(Luciana Borsatti) – Più di qualcuno in Iran l’aveva anticipato, prima dell’accordo sul nucleare, e ora sembra che le previsioni siano divenute realtà. Dopo la vittoria diplomatica del presidente Rohani al tavolo delle grandi potenze, criticata dagli ultraconservatori che hanno accusato i negoziatori di ‘tradimento’, è iniziata la fase dello scontro interno, anche in vista delle elezioni parlamentari di febbraio.
«Abbiamo identificato una rete di penetrazione nel mondo dei media e di internet e arrestato spie e scrittori al servizio degli americani», ha detto il procuratore Ebrahim Raeisiin ai manifestanti che bruciavano le bandiere Usa di fronte all’ex sede diplomatica del ‘grande Satana’. E «in nessuna circostanza – ha aggiunto – permetteremo la penetrazione degli Americani nell’economia, nella società e nella cultura».
Ma il dissenso di Rohani non è rimasto chiuso nei corridoi del potere, ma è divenuto pubblico con un lungo video della sua riunione di gabinetto diffuso dall’Isna e trasmigrato sui social. «Non dobbiamo mettere un’etichetta agli oppositori e non possiamo mettere da parte i partiti con un pretesto – ha detto Rohani. – Non è giusto che l’Iran prenda alcune persone e ne faccia un caso giudiziario, dicendo che sono in linea con i tentativi di penetrazione» dei nemici.
Di tentativi di «penetrazione» politica e culturale da parte degli Usa ha più volte parlato la Guida suprema Ali Khamenei, anche nel suo ultimo intervento, alla vigilia del 36/o anniversario della presa dell’ambasciata Usa e dell’inizio della lunga crisi degli ostaggi. Non il popolo americano, ma il suo governo, resta il nemico dell’Iran – ha ribadito Khamenei – e di lui bisogna sempre diffidare, perchè anche se ha cercato di rifarsi la faccia è sempre pronto a pugnalarti. Se dunque sul nucleare si è trovato un accordo, è la tesi della Guida, nulla cambia nella politica verso gli Usa su altri fronti.
Gli arresti di questi giorni sembrerebbero dunque in linea con i moniti della massima autorità della Repubblica islamica. Ma su questo il presidente si è espresso con destrezza. «Dovremmo combattere le penetrazioni in modo realistico e non giocare con questa parola – ha concluso -. E dovremmo comprendere la Guida correttamente, senza fare delle sue parole un pretesto per interessi personali e di gruppo».
Negli ultimi giorni sono stati annunciati gli arresti di cinque giornalisti (fra i quali Isa Saharkhiz, addetto alla comunicazione nel governo del riformista Khatami e poi finito in carcere per quattro anni dopo le proteste del 2009) e di due persone con una secondo cittadinanza Usa. Si tratta di un libanese esperto di tecnologie informatiche accusato di spionaggio – come il corrispondente del Washington Post Jason Rezaian, in carcere da oltre un anno – e di un imprenditore iraniano fautore di migliori rapporti tra gli Usa e l’Iran.