Il movimento sciita libanese Hezbollah ha annunciato la morte di uno dei suoi capi, Mustafa Badruddin, noto col soprannome di “Dhu al Faqar”, in un raid aereo israeliano avvenuto al confine tra Israele e Siria questa settimana. In una nota, infatti, il partito sciita ha spiegato che Badruddin aveva partecipato alla maggior parte delle operazioni dell’organizzazione politico-militare sciita sin dal 1982 e che è morto martedì scorso, 10 maggio. E’ stato uno dei comandanti più valorosi di Hezbollah in Siria: è stato lui a guidare la riconquista di Qusayr, città simbolo per i ribelli, nel giugno del 2013. Un ruolo di primo piano che gli ha consentito di potersi sedere fianco a fianco con il presidente Bashar al Assad e i generali iraniani.
Nel comunicato diffuso dall’emittente televisiva “al Mayadeen”, Hezbollah non precisa quando è stato ucciso il suo leader militare, limitandosi a definire che Badreddine Amine è stato un grande comandante del movimento sciita distinguendosi nella resistenza contro Israele fin dalla guerra del 1982 e sottolineando che egli aveva dichiarato che “sarebbe tornato dalla Siria sia vittorioso o come martire”, ma non descrive Badreddine Amine esplicitamente quale comandante militare.
La figura del miliziano era contestata all’interno di Hezbollah per le sue posizioni in contrasto con il leader del movimento Hassan Nasrallah. Badreddine Amine era cugino di Imad Moughniyeh, comandante dell’ala militare del partito sciita assassinato nel 2008, sempre a Damasco, in un’operazione attribuita alle forze di sicurezza israeliane. Si definiva successore di Moughniyeh, ma ufficialmente Hezbollah non ha mai scelto un sostituto per il suo defunto comandante militare
Il suo nome rientrava nella lista delle persone perseguite a livello internazionale per l’uccisione dell’ex premier libanese, Rafiq al Hariri. Era cognato dell’ex comandante militare di Hezbollah, Imad Moughniyah, ucciso da un’autobomba a Damasco nel 2008. Era stato condannato a morte in Kuwait per il suo presunto ruolo negli attentati del 1983, scappò dalla prigione in Kuwait dopo che l’Iraq, sotto Saddam Hussein, invase il Paese nel 1990. Tutte accuse respinte dal movimento sciita libanese. Sarebbero circa 1.200 i combattenti di Hezbollah uccisi nel conflitto siriano.