(Alessia Lai) – La questione era, ed è, solo una: dove e quando. Non c’era un “se” nella purtroppo facile previsione che la follia occidentale di appoggiare, armare, finanziare il cosiddetti ribelli siriani avrebbe partorito qualcosa di orribile nel cuore d’Europa. In queste ore la retorica contrappone con estrema semplificazione il concetto di libertà, anche quella di dissacrare simboli religiosi come nel caso di Charlie Hebdo, all’oscurantismo islamista. È il riflesso pavloviano di chi si abbevera all’informazione standardizzata, quella che non ha mai raccontato la verità sulla Siria, come sulla Libia e ancor prima su Iraq, Afghanistan. Quella che ha sempre e comunque, anche laddove non ha risparmiato qualche critica ai modi e ai tempi, giustificato lo scempio che le potenze alleate occidentali da anni portano nel Vicino Oriente. È la libertà di stampa all’occidentale, quella che non può e quindi non vuole raccontare la verità e preferisce blandire il potere – del quale è espressione e sostegno essenziale – accompagnando le missioni democratizzatrici, sostenendo le condanne senza appello inflitte politicamente ai leader scomodi.
Questa “libertà di stampa” non viene colpita, però, da chi vuole difendere il nome di Maometto. Ad essere annichilita, sotto i colpi dei kalashnikov è una piccola redazione di intemperanti, esagerati, dissacranti disegnatori. Nel cuore di Parigi. In Francia, per lo spazio di una mattinata, si è trasferito l’orrore siriano e iracheno; il terrore dei cristiani, yazidi, curdi, sciiti e sunniti massacrati dagli stessi jihadisti che hanno avuto nei governi occidentali i loro primi e più forti sostenitori. Erano disposti a tutto pur di eliminare Assad – l’ultimo ostacolo al controllo dell’area vicino orientale – e lo hanno dimostrato giocando d’azzardo col destino, forse nella convinzione che sostenere l’abominio jihadista avrebbe comunque circoscritto il massacro al Vicino Oriente, magari guadagnandosi anche il rispetto dei musulmani di casa. Calcolo sbagliato.
La Siria laica era un esempio di convivenza pacifica tra religioni, un baluardo contro la frammentazione e l’intolleranza tra confessioni. L’ingerenza internazionale la ha fatta implodere, liberando il potenziale distruttivo dell’islam (il minuscolo è voluto) più falso, quello dei takfiri, dei fanatici che travisano e manipolano la loro stessa religione. Il loro sentimento trova oggi terreno fertile nella stessa Europa, dove il fallimento dell’integrazione si unisce all’accettazione, da parte dei governi, della retorica anti-islamica inaugurata dai neocon Usa anni fa. La Francia ne ha fatto le spese per prima, probabilmente proprio a causa della sua forte componente musulmana, in gran parte relegata nelle banlieue, ai margini fisici e sociali del Paese. È in questa acqua di coltura che il disagio si lega pericolosamente a visioni religiose radicali. Sospinto a sfogarsi altrove dalla smania di abbattere un nuovo nemico per l’Occidente, l’odio torna però a casa. Sì, a casa. Perché i due terroristi che hanno assaltato Charlie Hebdo sono francesi. Francesissimi.
E allora dove è la barbarie? E dove la civilità? In Siria e Iraq, islamici e cristiani convivevano nel mutuo rispetto fino a che l’Occidente non ha deciso di “liberarli”. È qui, in Europa, che non siamo capaci di convivere e ora l’orrore portato in quei luoghi una volta di pace sta tornando indietro. Alla sua origine. Perché è forse questo nostro occidente il vero incubatore della barbarie, con il suo politicamente corretto, con la ragione del più forte e meglio armato, con la verità meglio e più capillarmente propagandata. Pagheremo ancora. E non perché lo vuole l’inesistente Al Qaida, ma perché coviamo al nostro interno i semi stessi dell’odio e della prepotenza. Perché insultiamo l’Islam non con le vignette ma con un’aggressione continua alle sue terre, pretendendo in casa nostra quella convivenza che esisteva e che abbiamo distrutto per meri interessi strategici e economici.