Il Genocidio armeno: cause, prove storiche e negazionismo turco


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Il genocidio armeno, perpetrato tra il 1915 e il 1916 dall’Impero Ottomano, rappresenta uno dei crimini più gravi del XX secolo. Circa 1,5 milioni di armeni furono uccisi attraverso deportazioni forzate, massacri e marce della morte nel deserto siriano. Nonostante l’ampia documentazione storica, la Turchia continua a negare ufficialmente l’accaduto.​

Le radici del genocidio armeno affondano nel contesto politico e sociale dell’Impero Ottomano durante la Prima Guerra Mondiale. Il governo dei Giovani Turchi, al potere dal 1908, perseguiva una politica di omogeneizzazione etnica e religiosa, mirando a creare uno Stato turco-musulmano uniforme. Gli armeni, cristiani e con una forte identità culturale, erano visti come una minaccia interna, soprattutto a causa dei loro legami con la Russia, nemica dell’Impero durante il conflitto.​

Il 24 aprile 1915, considerato l’inizio ufficiale del genocidio, le autorità ottomane arrestarono e uccisero centinaia di intellettuali e leader armeni a Costantinopoli. Seguirono deportazioni di massa verso il deserto siriano, durante le quali molti morirono di fame, sete o per mano dei soldati turchi e delle milizie curde.​

Numerosi documenti e testimonianze attestano la pianificazione e l’esecuzione sistematica del genocidio. Lo storico turco Taner Akçam ha scoperto telegrammi originali di Talat Pasha, ministro degli Interni ottomano, che ordinavano l’eliminazione degli armeni. Questi documenti, conservati negli archivi ottomani, confermano l’intento genocida del governo dell’epoca.

Anche Armin T. Wegner, ufficiale tedesco presente nell’Impero Ottomano durante il genocidio, documentò con fotografie e scritti le atrocità commesse. Le sue immagini sono tra le più significative testimonianze visive dell’evento.

Nonostante le evidenze storiche, la Turchia moderna nega ufficialmente che il genocidio armeno sia avvenuto. Il governo sostiene che le morti furono conseguenza di disordini interni e non di un piano sistematico di sterminio. Questa posizione ha portato a tensioni diplomatiche con diversi Paesi che hanno riconosciuto il genocidio, tra cui Stati Uniti, Francia e Italia.

Il negazionismo si manifesta anche attraverso la censura e la repressione di studiosi e attivisti turchi che cercano di portare alla luce la verità storica. Taner Akçam, ad esempio, ha affrontato minacce e persecuzioni per le sue ricerche.

Il genocidio armeno rimane una ferita aperta nella storia del XX secolo. Il riconoscimento e la memoria di questo crimine sono fondamentali per rendere giustizia alle vittime e prevenire futuri genocidi. La comunità internazionale continua a sollecitare la Turchia affinché affronti il proprio passato e riconosca ufficialmente il genocidio armeno.


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