E’ entrata in vigore in Yemen la tregua di due settimane annunciata unilateralmente dalla Coalizione araba a guida saudita che dal 2015 combatte contro i miliziani sciiti Ansar Allah, noti come Houthi, appoggiati dall’Iran. Media panarabi e yemeniti riferiscono di una calma relativa registratasi dalle prime ore di stop alle armi nei vari teatri del conflitto in corso da quattro anni nel contesto di una endemica instabilità yemenita.
La tregua potrà essere estesa con l’obiettivo di creare condizioni adeguate per rispondere all’appello del rappresentante speciale del segretario generale delle Nazioni Unite in Yemen, Martin Griffiths, volto a tenere un incontro tra il governo riconosciuto con sede ad Aden (nel sud del paese), i ribelli sciiti Houthi che controllano la capitale Sana’a (nel nord) e una delegazione militare della Coalizione militare.
I negoziati dovranno discutere, sotto la supervisione dell’inviato dell’Onu, i meccanismi per arrivare a un cessate il fuoco permanente nello Yemen. In particolare, riferisce l’emittente televisiva satellitare di proprietà saudita “Al Arabiya”, si parlerà dei passi da attuare per costruire la fiducia e riprendere il processo politico tra le parti yemenite, con l’obiettivo di giungere a avere e proprie consultazioni tra i partiti yemeniti per arrivare a una soluzione politica globale.
Dal loro canto, gli Houthi hanno inviato alle Nazioni Unite una nuova proposta che include la fine della guerra e del blocco imposto ai territori da loro controllati, spiegando che la proposta getterà le basi per un dialogo politico e un periodo di transizione. Lo ha scritto su Twitter il portavoce del gruppo ribelle yemenita, Ansar Allah, Mohamed Abdel Salam.
Il leader del gruppo filo-iraniano Muhammad Ali al Houthi, citato dall’emittente televisiva qatariota “Al Jazeera”, ha dichiarato: “Abbiamo consegnato all’Onu la nostra visione di un cessate il fuoco finale ed è basata su soluzioni complete, considerando che le soluzioni parziali non possono essere accettate”. Questa iniziativa arriva dopo l’annuncio di una tregua di due settimane da parte della Coalizione militare a guida Saudita per prevenire la diffusione del coronavirus.
Il viceministro della Difesa saudita, il principe Khalid bin Salman, ha affermato che il cessate il fuoco riflette il perseguimento della stabilità da parte dell’Arabia Saudita nella regione”. Con un messaggio su Twitter, il principe ha quindi scritto che “l’incapacità degli Houthi di rispondere agli appelli per affrontare seriamente la minaccia della pandemia da coronavirus espone tutti gli yemeniti a ulteriori sofferenze. Il popolo arabo-yemenita non è affiliato a nessuno e questa è l’occasione degli Houthi di dimostrare che non sono uno strumento nelle mani dell’Iran”. Si legge ancora che “il Regno ha annunciato il contributo di 500 milioni di dollari al Piano di risposta umanitaria delle Nazioni Unite per lo Yemen nel 2020 e altri 25 milioni di dollari per combattere la diffusione della pandemia da coronavirus”.
LA REAZIONE DEGLI EMIRATI ARABI UNITI
Il ministro di Stato degli Affari esteri degli Emirati Arabi Uniti, Anwar Gargash, ha elogiato la decisione della Coalizione araba di annunciato un cessate il fuoco di due settimane per sostenere la lotta contro la diffusione del coronavirus in Yemen. Gargash in un tweet diffuso oggi ha dichiarato: “La decisione della Coalizione di fermare i raid aerei in Yemen per due settimane è una decisione saggia e responsabile. Dopo le ripetute richieste di soluzione politica, i timori dell’arrivo del coronavirus complicano l’attuale crisi umanitaria in quel paese”.
CINQUE ANNI DI GUERRA
La guerra civile in Yemen è in corso dal 2015. A seguito dell’occupazione del nord del paese, compresa la capitale Sana’a da parte dei miliziani filo-iraniani Houthi, il presidente Abd Rabbo Mansour Hadi e il suo governo, attualmente con sede provvisoria ad Aden, hanno chiesto l’intervento dei paesi del Golfo, in particolare Arabia Saudita ed Emirati, che nell’aprile del 2015 hanno formato una coalizione militare per sostenere le forze governative nel conflitto. Houthi era in origine il nome di un clan dello Yemen, e non di una setta o un gruppo religioso. In seguito, un movimento di combattenti ribelli chiamato Ansar Allah ha adottato questo come nome ufficiale, dopo che il loro fondatore e principale capo, Hussein Badreddin al Houthi, venne ucciso nel 2004, portando alla cosiddetta insurrezione Houthi.
LA DENUNCIA DI AMNESTY
Dal 2015 tutte le parti coinvolte nel confitto hanno commesso gravi e ripetute violazioni del diritto internazionale umanitario. Le forze houthi, che controllano buona parte dello Yemen, hanno bombardato indiscriminatamente centri abitati e lanciato missili, in modo altrettanto indiscriminato, verso l’Arabia Saudita. La coalizione guidata da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, che appoggia il governo yemenita riconosciuto dalla comunità internazionale, continua dal canto suo a bombardare infrastrutture civili e a compiere attacchi indiscriminati, che uccidono e feriscono centinaia di civili. Tutte le parti in conflitto hanno soppresso la libertà d’espressione ricorrendo a detenzioni arbitrarie, sparizioni forzate, maltrattamenti e torture.
La popolazione civile è intrappolata nel conflitto e sopporta le conseguenze peggiori. Tra morti e feriti, le vittime di questi cinque anni sono state oltre 233.000. La crescente crisi umanitaria ha portato circa 14 milioni di persone alla fame. La situazione è stata esacerbata da anni di cattivo governo, che hanno favorito la diffusione della povertà e dato luogo a immense sofferenze.
Inevitabilmente, data la natura prolungata del conflitto e l’uso di tattiche militari illegali da parte di tutti i soggetti coinvolti, l’assistenza alla popolazione civile è a un punto di rottura. La sopravvivenza di circa 22 milioni di yemeniti dipende dall’assistenza umanitaria.