(Roberto Nicoletti) – In attesa della pubblicazione, scorrendo gli oltre 250 articoli del testo provvisorio del cosiddetto “Decreto Rilancio” licenziato il 10 maggio dal Consiglio dei Ministri, dobbiamo purtroppo notare che, nonostante l’indiscutibile sforzo profuso per sostenere gli operatori dei diversi settori dell’economia italiana, ancora una volta scarsa attenzione è stata posta nei confronti della formazione professionale nella costruzione delle politiche economiche ed industriali.
Unico provvedimento che si rintraccia nel testo del decreto è l’art. 94 per mezzo del quale si istituisce un “Fondo Nuove Competenze” affidato all’ANPAL con una dotazione di 230 milioni di euro. Al fondo in oggetto possono accedere le imprese che, sulla base di intese di rimodulazione dell’orario di lavoro permesse dai contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale, convertano parte dell’orario di lavoro in attività formative, potendo così trovare ristoro degli oneri relativi alle ore di formazione realizzate, comprensivi dei relativi contributi previdenziali e assistenziali. A tale Fondo potranno partecipare anche i Fondi Interprofessionali, devolvendo una quota delle loro risorse.
Le finalità generali della norma possono essere condivisibili, ma purtroppo solo in un’ottica che vede la formazione, ancora una volta, uno strumento di Politica Passiva del Lavoro anziché base fondante delle Politiche Attive, atteggiamento tipico della nostra classe politica e più volte stigmatizzato dalla nostra associazione.
Le criticità che presenta questo intervento normativo e che avallano la nostra interpretazione sono infatti molteplici; vediamo le principali.
A dispetto dell’altisonante nome “Fondo Nuove Competenze”, in tutto il testo dell’art. 94, carente peraltro di relazione illustrativa, non si rintraccia un benché minimo rimando a interventi formativi innovativi o di adeguamento delle competenze; non si riscontra accenno alle nuove competenze digitali dei lavoratori per le nuove professioni e neppure a percorsi di riqualificazione o qualificazione del personale. Tutto ciò, si badi bene, potrebbe essere anche sottinteso e oggetto del prossimo decreto che dovrà disciplinare le modalità di utilizzo di queste risorse, ma l’impressione di chi scrive è che si sia semplicemente attuato un temporaneo scambio tra ore di lavoro e ore di formazione, impressione che trova ulteriore conferma nel testo letterale del provvedimento che motiva la sua costituzione nella specifica finalità di “…consentire la graduale ripresa dell’attività dopo l’emergenza epidemiologica, per l’anno 2020…”.
Precisiamo subito che tale fine è comunque nobile, in quanto è un ulteriore aiuto alle imprese nella difficile operazione di mantenere in equilibrio i conti aziendali e che ben si coniuga con le esigenze dei lavoratori di conservare il posto di lavoro. Non ci uniamo neppure al coro di chi lamenta acriticamente l’effetto negativo sui flussi INPS verso i Fondi Interprofessionali, causato dalla cassa integrazione e dalla sospensione dei versamenti previdenziali, provvedimenti assolutamente necessari in questo drammatico momento per il sostegno delle imprese italiane, compresi gli enti di formazione.
Avremmo preferito, come andremo a spiegare, un più cospicuo e diverso utilizzo delle risorse.
Il Fondo Nuove Competenze è costituito presso ANPAL, che in questi ultimi periodi non ha brillato per efficienza operativa, costretta a gestire uno strumento che si è rivelato fallimentare quale il Reddito di Cittadinanza; prevede meccanismi di partecipazione da parte delle Regioni e dei Fondi Interprofessionali che debbono necessariamente previamente prevedere intese in Conferenza permanente Stato-Regioni e province autonome, elemento di complessità che non depone a favore di un immediato e snello utilizzo delle risorse. Un coinvolgimento diretto dei Fondi Interprofessionali nella gestione delle risorse, consentendo loro di poter utilizzare queste risorse per finalità dirette al sostegno all’occupazione otterrebbe, a nostro avviso, risultati migliori. I Fondi Interprofessionali hanno infatti dato dimostrazione della capacità di intervenire in maniera puntuale e rapida, in stretto raccordo con le parti sociali, per poter cogliere e soddisfare le esigenze delle aziende e dei lavoratori, dando prova di efficienza anche quando è stato a loro permesso di operare nelle situazioni di crisi aziendale per il sostegno all’occupazione.
L’assegnazione diretta a questi soggetti delle risorse di cui all’art. 94 avrebbe permesso in tempi brevissimi di intervenire a sostegno della ripresa, senza attendere la conversione del decreto, l’ulteriore decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze, difficili intese in Conferenza Stato-Regioni e senza considerare che i Fondi Interprofessionali dovrebbero versare ulteriori quote di un bilancio che quest’anno subirà un duro colpo.
Attendiamo la pubblicazione del decreto-legge confidando in una modifica in sede di conversione dell’art. 94 secondo quanto sostenuto dalla nostra federazione, affinché anche questa non sia l’ennesima occasione persa.