(Alessandro Aramu) – Si può scrivere dell’idiozia e della sua apologia in poche righe? Si. Perché l’idiota, a differenza di quanto ha fatto Fëdor Dostoevskij nel suo romanzo, merita uno spazio temporale assai ristretto, quello di una scoreggia o, al massimo, di una defecazione. Quello è il suo posto. L’idiota, inteso come persona , non è un un uomo (o una donna) “positivamente buono” ma un essere pericoloso che germina odio e intolleranza. E, dunque, sofferenza. A volte, come capita nell’informazione occidentale, l’idiozia diventa sistema e corrode l’opinione pubblica, manipolandola e ingravidandola di stupidità e ignoranza.
È accaduto con la Siria, quando si è pensato che Bashar al Assad, a poche ore dall’arrivo degli ispettori dell’ONU a Damasco, fosse così stolto da sparare armi chimiche all’indirizzo dei cosiddetti ribelli, sterminando civili inermi in un quartiere della capitale. Una lettura approssimativa e malevola di quei fatti ha fatto credere ciò che in realtà non è mai avvenuto. Autorevoli giornalisti, e non pennivendoli da strapazzo, hanno scritto abbondantemente su questa storia.
Oggi sono in molti a pensare che quelli armi non arrivassero dalle postazioni delle forze governative. In tanti si è infatti rafforzata la convinzione che a utilizzarle siano stati proprio i ribelli, sempre meno insorti e sempre più terroristi. Persino coloro che teorizzavano la caduta del presidente siriano, sono propensi a credere che il principale, se non l’unico, male per la pace e la stabilità in Medio Oriente sia da ricercare tra quei finti rivoluzionari. Mercenari pagati a suon di quattrini dall’Occidente e dalle Monarchie del Golfo, che utilizzano la parola “democrazia” e “libertà” come il paravento per commettere i peggiori crimini contro l’umanità.
Ieri la Siria, oggi la Russia. L’apologia dell’idiozia, di cui la stampa occidentale si fa portabandiera, tende ad attribuire la responsabilità della morte di Boris Nemtsov a Vladimir Putin. Il sottoscritto, sia chiaro, non considera il presidente russo un paladino della libertà (o, come piace dire ai benpensanti, delle libertà) ma certamente gli attribuisce l’indubbia capacità del grande statista e dello stratega che in pochi anni ha riportato il suo paese ai fasti di un tempo. Oggi non si muove un dito a livello internazionale senza che la Russia lo voglia. La forza della diplomazia e la dissuasione delle armi hanno depotenziato il ruolo degli Stati Uniti come unico gendarme del mondo. Che piaccia o meno, ciò che è accaduto in Ucraina è frutto di questa logica e di questa posizione strategica nello scacchiere mondiale.
Vladimir Putin ha molti nemici, interni ed esterni. Alcuni dichiarati, altri no. L’unica cosa che il presidente russo è incapace di fare è uccidere un oppositore a poche centinaia di metri dal Cremlino sotto l’occhio vigile delle telecamere. Non avrebbe avuto alcun interesse a farlo. Le piste, come verrà dimostrato, portano necessariamente da altre parti. Non bisogna essere degli scienziati per comprendere che quell’omicidio è stato compiuto per accusare strumentalmente Putin. E le tensioni nella frontiera orientale dell’Europa fanno da sfondo a questo omicidio in cui tutto ha la trama di un thriller di Ken Follet.
Soltanto l’idiozia del sistema mediatico occidentale giunge a conclusioni diverse. Lo fa con la solita malafede. Con quell’apologia che rende gli uomini buoni in stupidi. Poi in cattivi. E, infine, in pericolosi. E ad essi, oltre il dileggio, conviene dedicare davvero poco tempo: quello di una scoreggia o di una defecazione.
Alessandro Aramu (1970). Giornalista, direttore della Rivista di geopolitica Spondasud. Autore di reportage sulla rivoluzione zapatista in Chiapas (Messico) e sul movimento Hezbollah in Libano, ha curato il saggio Lebanon. Reportage nel cuore della resistenza libanese (Arkadia, 2012). È coautore dei volumi Syria. Quello che i media non dicono (Arkadia 2013) e Middle East. Le politiche del Mediterraneo sullo sfondo della guerra in Siria (Arkadia Editore 2014). Fa parte del Centro Italo Arabo Assadakah ed è vicepresidente nazionale del Coordinamento Nazionale per la Pace in Siria.