Siria nel caos: attacchi israeliani e accuse di tradimento tra le fazioni locali


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(Raimondo Schiavone)  – La Siria continua a sprofondare nel caos, tra attacchi israeliani e accuse di tradimento che lacerano le fazioni in lotta per il controllo del Paese. Nelle ultime ore, carri armati israeliani sarebbero entrati nella campagna settentrionale di Quneitra, mentre raid aerei hanno colpito la Prima Divisione ad Al-Kiswah e obiettivi strategici a Izraa, nella provincia di Daraa.

L’operazione militare si inserisce in un contesto di crescente frammentazione, con le forze ribelli e i gruppi locali sempre più divisi tra chi cerca il sostegno di Israele e dell’Occidente e chi invoca una resistenza armata contro ogni forma di influenza straniera.

A denunciare la situazione è il maggiore Khaled, leader della Resistenza Popolare Siriana, che accusa apertamente alcuni gruppi armati di aver aperto la strada all’espansione israeliana in Siria. Secondo lui, la narrativa secondo cui Tel Aviv attacca la Siria solo in risposta alla presenza iraniana sarebbe solo un pretesto: Israele non avrebbe mai smesso di perseguire le proprie ambizioni territoriali nella regione.

Nel suo messaggio, Khaled attacca duramente le fazioni druse di Sweida, accusandole di collaborare con Israele per ottenere protezione, e i ribelli di Idlib, guidati da Abu Mohammad al-Julani, che definisce “il Califfo della Siria distrutta”. Per il comandante della resistenza, i gruppi che un tempo si dichiaravano difensori della dignità nazionale ora servirebbero gli interessi di Tel Aviv e Washington, trasformando il Paese in una colonia di potenze straniere.

Le tensioni interne alla Siria post-Assad sembrano aggravarsi di giorno in giorno. La caduta del regime non ha portato alla stabilità, ma ha invece lasciato il Paese frammentato tra fazioni in lotta per il potere, con influenze esterne sempre più marcate.

Israele, da sempre coinvolto indirettamente nel conflitto siriano, appare ora più attivo che mai, intervenendo direttamente sul territorio. La sua presenza militare nella regione potrebbe ridisegnare gli equilibri di potere, soprattutto in un momento in cui gli Stati Uniti sembrano più interessati alle risorse minerarie ucraine che a garantire sicurezza ai loro alleati in Medio Oriente.

Con la Siria ormai frammentata e senza un’autorità centrale forte, il rischio è che il conflitto si trasformi in una guerra per procura ancora più brutale, con le fazioni locali sempre più dipendenti dai loro sponsor internazionali. E mentre la storia viene riscritta, la popolazione siriana continua a pagare il prezzo più alto di un conflitto che sembra non avere fine.


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