(Francesco Gori) – Le loro strade si erano divise all’indomani delle rivolte contro il presidente siriano Bashar al Assad: da una parte il movimento di resistenza palestinese Hamas e dall’altra la Repubblica Islamica dell’Iran. Il primo con i ribelli, la seconda con il governo di Damasco. Un punto di rottura traumatico, giacché fino a quel momento Teheran era stato il maggior sostenitore di Hamas, considerato da Israele e dagli Stati Uniti un gruppo terroristico. Oggi, a distanza di sei anni dall’inizio della crisi siriana, l’Iran è tornato a essere il maggiore finanziatore economico e militare del braccio armato di Hamas, le Brigate Ezzeddin al Qassam. Lo ha confermato in un incontro con la stampa il suo leader, Yahya Sinwar, che ha sottolineato come sia stato avviato un nuovo capitolo delle relazioni reciproche per combattere lo Stato di Israele, sostenere il popolo palestinese e la protezione della moschea di al Aqsa.
E’ una risposta chiara alle politiche del premier israeliano Benjamin Netanyahu e del presidente degli Stati Uniti Trump, entrambi nemici giurati del paese degli Ayatollah. Un messaggio chiaro che arriva nel giorno in cui un alto rappresentante del governo di Tel Aviv, in un’intervista rilasciata al giornale panarabo Al-Jadida, ha affermato che se l’Iran continuerà a espandere la sua presenza militare in Siria lo Stato ebraico è pronto a “bombardare il palazzo di Assad”.
Parole buttate al vento, secondo molti analisti militari, che si scontrano con il crescente peso della Russia nella regione e con l’influenza che Mosca sembra poter vantare anche nei confronto di Israele. L’avvertimento all’Iran è arrivato dopo che alti ufficiali dell’esercito israeliano avevano rivelato che l’aviazione aveva compiuto negli ultimi anni “decine di raid” contro Hezbollah e convogli di armi iraniane in Siria. Una minaccia che è giunta, non a caso, dopo il vertice fra Netanyahu e Putin, incentrato sui futuri assetti della Siria.
Ad ogni modo l’avvertimento non sembra scuotere più di tanto Teheran che ha rinsaldato i rapporti con il braccio armato di Hamas: il movimento, ha dichiarato Sinwar, “sta rafforzando il proprio arsenale militare in preparazione di una battaglia “per la liberazione della Palestina”. Hamas che dal 2007 controlla la Striscia di Gaza invoca la distruzione di Israele, con il quale ha già ingaggiato tre conflitti, nel 2007, nel 2012 e nel 2014.
Agli inizi di agosto una delegazione dell’ufficio politico di Hamas, guidata Izzat al Rishq, si è recata nella capitale iraniana per presenziare alla cerimonia di insediamento del presidente Hassan Rohani e incontrare il ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif. Durante l’incontro (nella foto), il capo della diplomazia iraniana ha dichiarato che la questione palestinese è un punto importante della politica estera iraniana, sottolineando l’importanza di migliorare i rapporti con i gruppi di resistenza palestinese, in particolare Hamas. Di contro, il movimento si è detto convinto che i paesi musulmani “dovrebbero rafforzare la loro unità e utilizzare le loro capacità per contrastare il nemico comune: Israele”.