La direzione della “Washington Post” accusa gli Emirati Arabi Uniti di gravi violazioni dei diritti umani in un editoriale non firmato, in riferimento al “rapimento, alla tortura e al processo con accuse artefatte di cittadini statunitensi”. Nell’agosto 2014, le forze di sicurezza degli Emirati hanno arrestato alcuni uomini di origine libica che avevano tentato di prestare soccorso al paese nordafricano dopo la deposizione di Muammar Gheddafi, nel 2011.
Due di essi, Kamal Eldarat e suo fratello Mohamed, erano cittadini statunitensi, entrambi imprenditori di successo che da tempo vivevano nel piccolo principato del Golfo. Stando a un rapporto delle Nazioni Unite, i due uomini sono stati “sequestrati e violentemente torturati” per tre mesi. Lo scorso gennaio sono stati condotti di fronte a una corte e condannati per presunto sostegno al terrorismo.
Da allora, un procuratore emiratino ha ammesso che le accuse erano del tutto prive di fondamento: i due uomini, scrive “Washington Post”, avevano aiutato la gente di Misurata in cooperazione con il governo libico; sono stati arrestati perché interloquivano con soggetti libici avversi a quelli supportati dagli Emirati. Lo scorso maggio la pubblica accusa ha fatto decadere le accuse di terrorismo, ma anziché rilasciarli, le autorità li hanno accusati di aver fornito aiuto estero senza il permesso delle autorità.
Il caso, scrive la “Washington Post”, “è sistematico del totale scollamento tra la retorica su cui poggiano le partnership strategiche degli Stati Uniti e le reali pratiche dei regimi del Golfo Persico”. Gli Emirati “hanno costantemente sostenuto le forze libiche che abbatterebbero il governo di unità nazionale sostenuto dall’Onu e dall’Europa”; in patria l’opposizione viene silenziata, “torture e processi farsa costituiscono la norma”, e i cittadini statunitensi sembrano costituire spesso un bersaglio privilegiato delle autorità, nonostante la dipendenza del piccolo paese dall’ombrello difensivo degli Usa. Non risulta però che il presidente statunitense Barack Obama abbia sollevato alcuna di queste questioni durante l’incontro della scorsa settimana con il principe di Abu Dhabi, Mohammed bin Zayed al Nahyan.