Colombia. Una riforma storica per il lavoro


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(Federica Cannas) – Il 17 giugno 2025, il Senato colombiano ha fatto qualcosa che fino a poche settimane fa sembrava fuori portata. Ha approvato la riforma del lavoro voluta dal governo Petro, con 56 voti a favore e 31 contrari. Una riforma che adesso entra nella sua fase decisiva, ossia la conciliazione tra Camera e Senato, da completare entro il 20 giugno, e che, se confermata, rappresenterà uno degli interventi più rilevanti degli ultimi decenni per i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici in Colombia. Un testo che tocca la vita reale di milioni di persone e che ha messo in discussione interessi forti, abitudini consolidate e un intero impianto di disuguaglianze.

Tra le principali novità: il ripristino della giornata lavorativa notturna a partire dalle 19:00, la maggiorazione del 100% per il lavoro domenicale e festivo, la promozione del contratto a tempo indeterminato come regola generale, la tutela delle lavoratrici domestiche, delle madri comunitarie, degli operatori scolastici e dei lavoratori delle piattaforme digitali, e la trasformazione del contratto di apprendistato in un vero rapporto di lavoro, retribuito al 75% del salario minimo nel primo anno e al 100% nel secondo. Misure concrete, che puntano non solo a migliorare le condizioni materiali, ma a restituire dignità a milioni di lavoratori finora invisibili.

A rendere possibile tutto questo, oltre al governo Petro, è stata una donna giovane, preparata e tenace: Maria Fernanda “Mafe” Carrascal, deputata del Pacto Histórico. Già relatrice della riforma alla Camera, Carrascal ha seguito passo dopo passo ogni fase del processo legislativo, portando la voce dei movimenti sociali e dei sindacati fino alle aule del Congresso. Ed è proprio lei, con grande coerenza, a essere stata nominata il 18 giugno come conciliatrice ufficiale della riforma insieme al deputato Juan Camilo Londoño, con il compito di armonizzare le versioni approvate dalle due Camere.

Nei suoi canali social, Carrascal ha condiviso un messaggio carico di emozione e gratitudine: “Mi emoziona profondamente raccontarvi alcune delle conquiste che abbiamo raggiunto”, scrive. Parla a cuore aperto al popolo lavoratore, elencando uno a uno i traguardi raggiunti. E sottolinea come nulla di tutto ciò sarebbe stato possibile senza la lotta collettiva, senza l’ostinazione dei sindacati, delle centrali popolari, delle organizzazioni sociali che ogni giorno tengono in piedi la Colombia. “Che sa che la vita non è solo lavorare e lavorare senza diritti né riposo, ma aspira a un lavoro dignitoso che serva a una vita piena”.

La posta in gioco, però, era altissima. Non solo per l’entità dei cambiamenti, ma per il contesto in cui questa riforma ha visto la luce. Fino a pochi giorni fa sembrava impossibile. Il progetto era stato bloccato dal Senato e respinto nella Consulta Popular. Petro, di fronte all’impasse, aveva firmato un decreto per indire un referendum popolare, fissato per il 7 agosto, su dodici quesiti cruciali in materia di lavoro. Poi, in un colpo di scena, la riforma è stata ripresa e approvata. Una vittoria ottenuta democraticamente, come ha tenuto a ribadire Maria Fernanda Carrascal, che non nasconde quanto il percorso sia stato ostacolato da manovre, pressioni e giochi di potere messi in atto da una parte dell’establishment politico e imprenditoriale.

Ma la riforma, oggi, è realtà. E non è una semplice modifica normativa. È una svolta culturale, un segnale di rottura rispetto a decenni di precarietà e disuguaglianza. È anche una risposta alle critiche che hanno accompagnato il governo Petro in questi anni. Invece di cedere ai poteri forti, ha scelto di ascoltare chi lavora, chi lotta, chi sogna una Colombia più giusta. E lo ha fatto grazie anche a figure come Mafe Carrascal, che non si limitano a rappresentare una nuova generazione politica, ma portano con sé un’idea diversa di potere. Non imposto dall’alto, ma costruito dal basso, a partire dalle lotte reali, dai territori, dalle persone che per troppo tempo sono rimaste fuori dai luoghi decisionali.

Ora si attende l’ultima tappa, ossia l’approvazione definitiva del testo armonizzato. Poi la firma del presidente Petro. Ma il significato politico e simbolico di quanto accaduto ha già segnato un prima e un dopo. Mafe Carrascal lo dice chiaramente: “Queste conquiste fanno della riforma del lavoro una delle misure legislative più importanti degli ultimi decenni”.

Non è solo una vittoria legislativa. È l’affermazione concreta che un’altra idea di lavoro, e quindi di Paese, è possibile. E questa volta, non è uno slogan. È il punto di arrivo di una lotta collettiva. Ma soprattutto, il punto di partenza per ripensare il lavoro come strumento di giustizia sociale.


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