
La Siria ha esportato per la prima volta dopo 14 anni una spedizione ufficiale di greggio pesante. Un carico di 600.000 barili è salpato dal porto di Tartus a bordo della petroliera Nissos Christiana, in una transazione conclusa con la società B Serve Energy.
Nel 2010, un anno prima dell’inizio del conflitto armato, la Siria esportava circa 380.000 barili al giorno, rappresentando una fetta significativa delle entrate nazionali (circa il 20 per cento del Pil siriano, la metà delle esportazioni e oltre il 50 per cento delle entrate statali). Tuttavia, con lo scoppio della guerra civile nel 2011, la produzione e le infrastrutture energetiche sono crollate drasticamente sotto il peso delle distruzioni (40mila barili al giorno nel 2023), del controllo da parte di milizie e delle sanzioni internazionali.
La spedizione coincide con un periodo di sconvolgimenti politici: Bashar al-Assad è stato destituito nel dicembre 2024, e il nuovo governo — che molti osservatori non esitano a definire “islamista” — ha avviato una serie di riforme per rilanciare il Paese. Negli ultimi mesi sono state rimosse o allentate sanzioni decisive:
- A giugno, il presidente USA Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo per revocare le sanzioni statunitensi contro la Siria, consentendo alle imprese americane di investire nel settore energetico siriano.
- Contestualmente, l’Unione Europea ha iniziato ad allentare le sanzioni nei settori energetico, dei trasporti e bancario, a condizione che i nuovi leader siriani perseguano una transizione politica inclusiva.

In seguito allo sblocco delle restrizioni americane, alcune aziende statunitensi — tra cui Baker Hughes, Hunt Energy e Argent LNG — si sono impegnate a sviluppare un masterplan per i settori energetico, del gas e dell’elettricità, concentrandosi sulle aree a ovest dell’Eufrate sotto controllo governativo. L’accordo prevede la costruzione di infrastrutture chiave, compresi impianti a ciclo combinato.
Un altro passo rilevante è stato l’accordo con DP World per la gestione di un terminal multipurpose nel porto di Tartus, del valore di 800 milioni di dollari, in sostituzione di un precedente accordo con una società russa.
A inizio agosto, Siria e Iraq hanno avviato una discussione per riattivare il vecchio oleodotto Kirkuk–Baniyas, un tempo fondamentale per trasportare petrolio iracheno verso l’Europa via Siria.
La spedizione è stata accolta come un segnale simbolico e concreto della reintegrazione della Siria nei mercati energetici globali. Riyad al-Joubasi, vice-direttore del settore petrolio e gas al Ministero dell’Energia, ha confermato che il greggio proviene da diversi pozzi interni, sebbene senza specificarne l’ubicazione — la maggior parte degli impianti si trova nel nord-est, sotto l’autorità delle forze curde.
Tuttavia, la cooperazione tra governo centrale e aree controllate dai curdi ha incontrato resistenze legate a questioni di inclusività etnica e diritti.
Sintesi dell’attuale situazione
Aspetto | Dettagli principali |
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Spedizione petrolifera | 600.000 barili di greggio pesante da Tartus (1-set-2025) |
Situazione pre-guerra | Circa 380.000 bpd nel 2010 |
Contesto attuale | Governo post-Assad (da dicembre 2024) cerca rilancio economico |
Sanzioni | Revocate da USA a giugno; UE le attenua a febbraio |
Iniziative internazionali | Masterplan con aziende USA; accordo con DP World; dialogo con Iraq per oleodotto |
Sfide in corso | Stabilità regionale, inclusione delle minoranze, controllo delle infrastrutture |
La prima spedizione ufficiale di greggio siriano dopo oltre un decennio segna una svolta epocale, frutto di una serie di mutamenti politici, diplomatici ed economici. Resta da monitorare l’effettiva capacità del governo di restaurare il settore energetico e la sua stabilità, soprattutto nel rispetto della coesione interna e dei rapporti con la comunità internazionale.