Operazione “Muro di Ferro” a Jenin: dopo Gaza, Israele colpisce la Cisgiordania


Condividi su

JENIN – A pochi giorni dall’accordo di tregua raggiunto tra Israele e Hamas per Gaza, il Medio Oriente si trova nuovamente in una spirale di violenza. Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno lanciato un’operazione su larga scala nella città di Jenin, in Cisgiordania, denominata “Muro di Ferro”. L’obiettivo dichiarato da Israele è la “neutralizzazione delle infrastrutture terroristiche” nella regione, ma le implicazioni politiche e umanitarie di questa incursione vanno ben oltre.

L’operazione e il contesto sul terreno

L’intervento militare, iniziato il 20 gennaio, ha coinvolto attacchi aerei, droni, elicotteri e truppe di terra. Bulldozer blindati hanno tagliato gli accessi al campo profughi di Jenin, un’area densamente popolata da circa 15.000 persone, considerata un simbolo della resistenza palestinese. Fonti locali riferiscono che almeno nove palestinesi sono stati uccisi e oltre 40 feriti, tra cui membri del personale medico, colpiti durante le operazioni. La Mezzaluna Rossa ha segnalato difficoltà nel fornire assistenza ai civili intrappolati nelle zone di conflitto.

Video e testimonianze registrati sul posto mostrano scene di devastazione: colonne di fumo, esplosioni e scontri armati per le strade. “La gente è terrorizzata. Non possiamo uscire di casa senza rischiare di essere colpiti”, racconta Barra, un giovane insegnante di inglese residente nel campo.

La politica di espansione israeliana in Cisgiordania

L’operazione a Jenin si inserisce in un contesto di crescente tensione legato alla politica di espansione israeliana in Cisgiordania. Negli ultimi anni, il governo israeliano ha autorizzato la costruzione di nuovi insediamenti, in violazione del diritto internazionale. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, nel 2024 Israele ha accelerato l’approvazione di progetti per oltre 12.000 unità abitative in territori occupati.

Parallelamente, gli attacchi dei coloni contro i palestinesi sono aumentati. Nei giorni successivi alla tregua di Gaza, si sono verificati almeno 11 assalti a villaggi palestinesi, con case e automobili date alle fiamme. In uno di questi episodi, un ragazzo palestinese di 15 anni è stato ucciso a Sabastia. Tali azioni, spesso accompagnate da impunità, sono state denunciate da organizzazioni per i diritti umani come Human Rights Watch e B’Tselem.

La politica statunitense e il ruolo di Donald Trump

La recente elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti ha ulteriormente complicato il quadro geopolitico. Il nuovo presidente ha rimosso le sanzioni imposte in passato contro i coloni israeliani, rafforzando il sostegno politico ed economico agli insediamenti. Questa decisione ha suscitato critiche a livello internazionale, con molti osservatori che la considerano un incentivo alla colonizzazione e un ostacolo a una soluzione negoziata del conflitto.

Trump ha inoltre ribadito il suo appoggio incondizionato al governo di Benjamin Netanyahu, definendo l’operazione “Muro di Ferro” una “risposta necessaria al terrorismo”.

Reazioni internazionali e rischio di escalation

L’operazione a Jenin ha attirato l’attenzione della comunità internazionale. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha esortato entrambe le parti a esercitare moderazione, ma le richieste di una de-escalation sembrano cadere nel vuoto.

Il leader palestinese Mahmoud Abbas ha denunciato l’operazione come “una guerra aperta contro il popolo palestinese”, mentre Hamas ha invocato una mobilitazione generale, definendo l’attacco “un’aggressione che mina qualsiasi speranza di pace”.

Un fragile equilibrio

L’incursione a Jenin arriva in un momento critico per la regione. L’accordo di Doha tra Israele e Hamas aveva riacceso la speranza di una tregua duratura, ma le operazioni militari in Cisgiordania e l’intensificazione degli scontri dimostrano quanto sia fragile quell’intesa.

L’obiettivo dichiarato da Netanyahu di colpire l’“asse iraniano” e rafforzare la sicurezza degli insediamenti rischia di alimentare ulteriori tensioni. Jenin, simbolo della resistenza palestinese, è ancora una volta al centro di un conflitto che sembra non trovare mai una via d’uscita.


Condividi su