(Redazione Spondasud) – Sono circa 80 i combattenti jihadisti arrivati dall’Italia che sono stati reclusi dalle autorità di Damasco nelle carceri siriane. Lo ha affermato il giornalista libanese Talal Khrais (nella foto), corrispondente del quotidiano Al Safir e responsabile delle relazioni internazionali del Centro Italo Arabo Assadadak, nel corso di un’intervista a Radio 24.
Khrais ha rivelato che nelle prigioni siriane ci sono sia italiani che cittadini di origine magrebina, residenti nel nostro paese da molti anni. Il governo siriano, ha affermato il giornalista, non lo ammetterà fino a quando non saranno ripristinati i canali diplomatici interrotti dopo la strage di Hula del 2012, dove morirono centinaia di civili, attribuita erroneamente al presidente Assad.
Secondo il giornalista libanese, gli europei in Siria sono oltre 4000 su un totale di oltre 80.000 combattenti stranieri. Per quanto riguarda la sorte degli italiani rapiti, nessun dubbio che l’Italia stia trattando per la loro liberazione. Non manca una nota critica: “Chi entra in modo illegale nel paese, come dal confine turco, è esposto a questo rischio. Spesso gli stranieri sono venduti ancor prima di varcare il confine, come è successo al giornalista Domenico Quirico che entrò dal Libano. I suoi accompagnatori lo avevano venduto fin dal suo arrivo nella città di Tripoli. Anche con le due ragazze italiane è successa la stessa cosa. Il fatto che il governo italiano sia pronto a pagare un riscatto incentiva le bande criminali e i terroristi a continuare sulla via dei rapimenti, importante fonte di finanziamento per i gruppi armati. Oggi il confine libanese è molto più sicuro rispetto a qualche tempo fa, grazie al dispiegamento di Hezbollah che ha impedito che l’ISIS e al Nusra conquistassero posizioni nel paese dei Cedri”.
Khrais accusa la Turchia di collaborare con l’ISIS tanto da affermare: “La Turchia e l’ISIS sono la stessa cosa. Nei giorni scorsi abbiamo visto il governo di Ankara consegnare circa 50 carri armati ai terroristi per liberare i villaggi curdi siriani che resistevano da oltre tre anni. Poi vi domandate perché Erdogan si sia rifiutato di dare le proprie basi per i raid aerei contro l’ISIS? Sono complici. Si sa che molti generali turchi sono implicati in questa faccenda e prendono il doppio stipendio sia dall’esercito che dai terroristi. A mio avviso fa bene l’Italia a non partecipare all’azione militare, questa faccenda non ha nulla a che fare con il vostro paese ed è bene che il Governo Renzi ne stia alla larga. Anche perché, diciamola tutta, oggi non c’è una classe politica autorevole ed esperta in grado di comprendere come un tempo le complesse dinamiche del Medio Oriente”.