Circa il 60% degli elettori iracheni si è recato alle urne oggi per le elezioni legislative, il primo appuntamento dopo il ritiro delle truppe americane a fine 2011. Lo ha annunciato la commissione elettorale dopo la chiusura. Un successo considerando le precarie condizioni di sicurezza e gli attacchi delle milizie qaediste che hanno provocato altre 17 vittime durante il voto nelle vicinanze dei seggi elettorali.
Elezioni blindate a Baghdad, la città è stata chiusa al traffico e sono stati messi in atto controlli senza precedenti alle porte della capitale.
“Negli ultimi dieci anni abbiamo maturato una notevole esperienza – sostiene un soldato di pattuglia a un check point – Abbiamo molta più esperienza rispetto agli eserciti dei paesi confinanti e i terroristi non ci condizionano in questo momento cruciale”.
I risultati dell’elezione sono attesi a metà maggio. “Oggi solo una cosa è chiara”, ha dichiarato l’inviato speciale dell’Onu, Nickolay Mladenov, “coloro che hanno tentato di rovinare la campagna elettorale e lo scrutinio hanno avuto torto. Il popolo iracheno ha dimostrato la dua determinazione nell’esercitare il diritto di voto”. In realtà la situazione del paese è in bilico. Tutto sembra essere tornato come dieci anni fa. Anzi, peggio: Falluja e Ramadi, l’intera regione irachena occidentale di al-Anbar è saldamente nelle mani dello Stato islamico dell’Iraq e della Siria. Jihadisti duri, combattenti che hanno rotto perfino con al-Qaeda, considerata troppo morbida con gli sciiti di cui si arrogano il diritto allo sterminio.