aveva designato come funzionaria panamense all’Osa María Corina Machado, la deputata venezuelana leader del movimento Súmate (una delle ong finanziate da Ned e Usaid) in modo che questa potesse intervenire presso l’Osa in rappresentanza dell’opposizione venezuelana, una specie di “rappresentante ombra” di Caracas. Il presidente Maduro aveva categoricamente respinto le accuse di Martinelli sul presunto finanziamento di Navarro e aveva troncato le relazioni diplomatiche con Panamà a causa dell’ingerenza nelle questioni interne venezuelane.

Pare, quindi, che anche le accuse scagliate contro il Venezuela e l’ideologizzazione in chiave conservatrice e filoamericana («confido che il popolo panamense saprà distinguere quale errore è stata la politica socialista e comunista in tutti i Paesi») della campagna elettorale, siano state una pessima mossa di Martinelli, causando la sconfitta del suo “protetto” e un significativo risultato per Navarro, che tra l’altro con il suo PRD, dopo il 77% dei voti scrutinati ha la certezza di avere ottenuto 21 seggi al Parlamento. Un risultato che, assieme ai 30 seggi conquistati dalla coalizione Unidos por más Cambios formata da Cambio Democratico e Molirena (Movimiento Liberal Republicano Nacionalista) lascia all’alleanza che ha sostenuto il presidente eletto – Pueblo Primero – solo 12 seggi. Varela dovrà quindi necessariamente, anche se dovesse conquistare i 7 seggi ancora da assegnare, governare con l’opposizione che in questo caso non potrà che essere la coalizione che fa riferimento a Martinelli. Le prime dichiarazionida presidente eletto, definite «concilianti e volte all’unità» dall’agenzia di stampa tedescaDPA, sono quindi niente altro che realiste, visto che quella di un governo di unità nazionale sarà l’unica soluzione per guidare il Paese.

In ogni caso l’eredita lasciata dal presidente uscente in politica estera, caratterizzata, come detto, dalla rottura delle relazioni con il Venezuela sarà il primo banco di prova per Varela: uno dei primi presidenti latinoamericani a congratularsi per l’elezione è stato proprio il venezuelano Nicolás Maduro che sul suo account Twitter, riferendosi alla rottura con l’amministrazione uscente, ha scritto «spero che si andrà verso un miglioramento nelle relazioni». Varela ha risposto, sempre via Twitter, che «ristabilire le relazioni con il popolo fratello del Venezuela sarà una priorità» del suo governo. Non resta che aspettare i prossimi passi di quello che la Reuters ha definito con una certa enfasi un «vicepresidente ribelle» e un politico «marginalizzato, criticato addirittura insultato» dopo la rottura con Martinelli. Se è vero che, come sostiene l’agenzia britannica, che proprio la feroce esclusione da lui subita dopo la “separazione” dal presidente uscente è stata la spinta che lo reso il nuovo capo dello Stato, è anche innegabile che la governabilità di Panamà dipenderà dalla capacità di Varela di trattare con un Martinelli che ha già annunciato di voler condurre una dura opposizione. Le promesse fatte in campagna elettorale, in particolare quella di ridurre la forte disuguaglianza sociale, rischiano quindi di rimanere sulla carta, sacrificate a una politica di continuità con quella conservatrice del governo uscente. (twitter@AlessiaLai)

 

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