(Franco Murgia) – La pandemia da Covid-19 ha riportato alla luce un tema, che dovrà essere affrontato nella fase 2 di ripresa delle attività scolastiche, che è quello delle classi pollaio. La tendenza all’aumento del numero degli alunni per classe, finalizzata esclusivamente alla riduzione del numero dei docenti e al conseguente risparmio, dovrà subire una immediata inversione di tendenza, o questo è almeno l’auspicio del mondo dell’istruzione.
Come la sanità, la scuola, e quindi anche la formazione, sono dei settori nel quale più si è praticato lo sport del taglio delle risorse che da Tremonti in poi ha falcidiato alcuni settori. Il diktat ai vari ministri delle finanze di turno era “questo è quello che devi tagliare, per il come inventatevi qualcosa”. E così l’aumento del numero di alunni per classe, accompagnato al taglio delle ore curricolari e col corollario della riduzione quasi a zero delle risorse per manutenzione e sicurezza (altro tema fondamentale che dovrà essere affrontato), vestiti alla meglio con l’abitino e il fiocchetto della riforma targata col nome del ministro di turno, sono stati il mantra degli ultimi quindici anni. Ora, però, siamo arrivati al redde rationem.
L’esigenza di riorganizzare il mondo del lavoro riducendo al massimo le possibilità di contatto, e quindi il rischio di trasmissione del virus, sono sul tavolo della discussione politica. Il tema è pesantemente posto dal mondo del lavoro col supporto del mondo scientifico che, ad oggi, afferma in coro che lo strumento essenziale per difendersi dalla pandemia è, oltre alla modifica dei comportamenti sociali, l’aumento della distanza interpersonale. Sul tema è opportunamente intervenuta anche la Ministra dell’Istruzione Azzolina che proprio oggi ha proclamato in un post della sua pagina facebook “L’organico della scuola resta invariato e le cattedre non saranno toccate, non diminuiranno, come abbiamo sempre promesso, nonostante la denatalità. È un risultato importante per il mondo dell’Istruzione”. Ma la puntigliosità con la quale gli uffici scolastici provinciali e regionali, certamente non ancora informati delle intenzioni della Ministra e del Governo, rigettano ogni proposta in tal senso da parte delle autonomie scolastiche, non fa ben sperare. Le iscrizioni sono diminuite? Si riduce anche il personale. Punto. Anzi, per dirla alla Totò, due punti. Non se ne può discutere perché la norma è chiara e non derogabile.
Mentre è comprensibile il loro ferreo abbarbicarsi alla lettera della norma che detta precisi parametri al riguardo, molto meno lo è la mancanza di indicazioni al riguardo da parte del ministero. Non si può proclamare ai quattro venti una lodevole intenzione e non esercitare la conseguente azione lasciando nell’incertezza un mondo, parliamo di milioni di persone, che ha estrema necessità di capire come si ripartirà e se la scuola diventerà un luogo più sicuro. Senza dimenticare decine di migliaia di docenti che attendono di sapere se domani avranno ancora un lavoro o se saranno fiondati nella giostra della dell’incertezza.
Ultimo, ma non per importanza, l’aspetto didattico e sociale della riduzione degli alunni per classe. Chi soffre di più del numero eccessivo di alunni per classi è la didattica, soprattutto nelle scuole delle aree economicamente più deboli (sud) e nelle scuole professionali (strati sociali più disagiati). Sarebbe un bel modo, finalmente, per mostrarvi attenzione, per fare finalmente una cosa di sinistra.