Corte saudita condanna a morte l’ayatollah Nimr al-Nimr


0 Condivisioni

 

(Francesco Gori) – Una corte saudita di Riyadh ha condannato a morte, con l’accusa di sedizione, Nimr al-Nimr, importante ayatollah sciita e leader delle proteste anti-governative scoppiate nel 2011 contemporaneamente alle manifestazioni pro-sciite in Bahrein. Lo ha rivelato il fratello, Mohammad al-Nimr, con una dichiarazione su Twitter. Subito dopo il post sul social media, è stato arrestato.

Al-Nimr è sotto processo dal marzo del 2013. I familiari hanno descritto il verdetto come “discrezionale”, in quanto il giudice aveva la possibilità di imporre una pena più lieve. Il processo è stato definito “politico” e un “pericoloso precedente per i decenni a venire”. Secondo Amnesty International la condanna a morte è “parte di una campagna da parte delle autorità dell’ Arabia Saudita per schiacciare ogni dissenso, compresi quelli in difesa dei diritti delle comunità sciita musulmana del Regno”.

I pubblici ministeri hanno chiesto l’ esecuzione con la “crocifissione”, una punizione che in Arabia Saudita prevede la decapitazione seguita dalla esposizione pubblica del corpo decapitato.

Al-Nimr è stato dichiarato colpevole per  aver “disobbedito” al governo del regno e di essersi ribellato alle forze di sicurezza. Inoltre, sarebbe stato anche accusato di aver cercato “ingerenze straniere” nel Paese, con riferimento all’Iran. I familiari di Al-Nimr hanno accusato la corte di aver ignorato la natura “pacifica e non violenta” dell’approccio dell’ayatollah.

Alcuni gruppi che si battono per la difesa dei diritti umani hanno espresso preoccupazione per la sentenza contro il religioso sciita e hanno parlato espressamente di processo non equo. Le associazioni hanno inoltre accusato le autorità saudite di non aver prestato cure mediche adeguate ad Al-Nimr a seguito delle ferite da arma da fuoco subite durante il suo arresto nel luglio 2012. Il Centro Asharq for Human Diritti ha espresso preoccupazione per la salute dell’ayatollah, chiedendo il sostegno internazionale per consentire le visite da parte della famiglia, dell’avvocato e degli attivisti dei diritti umani.

 

 

0 Condivisioni