Dopo oltre un anno e mezzo di vuoto istituzionale, la poltrona di presidente della Repubblica libanese si appresta a tornare occupata grazie a un complesso accordo in corso di definizione tra i principali leader politico-confessionali del Paese e dei loro sponsor regionali e internazionali.
Lo riferiscono i media di Beirut, secondo cui il prossimo 16 dicembre, quando è convocata l’ennesima seduta parlamentare per l’elezione del capo di Stato, potrebbe essere la data in cui il candidato di consenso, Suleiman Franie, potrebbe essere eletto come il 17/mo presidente dalla nascita della Repubblica nel 1926.
Con la fine del mandato presidenziale di Michel Suleiman nel maggio 2014 si era aperta una nuova crisi istituzionale libanese. Da allora e per oltre un anno e mezzo le parti non sono riuscite a trovare un accordo, anche a causa delle tensioni tra Iran e Arabia Saudita nei teatri siriano, iracheno, yemenita.
Per una convenzione non scritta, il capo dello Stato deve essere cristiano maronita, il premier sunnita e il presidente del Parlamento sciita. Secondo l’accordo che si sta definendo a Beirut e nelle capitali europee e arabe, il capo del governo sarebbe Saad Hariri, figlio ed erede politico dell’ex premier Rafik Hariri ucciso a Beirut nel 2005. Frangie è noto per le sue posizioni vicine al regime siriano ed è sostenuto dalla coalizione di partiti capeggiata dal movimento Hezbollah filo-iraniano. Hariri è invece a capo del gruppo di formazioni filo-saudite e filo-occidentali.