(Stefano Levoni) – La crisi del pomodoro mette in ginocchio gli agricoltori giordani. E’ l’effetto delle guerre in corso in Siria e Iraq che ha ridotto drasticamente le esportazioni verso mercati tradizionalmente favorevoli. Per questa ragione duemila agricoltori hanno inscenato una manifestazione nel Sud della Giordania scaricando pomodori nelle strade per chiedere al governo una politica di sostegno ai prezzi, crollati in seguito alla chiusura dei mercati come la Siria e l’Iraq. La Giordania è tra i primi dieci produttori mondiali di pomodori, una coltura che deteneva una quota del 65% delle sue esportazioni agricole. Da soli, l’Iraq e la Siria consumavano 400.000 tonnellate all’anno di pomodori giordani.
I problemi per la Giordania non si fermano qui. La guerra in Siria ha generato un’ondata di profughi che ha causato un forte aumento della disoccupazione tra i giordani. Secondo un recente sondaggio, il numero dei rifugiati ha raggiunto il numero di 1,2 milioni. Strettamente legato alla questione della disoccupazione c’è anche il tema dell’inserimento nelle attività produttive dei rifugiati siriani.
Nonostante i timori per la forza lavoro locale, le autorità giordane hanno promesso di allentare le restrizioni per l’accesso al lavoro dei profughi, tra l’altro con la concessione di permessi per consentire loro di lasciare dai campi in cui sono ospitati per svolgere attività lavorative. Accusata di non consentire l’ingresso sul suo territorio di 16.000 profughi che rimangono bloccati in territorio siriano vicino alla frontiera, le autorità hanno ribadito che la politica della Giordania non è cambiata e che le sue “porte rimangono aperte ai rifugiati”. Il governo, tuttavia, ha ribadito in più occasioni che gli aiuti internazionali alla Giordania sono “insufficienti” e che questa situazione non è più tollerabile.
Nei giorni scorsi il nuovo Alto commissario dell’Onu per i rifugiati, Filippo Grandi, ha visitato il campo profughi di Al Zaatari, la più grande struttura per i rifugiati siriani in Giordania. Grandi ha rivolto un appello alla comunità internazionale perché aumenti i suoi contributi per far fronte all’emergenza, che vede oltre 4 milioni di profughi siriani nei Paesi confinanti: Giordania, Libano, Turchia e Iraq.
Una prima risposta è arrivata dall’Unione Europea che ha avviato progetti volti a creare posti di lavoro per giovani giordani e rifugiati siriani in Giordania. Si tratta di “due importanti progetti che permetteranno a giovani siriani e giordani di migliorare le loro prospettive di impiego e creare piccole imprese”. Le iniziative saranno gestite dal Luminus Group, società giordana impegnata nella formazione internazionale mirata alle esigenze del mercato del lavoro nel Medio Oriente. Il primo progetto riguarda la formazione professionale di giovani siriani e giordani ad Amman e nelle città di Amman, Zarqa, Irbid e Mafraq.
Il secondo punta a creare posti di lavoro nel settore privato e a stimolare la crescita economica nelle città di di Irbid e Mafraq, nel nord del Paese.