(Redazione) – La Turkish Airlines ha trasferito in Siria e Iraq numerosi mercenari provenienti da diversi paesi. Lo ha rivelato una fonte, che ha preteso di rimanere anonima per timore di mettere a repentaglio la sua vita e quella della sua famiglia, all’agenzia Fars News. Nel suo racconto, la fonte indica una serie di dettagli: “Il 2 luglio, alle 21.10, un aereo ha trasportato 91 mercenari tagiki da Dushanbe a Istanbul, a bordo del volo 254. I mercenari sono stati successivamente trasferiti in Iraq per unirsi ai loro camerati dell’ISIS”.
Secondo questa fonte, rivela l’agenzia di stampa, l’ambasciata saudita a Dushanbe funge da sede per il reclutamento, l’organizzazione e l’invio dei mercenari arruolati nel Tagikistan da mandare verso la Siria e l’Iraq: “Abu Tariq, il primo segretario dell’ambasciata saudita, è incaricato dei pagamenti e dei costi delle spese di trasporto dei militanti”.
La Turkish-Airlines avrebbe trasferito fino a oggi circa 1.000 combattenti tagiki in Iraq.
Abdufattokh Sharipov, portavoce presidenziale del Tagikistan, lo scorso ottobre ha confermato la presenza di numerosi cittadini tagiki nazionalità in Siria, ritenendoli un pericolo per la sicurezza interna del paese nel momento in cui dovessero ritornare in patria. Le autorità tagike avrebbero richiesto a Damasco di fornire a Dushanbe dettagli sui cittadini che combattono in territorio siriano.
Ankara ha sempre negato il suo sostegno ai gruppi jihadisti, e in particolare ai terroristi dell’ISIS, ma le prove del suo coinvolgimento sono schiaccianti. “Avendo il più lungo confine con la Siria,” scrive Orhan Kemal Cengiz, un giornalista turco, “il sostegno della Turchia è di vitale importanza affinché i jihadisti entrino ed escano dal paese”.
Un sostegno che nei piani del premier Recep Tayyip Erdoğan servirebbe a eliminare due entità politiche siriane, il governo di Assad a Damasco e il Rojava (il nascente Stato curdo) nel nord-est.
Per questa ragione la Turchia negli ultimi anni avrebbe pagato all’Isis circa 800 milioni di dollari per le forniture di petrolio. Sono numerose inoltre le informazioni, alcune delle quali sono state rese pubbliche dagli oppositori del premier Recep Tayyip Erdoğan, che dimostrano come decine di soldati turchi in servizio abbiano addestrato i membri dell’Isis.
Secondo il giornalista turco Amberin Zaman “la Turchia fino a qualche tempo fa ha permesso ai combattenti jihadisti di muoversi liberamente attraverso i suoi confini” per combattere i curdi. Il quotidiano online Al-Monitor ha quindi chiesto alla Turchia di chiudere il suo confine all’Isis, mentre Rojava ha minacciato Ankara di “conseguenze disastrose”, se non cesseranno gli aiuti turchi. Il governo di Ankara, ovviamente, ha sempre smentito il suo sostegno all’ISIS.
Nel corso del conflitto in Siria, come hanno rivelato molti cittadini residenti nei pressi del confine, le ambulanze turche si sono recate inoltre nelle zone dei combattimenti tra i jihadisti sunniti e i curdi per poi trasferire i feriti dei miliziani dell’Isis negli ospedali turchi. Persino il comandante dell’Isis, Abu Muhammad, è stato curato in un letto dell’ospedale statale di Hatay dopo essere stato ferito in combattimento.
Secondo il Gran Muftì della Siria, Ahmad Badr Al-Din Hassoun, sono circa 100.000 gli stranieri che stanno combattendo in Siria al fianco delle forze di opposizione al governo di Damasco. Hassoun ha confermato la presenza di miliziani tagiki, così come centinaia di combattenti provenienti da altre ex-repubbliche sovietiche: Azerbaigian, Georgia, Kazakistan, Turkmenistan e Cecenia. Quasi tutti sono entrati dalla Turchia.
Con fonte Syrianpress