Il senso delle elezioni europee in Francia e Germania e il nichilismo astensionista


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(Bruno Scapini) – La Storia sta indubbiamente accelerando il suo passo, e ha impresso al corso degli eventi una cadenza che potremmo definire incalzante. Conferenze, incontri, visite, dichiarazioni, sia a livello internazionale che nazionale, si susseguono di questi tempi a un ritmo velocissimo come se il mondo si trovasse in una corsa forsennata verso un traguardo cruciale di cui ancora ignoriamo gli effettivi contorni, ma di cui percepiamo, come nefasto presentimento, l’angoscioso effetto.

Abbiamo assistito negli ultimi tempi all’effimero esito del recente G7, abbiamo constatato la fumata nera dell’incontro informale del Consiglio Europeo per le nomine istituzionali dell’Unione, e ora appuriamo il sostanziale fallimento della c.d. Conferenza sulla Pace di Lucerna. Un esercizio, quest’ultimo, in fondo del tutto inutile in vista di pacificare un’Ucraina devastata da una guerra impietosa e perciò  eretta a vittima sacrificale delle bramosie di potenza di un’America mai sazia della propria egemonia. Del resto, ci inducono a questa valutazione proprio i risultati inconcludenti di quell’alto consesso appena svoltosi in Svizzera.

Per contro, proprio a Lucerna si sarebbe invece ribadita la linea di indefettibile sostegno a Kiev; una linea adottata nella prospettiva di una guerra di lungo periodo e voluta per mantenere alto il livello della tensione. Uno sviluppo del resto confermato dalla recente visita a Washington di Stoltenberg, il Segretario Generale della NATO, e dall’accordo firmato da Biden e da Zelensky per una cooperazione militare ed economica di durata decennale. Dunque, l’Occidente non demorde da questa folle corsa verso la guerra contro Mosca. Una guerra che, nelle intenzioni dei leader bellicisti euro-atlantisti, dovrà prima o poi logorare la Russia costringendola alla resa. Ma fino a quel giorno – semmai dovesse tale previsione avverarsi e i dubbi al riguardo sarebbero leciti e molti anche – domandiamoci pure: chi pagherà per questa costosa azione di logoramento? Non saranno forse proprio i popoli europei? Siamo noi in Europa la “first line of defence”, l’oggetto primario della “Pax Americana”, e siamo sempre noi ad essere chiamati a dover devolvere quote di bilancio sempre più elevate per arricchire le casse delle lobby militariste statunitensi sottraendo risorse preziose alle politiche sociali nazionali. È inutile nasconderselo: per fronteggiare le spese militari stanno defraudando i nostri cittadini, ingannandoli con una prospettiva di guerra giustificata da un ipotetico quanto irrealistico rischio di aggressione all’Europa da parte della Russia. E nulla si dice sul fatto che proprio questa presunta necessità di disporre di un apparato militare forte e capace stia di fatto compromettendo la capacità del nostro e degli altri Governi europei di riportare i servizi essenziali di pubblica utilità (come la sanità pubblica, la scuola, i trasporti ed altri), a livelli soddisfacenti per i cittadini. Basterebbe invece una sola parola a riportare indietro l’Umanità dal rischio di un universale olocausto: negoziato!

Con vanto ed orgoglio, invece Stoltenberg dichiara che ben 23 Paesi sui 32 membri della NATO hanno già raggiunto il volume di spese militari programmato. E le previsioni sono perfino in favore di un loro trend incrementale!

Ebbene, non sono questi tutti segnali di una volontà delle élite euro-atlantiste di prepararci alla vera Grande Guerra del secolo? E l’accelerazione ora impressa al corso politico dagli eventi non è forse la prova della loro determinazione a portarci allo scontro diretto con la Russia nei prossimi mesi, almeno prima che cambi l’inquilino alla Casa Bianca? Per fortuna, a cambiare forse di direzione nella folle corsa al suicidio collettivo sarà il nuovo orientamento emerso in Francia e in Germania con le recenti votazioni europee. Proprio grazie agli elettori che, rifiutando di astenersi dal voto, hanno voluto manifestare il proprio dissenso è stato possibile far emergere dalla loro partecipazione un corpo d’opinione contrario alla politica guerrafondaia di Bruxelles. Con i nuovi orientamenti, infatti, di cui i vertici europei non potranno ignorare né consistenza, né conseguenze – se non altro per rispetto di quella democrazia che vanno falsamente predicando per il mondo – probabilmente non sarà più possibile mantenere un’Unione integralmente schierata sulle linee belliciste, agendo la previsione di una guerra da indubbio fattore divisivo nel creare le necessarie alleanze nell’arena europea. Solo creando una netta opposizione alle linee euro-atlantiste potremmo evitare il peggio. In Italia, al contrario, è proprio questo che è venuto a mancare: la sensibilità del cittadino a decidere per gli interessi superiori della collettività. L’astensionismo ha, infatti, ancora una volta prevalso facendo premio, con le obsolete logiche di retrobottega dei partiti tradizionali – legati più a interessi provinciali che a tematiche di respiro internazionale – su una visione storica del corso politico vissuto. Dunque, ringraziamo quanti degli elettori in Francia, in Germania, in Belgio e in altri Paesi europei, ben comprendendo la crucialità dell’attuale momento politico, hanno voluto abbandonare la visione arida e nichilista proposta dagli astensionisti per optare invece per una scelta chiara e decisa e volta, soprattutto, a dimostrare come la Storia non venga scritta da singoli individui, spesso spinti da suggestioni personalistiche ed egoistiche, bensì direttamente dai popoli. E quando è il popolo a muoversi, si sa, è Dio che decide le sue sorti.   

 

 

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