Kurdistan: nasce la jineoloji, ovvero la scienza per la liberazione della donna


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A cura di Maddalena Celano

La jineoloji come filosofia e prassi di un movimento rivoluzionario: verità e mito

Se i nostri lettori ottengono le loro uniche informazioni sul mondo dai media mainstream occidentali, possono essere scusati per aver creduto che la ragione per cui la rivoluzione del Rojava sia stata in grado di vedere le donne combattere attivamente in prima linea contro il cosiddetto Stato Islamico, sia perché i kurdi abbiano qualcosa di intrinsecamente egualitario e rivoluzionario in loro…. Le narrazioni mainstream sembrano presentare l’ idea che i curdi, per loro natura, siano più predisposti all’uguaglianza di genere rispetto ad altri popoli della regione, in particolare gli arabi. Naturalmente un altro elemento della stampa occidentale mainstream che funziona bene per la divulgazione dell’islamofobia, specialmente per il fatto di equiparare il Daesh all’Islam, è  identificare in modo fuorviante l’YPJ con ‘i curdi’ come avanguardia di un tipo di secolarismo che è “occidentale” nell’orientamento (difficilmente si individuano articoli che menzionino il fatto che la maggioranza dei kurdi siano musulmani sunniti).

Questa è la ragione per cui una serie di “internazionalisti”, appassionati della storia del movimento delle donne kurde, giungono in Rojava appositamente per fornire un correttivo alle idee sbagliate presentate dai nostri media preferiti. La realtà è che “i curdi” lungi dall’ avere l’uguaglianza di genere nei loro geni (oggi si può guardare al Kurdistan iracheno per confermare la tesi opposta: si tratta di un’ area del Kurdistan in cui le donne hanno perso progressivamente visibilità e diritti e sono soggette ad indicibili violenze), le basi per l’YPJ e ogni organizzazione femminile nel nord della Siria sono state gettate da ben più di 40 anni di attivismo e movimento per la libertà del popolo curdo.

Un ampia e lunga visione della storia

I compagni curdi sono desiderosi di rilevare che se si assume una visione lunga e ampia della storia dell’umanità, il sistema di oppressione patriarcale risulta essere piuttosto recente e può al massimo comprendere il 2% di essa (della storia umana), giacché vari esempi di organizzazione sociale e stili di vita precedevano le “rotture sessuali” che hanno dato origine a una posizione dominante degli uomini nella società che, spesso, riteniamo essere in qualche modo “naturale”. Ancora oggi le prove e le testimonianze di queste società precedenti in Mesopotamia, alcune delle quali matriarcali, possono ancora essere viste in molte regioni montuose del Kurdistan che erano meno suscettibili alle invasioni straniere, permettendo così alle comunità di mantenere le loro convinzioni “naturali” (gli Yezidi ne sono un esempio). Abdullah Ocalan ha scritto: “il patriarcato non è esistito sempre. Ci sono prove rilevanti del fatto che nei millenni prima della civiltà statalista la posizione delle donne nella società. era molto diversa. In effetti, la società era matricentrica, era costruita intorno alle donne. All’interno del sistema Zagros-Taurus, la società del mesolitico e successivamente del neolitico hanno iniziato a svilupparsi alla fine quarta era glaciale, circa ventimila anni fa. Questa magnifica società, con i suoi utensili be sviluppati e sofisticati sistemi di insediamento era molto più avanzata della precedente società basata sui clan. Questo periodo ha costituito un’epoca meravigliosa nella storia della nostra natura sociale. Molti sviluppi che sono ancora attuali trovano le proprie radici in questa fase storica: la rivoluzione agricola, la costruzione di villaggi, le radici del commercio, e la famiglia basata sulla madre, così come le tribù e le organizzazioni di tipo tribale”.[1]

Per i rivoluzionari curdi, non basta parlare semplicemente delle eroine odierne o degli ultimi quattro decenni. Gli esempi forniti dalle donne che resistono al patriarcato in Medio Oriente iniziarono diversi millenni e secoli fa. La resistenza di Nefertiti ai sacerdoti e al faraone nel 300 a. C. è citata accanto a esempi come il rifiuto della regina Zenobia di seguire i dettami romani a Palmira nel terzo secolo. Dopo la prima divisione del Kurdistan, la principessa Xanimzade guidò la resistenza tribale contro i massacri commessi dall’Impero Persiano, e fu seguita da eroine come Halime Xanim che resistette al dominio dell’Impero Ottomano.

Gli esempi delle donne curde del XX secolo che sono moderni precursori delle donne YPJ sembrano essere senza fine. Adile Xanim ha contribuito a riunire 56 tribù in una confederazione nell’odierno Iran prima della sua morte nel 1924. Zarife (1882-1937) era una leader ampiamente nota tra la popolazione di Alevi che fu giustiziata a causa di un traditore che la consegnò alle autorità turche. Lo stesso anno del massacro del popolo curdo a Dersim, una donna di nome Bese che aveva guidato una rivolta, si gettò dalle rocce per evitare la cattura. Donne come Gulazer e Mina Xanim giocarono un ruolo chiave nella creazione del primo stato socialista curdo, la breve Repubblica del Mahabad (1946).

Prima dell’istituzione del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) nel 1978, la storia di Leyla Qasim ha ispirato la lotta politica delle donne curde. Leyla fondò uno dei primi sindacati per gli studenti curdi a Baghdad e progettò di dirottare un aereo per sensibilizzare la popolazione locale alla causa curda (i paragoni possono essere fatti qui con Leila Khaled, la rivoluzionaria palestinese il cui atto di dirottamento degli aerei a scopo politico, a nome del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, ha contribuito a promuovere quella lotta di liberazione nazionale). Fu catturata prima che il suo piano potesse materializzarsi e fu giustiziata dallo stato iracheno nel 1974.

Kurdistan come colonia e donne come la più antica colonia

Dopo l’istituzione del PKK nella regione occupata dai turchi del Kurdistan, il movimento per la liberazione curda fu elevato a un livello più alto. I fondatori del PKK, Abdullah Ocalan tra loro, ritenevano necessaria la creazione di una nuova organizzazione, poiché la sinistra turca, in effetti, aveva ampiamente esaminato la questione curda, rendendosi complice dello sciovinismo nazionale. Questo si è scontrato con la tesi del nuovo partito, che affermava che il Kurdistan era una colonia e che una lotta di liberazione nazionale era una necessità storica.

Tra i fondatori del Partito c’era Sakine Cansiz, che sarebbe stata assassinata a Parigi nel 2013 insieme a altre due donne leader, Fidan Doğan e Leyla Şayleme. Sakine ha svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo e nella crescita dell’organizzazione, e un ruolo centrale nell’abbraccio del partito dell’uguaglianza di genere come parte fondamentale della sua composizione. Il suo impegno in politica fu di per sé un atto di ribellione contro la tradizionale struttura familiare che mirava a tenerla in schiavitù. Riflettendo sulla sua decisione di impegnarsi in attività politiche, ha detto “In un certo senso ho abbandonato la famiglia. Non ho accettato questa pressione, insistendo sulla rivoluzionario. È così che sono partita e sono andato ad Ankara. In segreto ovviamente… ”

La relazione di Sakine con Ocalan è importante, poiché entrambi erano in posizioni di comando all’interno dell’organizzazione. Fu quest’ultimo che, attraverso la riflessione personale e l’autocritica dei propri rapporti con le donne, iniziò a mettere in discussione la struttura familiare patriarcale in cui le donne erano sempre poste nella condizione di essere oggetto. Concluse che vi è bisogno di subire una trasformazione “uccidendo il maschio dominante” dentro di sé, osservando come la società lo avesse reso così com’era. Queste riflessioni lo aiutarono a guardare indietro, a riflettere sui casi di oppressione e sottomissione delle donne che vide nella sua vita, come una sua amica d’infanzia che fu costretta a sposare forzatamente un vecchio, o vedendo sua madre vivere quella condizione che percepiva come prigione. L’aspetto  più importante per la sua decisione di affrontare la questione della libertà delle donne a un livello più alto, tuttavia, fu il suo rapporto con Fatma, un’ altra fondatrice del partito che vedeva come qualcuna che aveva usato per i propri interessi.

Sebbene Ocalan abbia promosso il concetto di “uccidere il maschio dominante” e avanzato concetti teorici relativi alla liberazione delle donne, incluso che le donne costituiscano la colonia più antica del mondo, capì anche che lui e gli uomini, in generale, non potevano guidare questo processo. È considerato all’interno del movimento come qualcuno che ha dato forza e  sviluppo al processo emancipazionista, ma che ha anche incoraggiato attivamente le donne a prendere la guida della propria liberazione in modo autonomo all’interno del partito e di altre organizzazioni nel movimento. Scrive Ocalan in proposito: “Fin dall’ enorme balzo in avanti dell’ ordine gerarchico, il sessismo è stata l’ ideologia di base del potere. E’ strettamente legata alla divisione in classi e all’esercizio del potere. L’autorità della donna non si basa sull’eccedenza di prodotto; al contrario, deriva dalla fertilità e dalla produttività e rafforza l’ esistenza sociale. Fortemente influenzata dall’intelligenza emotiva, è strettamente legata all’ esistenza come comunità.  Il fatto che la donna non abbia un posto visibile nelle guerre di potere basate sull’eccedenza di prodotto è dovuto a questa sua posizione nell’esistenza sociale. Dobbiamo evidenziare una caratteristica che si è istituzionalizzata all’interno delle società della civilizzazione, ovvero il fatto che la società sia incline alle relazioni di potere. Proprio come la casalinghizzazione era necessaria per ricreare la donna, la società doveva essere preparata perché’ il potere potesse garantirsi la propria esistenza. La casalinghizzazione è la più antica forma di schiavitù (…). La casalinghizzazione si è istituzionalizzata quando la società sessista è diventata dominante”.[2]

La base teorica della jineoloji

Oggi, il movimento rivoluzionario che è raggruppato nel Kurdistan Communities Group (KCK), nelle quattro parti del Kurdistan, fa procedere la scienza delle donne, o Jineoloji, come parte teorica e pratica principale del processo rivoluzionario. Tuttavia, questo concetto, adottato nel 2008, è stato il culmine ideologico di decenni di esperienza nell’organizzazione.

Oltre al concetto di Ocalan di “uccidere il maschio”, un’altra idea fondamentale è quella della “teoria della separazione” (entrambe avanzate nel 1996) secondo cui le donne dovrebbero essere in grado di avere il controllo delle proprie organizzazioni. Se si ritiene che la rivoluzione non possa essere fatta per la persona, ma piuttosto “per e dalle persone”, allora si deve affermare che la rivoluzione non può essere fatta solo per le donne, ma deve essere fatta dalle donne. “Teoria della separazione” significa anche che le donne dovrebbero distogliere se stesse dalle relazioni basate sulle gerarchie e le sudditanze. Oggi si può vedere la serietà di quest’applicazione, poiché le relazioni romantiche e il matrimonio tra le fila dei quadri rivoluzionari, nel movimento, sono quasi inesistenti. Le relazioni tra i quadri sono prevalentemente di natura politica e professionale. L’obiettivo di questa scelta, che in un primo momento potrebbe sembrare “antipatica”, è quello di proteggere le organizzazioni rivoluzionarie dall’adozione di un approccio liberale (e in seguito liberista) sia al lavoro che verso la vita.

La ricerca sul ruolo delle donne in tutta la storia della Mesopotamia divenne anche parte fondamentale del lavoro del movimento, verso la fine degli anni ’90. Durante lo stesso anno in cui Ocalan fu catturato in Kenya dallo stato Turco, il PJKK (Partito delle donne lavoratrici del Kurdistan) fu creato come partito femminile, anche se in seguito fu soppiantato da altre strutture autonome come il PJA (Free Women’s Party). Negli anni 2000, sono state sviluppate nuove teorie che includono la “teoria della rosa” secondo la quale le donne possono “sembrare fragili ma avere spine per proteggersi”. In vista del nuovo paradigma del Confederalismo Democratico, adottato dal partito e dalla più ampia Unione delle Comunità del Kurdistan (KCK) nel 2005, nel 2003 è stato sostenuto il “paradigma di una società democratica ed ecologica sulla base della libertà delle donne”.

Per l’autodifesa: contro il femminismo liberale e l’orientalismo

La chiave per capire lo Jineoloji è “autodifesa” non significa solo prendere la pistola, ma in realtà si manifesta più frequentemente nella costruzione di strutture e organizzazioni.  Anche l’autodifesa deve iniziare nella mente. Se ci si considera una vittima, non si può superare l’oppressione. Soprattutto, è d’interesse critico per coloro che provengono dalle società occidentali e industrializzate, le riflessioni su come gli stati abbiano tentato di “liberalizzare” il movimento radicale delle donne, incanalando denaro verso varie organizzazioni che hanno avuto l’effetto di portare i movimenti femminili nel quadro di il sistema capitalista. Inoltre, il filone del femminismo liberale occidentale che spesso è di natura orientalista e allude a gruppi come FEMEN che equiparano l’Islam all’oppressione delle donne è  “mal visto” e ml tollerato dalle rivoluzionarie curde. Tali gruppi promuovono la narrativa degli imperialisti che mirano a subordinare il Medio Oriente al loro marchio di modernità capitalista in nome della libertà.  Non è importante ciò che indossa la donna o quale sia il suo copricapo,  è importante ciò che la donna ha dentro la propria testa.

 

Componenti chiave della dottrina Jineoloji (La scienza delle donne)

Ocalan scrive: “Senza analizzare il processo attraverso il quale la donna è stata sopraffatta socialmente, non è possibile capire correttamente le caratteristiche fondamentali della conseguente cultura sociale del maschio dominante. Anche la consapevolezza della creazione sociale della mascolinità sarebbe impossibile. Senza capire come la mascolinità sia stata costruita socialmente, non si può analizzare l’istituzione dello stato e quindi non e; possibile definire in modo accurato la cultura della guerra e del potere legate all’esistenza dello stato”.[3] La Jineoloji sostiene che non esiste una verità statica e univoca, ma che il lavoro svolto dai rivoluzionari in difesa dell’umanità è dare un senso alla vita e quindi avvicinarci alla comprensione della verità. La dottrina Jineoloji consiste nel rendersi conto che tutto e tutti sono vivi, senza cadere nella dicotomia tra materiale e immateriale. Questo può sembrare un approccio abbastanza metafisico per i compagni occidentali dei paesi sviluppati che potrebbero essere abituati a orientamenti molto più materialisti e spesso positivisti. L’ideologia riconosce anche l’unità nella diversità, comprendendo che i progressi sono fatti per la solidarietà e la cooperazione, ma non attraverso l’individualità schiacciante (in contrapposizione al personalismo).

La dottrina Jineoloji riconosce che sebbene il futuro non possa essere previsto, l’umanità può ricercare diverse opzioni e strade che possano essere prese e quindi, come umani,  possiamo intervenire per cambiare gli eventi storici ed i destini individuali.  Altri aspetti dell’ideologia includono il concetto di non separare soggetto e oggetto, creando un’unità tra intelligenza emotiva e analitica.  Possiamo essere entrambi. Possiamo pensare e sentire con entrambi gli emisferi.

Cinque principi dell’ideologia della liberazione delle donne

Questi concetti aiutano a illustrare il principale lavoro teorico che è stato svolto nella creazione di questa scienza delle donne, ma i principi attuali dell’ideologia possono essere sottolineati come i seguenti:

  • Welatparezi

Rifiutare l’estraniamento, il colonialismo e l’assimilazione imposta alle donne

  • Pensiero / Opinione

La donna deve prendere le proprie decisioni e compiere una pausa mentale per analizzare le strutture che la dominano

  • Organizzazione autonoma delle donne

Solo se le donne hanno la possibilità di organizzarsi, il patriarcato sarà superato

  • Lotta per il cambiamento

Non solo facendo richieste all’oppressore, ma prendendo i diritti attraverso la lotta e creando alternative sociali

  • Estetica ed etica

Le donne non dovrebbero attenersi ai modelli di bellezza dettati dalla società o dagli uomini

Dalla teoria alla pratica

Certamente, la teoria senza alcun tipo di applicazione pratica non ha senso, e il Movimento di liberazione curdo ha attraversato un processo di costante perfezionamento e sviluppo delle sue teorie concernenti l’emancipazione di metà della razza umana. Perfino all’interno del movimento stesso, non sono mancati incidenti, incluso il coinvolgimento dei dirigenti, che hanno dimostrato che le stesse organizzazioni rivoluzionarie non sono immuni dagli atteggiamenti patriarcali. Ad esempio, quando le donne parteciparono alla lotta armata a Bakur, molti uomini all’interno del PKK avevano un atteggiamento secondo cui le donne erano incapaci di assumere certi compiti che erano considerati “virili”. L’argomentazione di alcuni uomini nella leadership era che le donne fossero troppo emotive e molli per la guerra, e che quindi era meglio metterle in ruoli non guerriglieri. Alcuni comandanti volevano che le loro donne diventassero guerriglieri per indossare sciarpe. Una giovane combattente, Heval Beritan, ha sentito parlare di ciò per questo suggerì che le donne costituissero le proprie forze di guerriglia. L’organizzazione autonoma e la separazione degli uomini dalle donne guerrigliere che seguirono ebbero l’effetto di costringere uomini e donne a prendersi cura di tutti i compiti, compiti di ogni genere (per esempio, gli uomini erano finalmente e completamente responsabili anche della cucina, come le donne dalla guerriglia).

La storia di Heval Beritan è quella che illustra chiaramente il fatto che le donne sono per lo meno alla pari agli uomini in termini di capacità di compiere ogni compito rivoluzionario e svolgere ogni ruolo. Inizialmente era una giornalista ma ferì un comandante in guerra perché voleva svolgere un ruolo più attivo nella lotta. Nel 1992 durante la Guerra del Sud, ha combattuto fino all’ultima pallottola e, anziché sottomettersi alle forze reazionarie del Partito Democratico del Kurdistan (KDP), si è gettata da una montagna, commettendo un suicidio identico a quello di Bese più di cinquanta anni prima, durante la battaglia di Dersim.

 

[1] A. Ocalan, La Rivoluzione delle Donne, Edizioni Iniziativa Internazionale, Koln (Germania), 2013, p. 12

[2] A. Ocalan, La Rivoluzione delle Donne, Edizioni Iniziativa Internazionale, Koln (Germania), 2013, p. 25

[3] A. Ocalan, La Rivoluzione delle Donne, Edizioni Iniziativa Internazionale, Koln (Germania), 2013, p. 27

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