Emergono dettagli sulla nomina dell’inviato Onu in Libia, Bernardino Leon, a direttore dell’accademia diplomatica degli Emirati (Eda l’acronimo in ingelse), un lavoro da circa 50mila euro al mese. A rivelarli è il quotidiano britannico Guardian, che svela negoziati durati mesi tra Leon e la monarchia del Golfo, coinvolta nella crisi libica con un deciso sostegno al Parlamento di Tobruk, e che mette in dubbio l’imparzialità del diplomatico spagnolo nei colloqui di pace inter-libici. Secondo il giornale, Leon, il cui mandato scadrà ufficialmente domani, ricevette a giugno l’offerta di guidare la nuova accademia degli Emirati, un think tank finanziato dal governo per promuovere la politica estera del Paese e formare una nuova classe di diplomatici.
Dalle email viste dal quotidiano britannico è emerso che il mese successivo Leon richiese un aumento di stipendio per coprire le spese di alloggio. Ad agosto, infine, l’annuncio che si sarebbe trasferito con la famiglia ad Abu Dhabi. Sotto la lente di ingrandimento del giornale britannico è finito in particolare uno scambio di email tra Leon e il ministro degli Esteri emiratino, Sheikh Abdullah bin Zayed, dal quale emerge una certa propensione dell’inviato Onu per la fazione sostenuta da Abu Dhabi, che insieme all’Egitto si oppone al Congresso nazionale generale (Cng) dominato dagli islamisti e appoggiato da Turchia e Qatar.
Cinque mesi dopo la sua nomina a inviato Onu, Leon lamentava a bin Zayed la lentezza dei progressi nei colloqui di pace, sostenendo che Europa e Usa volevano un «piano B…una classica conferenza di pace…A mio modo di vedere, un’opzione peggiore del dialogo politico…perché entrambe le parti saranno considerate sullo stesso piano». Leon spiegava poi che il suo piano era quello di «rompere un’alleanza molto pericolosa» tra i ricchi mercanti di Misurata e gli islamisti che tengono a galla il Cng, aggiungendo di «non lavorare a un piano politico che includa tutti» e che la strategia dei colloqui era di «delegittimare completamente» il Cng.
Il diplomatico spagnolo ammetteva quindi che tutte le sue proposte erano state avanzate d’intesa con l’ambasciatore libico negli Emirati, Aref Nayed, e l’ex primo ministro libico oggi residente nella monarchia del Golfo, Mahmud Jibril. In un’altra email Leon diceva al ministro emiratino di essere in grado di «aiutare e controllare il processo mentre sono lì. Comunque, come sai, non prevedo di restare ancora a lungo…Mi considerano schierato con il Parlamento di Tobruk. Ho consigliato a Usa, Gran Bretagna e Unione Europea di lavorare con te».
Leon dal canto suo ha reagito alle rivelazioni, negando qualsiasi conflitto di interesse. «L’unica difesa che ho contro questi attacchi è il mio lavoro», ha replicato via email al Guardian. «Come ho detto prima, vedete le mie proposte, l’accordo e il governo proposto. Sono state considerate giuste dai libici di entrambi gli schieramenti», ha aggiunto. Il diplomatico ha quindi sostenuto di aver avuto «molte comunicazioni simili» a quelle con il ministro degli Esteri emiratino con «altri Paesi che sostengono l’altra parte. Sono sicuro di aver detto loro, in diverse occasioni, che potevano contare su di me. Il mio lavoro è costruire un rapporto di fiducia con tutti, dentro e fuori la Libia».
Il Guardian conclude riferendo di aver contattato Leon lunedì. In quell’occasione il diplomatico ha negato di essere stato nominato alla guida dell’accademia degli Emirati. Mercoledì – scrive il giornale – Leon ha sostenuto di non aver «firmato ancora un contratto. Solo colloqui» e ha chiesto al Guardian di rinviare la pubblicazione della storia, offrendo in cambio un’intervista durante la quale avrebbe spiegato la situazione. Prima che lo facesse è stata annunciata la notizia del suo nuovo lavoro.