Israele vuole mantenere il controllo delle alture del Golan evitando che la zona rientri nei colloqui di pace di Ginevra sulla Siria. E’ questo il centro delle dichiarazioni rilasciate dal premier israeliano Benjamin Netanyahu durante una riunione straordinaria del governo incentrata proprio sull’area al confine con la Siria. Israele occupò il Golan 49 anni fa, durante la Guerra dei sei giorni del 1967 dopo che l’esercito siriano invase Israele. Nel 1981, durante il mandato del primo ministro Menachem Begin, Israele ha approvato una legge che definisce il Golan come un territorio sotto la sua sovranità. Seppure si tratti di un’area dove regna l’instabilità, il Golan non era uno dei principali temi nell’agenda di politica estera di Israele. Non a caso il prossimo 21 aprile Netanyahu si recherà in visita a Mosca dove è previsto un incontro col presidente Vladimir Putin: fra i temi principali del colloquio ci sarà proprio il futuro delle alture del Golan.
Il premier israeliano durante il suo discorso è stato chiaro: “Resteranno per sempre sotto il controllo di Gerusalemme”. Il capo del governo di israeliano ha confermato di avere discusso col segretario di Stato Usa, John Kerry. “E’ tempo che il mondo riconosca la sovranità permanente di Israele sulle alture”, ha detto Netanyahu in merito al dialogo con Kerry. “Qualunque cosa accada dall’altra parte della frontiera, il confine non cambierà”, ha detto il premier, ribadendo che Israele è una “fonte di stabilità” in un’area “storicamente afflitta da turbolenze”.
Questa posizione, quasi certamente, Netanyahu la ribadirà anche al presidente russo Putin a Mosca. Per anni la questione del Golan è rimasta fuori dell’agenda della comunità internazionale e per il momento non fa parte degli argomenti sul tavolo della pace di Ginevra, anche se stupisce la tempistica scelta dal premier israeliano.
Le alture del Golan sono una zona particolarmente strategica, il cui controllo permette di monitorare dall’alto l’area circostante. Netanyahu in passato, ricordando che anticamente era abitata dagli ebrei, ha tenuto già due volte negoziati segreti con Damasco per il futuro nella zona, la prima nel 1998 durante il suo primo mandato da premier, e poi nel 2010, dopo essere tornato capo del governo.
Secondo gli analisti le dichiarazioni del premier israeliano sottintendono la volontà israeliana di non dare vita a nuovi colloqui, ma mettere la comunità internazionale di fronte ad una situazione ormai assodata. In merito alla tempistica, la scelta di Netanyahu sembra chiaramente indirizzata a mettere pressione ai negoziati sulla Siria in corso a Ginevra e chiarire a Washington e Mosca che se anche Israele non ha un posto al tavolo delle trattative, detiene degli interessi importanti a livello regionale che le autorità non sono disposte a negoziare.
I media israeliani sostengono che il premier si sia ormai convinto che il futuro della Siria non sarà quello di un paese unitario ma che sarà invece suddiviso in diverse aree di controllo: una zona curda nel nord; l’area di Damasco; e quella occidentale a maggioranza alawita amministrata da Assad, con lo Stato islamico e i ribelli del fronte al Nusra pronti a controllare piccole aree del paese. In virtù di questa considerazione, secondo il premier, sarebbe assurdo inserire la questione del Golan nelle dichiarazioni finali dei colloqui di Ginevra, prendendo atto dei tanti cambiamenti avvenuti in questi anni nella regione. Secondo Itamar Rabinovich, ex ambasciatore israeliano in Usa e membro del gruppo di negoziatori che accompagnarono Netanyahu negli anni Novanta, il premier, per la prima volta dopo cinque anni, ha inserito Israele nella crisi siriana.
Secondo alcune fonti del sito web d’intelligence “Debka”, diversi leader politici e comandanti militari israeliani hanno espresso “sconcerto e disappunto” dopo che emersa l’indiscrezione secondo cui il presidente degli Stati Uniti Barack Obama e il russo Putin avrebbero deciso di restituire le alture del Golan alla Siria. Non sembra un caso, quindi, che le Forze di difesa israeliane (Idf) abbiano iniziato, in anticipo rispetto a quanto previsto, una serie di esercitazioni militari nella Valle del Giordano e sulle alture del Golan. Le esercitazioni riguardano il Comando Nord dell’Idf e dureranno tutta la settimana. Le esercitazioni riguarderanno sia le truppe di terra che l’aviazione e si svolgeranno nella zona del Golan e della Valle del Giordano. Un portavoce dell’esercito israeliano ha precisato che l’esercitazione rientra nell’ambito di quelle previste a cadenza periodica per l’addestramento delle truppe e che questa, in particolare, è stata leggermente anticipata rispetto al calendario già stilato per l’anno in corso.
In vista della visita a Mosca, Netanyahu si stava preparando a una a “battaglia diplomatica” su altre zone. Il Golan era un problema imprevisto, ma l’inserimento dell’area nei negoziati siriani ha modificato le priorità del premier israeliano. Non è da escludere che Russia e Stati Uniti possano sfruttare questa “cooperazione diplomatica e militare” in Siria per imporre degli accordi ai paesi vicini, come Arabia Saudita, Giordania, Turchia e, per l’appunto, Israele. A latere dei negoziati di Ginevra sulla Siria, infatti, Washington e Mosca starebbero cercando di imporre alla Turchia un accordo sulla concessione dell’indipendenza ai curdi siriani. Inoltre Obama e Putin starebbero cercando di convincere le case reali saudita e hashemita ad accettare la permanenza del presidente siriano Bashar al Assad almeno durante la fase di transizione. Come Israele sul Golan, tuttavia, al momento anche Ankara, Riad e Amman restano su posizioni irremovibili.
Fonti di “Debka”, tuttavia, riferiscono che Usa e Russia vedono una risoluzione della questione del Golan come un processo graduale che potrebbe richiedere molto tempo, probabilmente diversi anni, e che porterebbe al ritiro di Israele dalle alture. Rispetto agli Stati Uniti, dove Israele vanta importanti elementi per esercitare pressioni sull’amministrazione a Washington, in Russia nonostante i frequenti viaggi di alti funzionari a Mosca, le autorità israeliane non sembrano essere riuscite a creare una rete diplomatica in grado di influenzare il Cremlino. Sinora Putin ha fatto delle occasioni concessioni a Israele, ma solo su questioni di minima importanza strategica, ma su temi prioritari come la Siria e l’Iran è emersa la scarsa considerazione che la Russia assegna alla posizione di Gerusalemme.