LA STORIA / Shereen e Samer Al-Issawi


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(Paola Di Lullo) – Shereen Al-Issawi è tenuta in isolamento dall’inizio di maggio e alla sua famiglia è stato impedito di farle visita. L’avvocato del Club dei prigionieri, che ha visitato Shireen nella sua cella nel carcere di Neve Tirza, ha riferito che si trova in una cella in cui mancano anche i requisiti minimi per condizioni di vita in buona salute. È chiusa da tutti i lati, ed ha un cancello con una finestra chiusa di vetro che gli agenti della polizia penitenziaria hanno recentemente rimosso poiché la detenuta soffriva di problemi respiratori e ha minacciato di cominciare uno sciopero della fame, soprattutto considerando il clima caldo, che ha colpito il paese, e il mancanza di ventilazione. Ha detto che l’amministrazione penitenziaria impedisce che qualsiasi oggetto elettrico, incluso il televisore, venga introdotto nella cella.

Israele ha trasferito Shireen dal carcere di Hasharon a quello di Neve Tirza con la scusa che incitava i prigionieri. Altre quattro prigioniere ( Naheel Abu ‘Aysha, Ihsan Dababneh, Haniyyeh Nasser e Yasmin Shaaban ) sono state liberate dall’ isolamento.

Shereen Al-Issawi, 35anni, di Gerusalemme, è stata arrestata il 6 marzo 2014, insieme al fratelli Shadi, poi liberato. Il 13 marzo 2014 fu arrestato anche l’altro fratello Medhat, ancora in carcere. Da allora Shireen, tra rinvii continui, privazioni, umiliazioni e sofferenze è ancora in attesa di processo, accusata di aver favorito, quale avvocato, lo scambio di informazioni tra prigionieri in carcere. La prima volta fu arrestata nel 2010.

Nel 2013, scriveva:

“Vi chiedo di unirvi a me. Sono cresciuta all’ombra di una grande autorevolezza, una madre con grandi ideali, che ha sofferto non solo per i suoi figli, ma che ha dovuto lottare per la libertà e la dignità di un popolo. Dai miei ricordi affiora sempre una grande considerazione per mia madre per la sua passione, per la sua dignità e la sua resilienza.
Ha vissuto con l’amore per la Palestina e ci ha educati con quegli stessi suoi ideali ad amare il nostro Paese, a difendere i nostri diritti e a lottare fino a quando questi diritti non vengano raggiunti…. Era una sposa nei primi anni ’70 quando è stata arrestata. È stata in carcere per sei mesi senza mai essere ascoltata da un tribunale.
Durante la prima Intifada, le forze militari israeliane hanno razziato regolarmente la nostra casa mettendo tutto sotto sopra. Alcuni militari colpirono alla schiena mia madre che ancora oggi soffre di mal di schiena cronico, come a ricordare quel giorno. Non si è mai lamentata per il dolore nè fisico, nè morale, anzi ogni giorno che passa lo sopporta di più e lo affronta con coraggio per i suoi figli. Nonostante le sue paure, ci ha cresciuti con grande amore, dignità e forza.
Ho sei fratelli e una sorella. Uno dei miei fratelli è stato ucciso un anno dopo il suo rilascio da una prigione israeliana: Fadi, morto sul colpo quando un soldato israeliano gli ha sparato un proiettile in gola nel 1994. Aveva solo 16 anni. I miei fratelli Ra’fat, Firas e Shadi hanno trascorso complessivamente 25 anni nelle prigioni israeliane. Medhat e Samer sono ancora nelle carceri israeliane.
Anch’io ho trascorso un anno in carcere (nel carcere di Hasharon nel 2010). Credo di essere stata la fortunata della famiglia. Mio fratello Samer è ora in sciopero della fame già da ben 222 giorni.
Durante questo periodo, le forze di occupazione israeliane hanno cercato numerose tattiche per porre fine alla protesta di mio fratello, tra cui la persecuzione della mia famiglia.
Io sono stata recentemente arrestata con lo stesso scopo, convincere mio fratello ad abbandonare il suo sciopero. Tutto quello che riuscivo a pensare, quando mi hanno portata in quella cella di isolamento sporca e fredda, era come incredibilmente mio fratello Samer riescisse, non solo a sopportare l’umiliazione per essere ingiustamente imprigionato da un paese straniero che occupa la nostra terra, ma anche a sopportare le condizioni orribili della prigione e con la forza di volontà a rifiutare il cibo come forma di protesta pacifica. Come mia madre anch’io mi sono impegnata per la lotta contro l’ingiustizia.
Per questo motivo, ho deciso di studiare legge. Ho studiato legge per difendere i miei fratelli, così come tutti i nostri combattenti per la libertà che resistono all’occupazione nelle carceri israeliane, rimanendo saldi in condizioni gravi. E nonostante Israele mi abbia sospesa per 6 mesi dall’esercizio della mia professione, un paese che non dovrebbe avere alcuna autorità su di me o sulla mia licenza, continuerò la campagna per il sostegno internazionale, per chiedere la liberazione di mio fratello Samer e di tutti i prigionieri politici palestinesi.
Continuerò a essere forte fino a quando tutti i miei fratelli saranno liberi, finché il nostro amato paese, la Palestina, sarà libera!”

Durante la sua detenzione, Shereen ha ricevuto il premio per i Diritti Umani “Al Karama Human Rights Award” (“in absentiam”), per le sue posizioni coraggiose nella campagna per i prigionieri politici palestinesi.
Avvocato, attiva prevalentemente nella documentazione e nella denuncia della situazione dei detenuti Palestinesi, soprattutto dei bambini e delle donne, sempre in prima linea contro le violazioni dei diritti umani, Shireen balzò agli “onori delle cronache” quando divenne una spina nel fianco per Israele, a causa della sua campagna mediatica mondiale in supporto del fratello Samer, in sciopero della fame in un carcere israeliano.

Samer Issawi, membro del Fronte Democratico di Liberazione della Palestina, fu arrestato la prima volta nel 2002 e condannato a 26 anni di carcere per presunte attività armate con il Fronte Democratico. Tornato in libertà grazie allo scambio dei prigionieri Palestinesi con il soldato israeliano Shalit, avvenuto nell’autunno del 2011, è stato nuovamente arrestato nel 2012 per essersi recato in Cisgiordania, violando i termini della sua scarcerazione che gli imponevano di non uscire da Gerusalemme. Israele accusava Issawi di essere andato in Cisgiordania allo scopo di «mettere in piedi una cellula armata», ma il palestinese ha sempre negato con decisione ripetendo di essere uscito da Gerusalemme al solo scopo di riparare la sua automobile.

Qualche mese dopo l’arresto e, precisamente, nell’agosto 2012, ha cominciato uno sciopero della fame conclusosi solo 277 giorni dopo. IL PIÙ LUNGO SCIOPERO DELLA FAME MAI SOSTENUTO DA ESSERE UMANO!
Israele gli aveva proposto di essere liberato su cauzione o di essere “deportato” nella Striscia di Gaza, che Samer Issawi ha sempre respinto seccamente, affermando più volte di essere pronto a morire se non fosse stato liberato nella sua città, Gerusalemme.

Il 4 marzo 2013, Samer scriveva:

“Io non sono il primo membro della mia famiglia ad essere incarcerato, nella lunga marcia del mio popolo verso la libertà. Mio nonno, uno dei membri fondatori dell’OLP, è stato condannato a morte dalle autorità del Mandato Britannico, le cui leggi sono utilizzate da Israele ancora oggi per opprimere il mio popolo, ed è riuscito a fuggire poche ore prima che fosse eseguita la sentenza. Mio fratello, Fadi, è stato ucciso nel 1994, all’età di soli 16, dalle forze israeliane durante una manifestazione in Cisgiordania dopo il massacro della Moschea di Ibrahim a Hebron. Medhat, un altro fratello, ha trascorso 19 anni in carcere. I miei fratelli, Firas, Ra’afat e Shadi sono stati ciascuno imprigionati da cinque a 11 anni. Mia sorella, Shireen, è stata arrestata più volte ed ha trascorso un anno in prigione. La casa di mio fratello è stata distrutta. A casa di mia madre l’acqua e l’elettricità sono state tagliate. La mia famiglia, insieme con le persone della mia amata città di Gerusalemme, è continuamente perseguitata e attaccata, ma continua a difendere i diritti dei palestinesi e i prigionieri….
La mia salute è peggiorata notevolmente, ma continuerò il mio sciopero della fame fino alla vittoria o al martirio.”
E poi, ancora, del 9 aprile 2013, la bellissima lettera scritta ad Israele ed agli Israeliani :
“Israeliani, sono Samer Issawi in sciopero della fame da otto mesi consecutivi, attualmente ricoverato in uno dei vostri ospedali chiamato Kaplan. La mia situazione è monitorata 24 ore su 24 grazie ad un dispositivo medico che è stato inserito sul mio corpo. I miei battiti cardiaci sono rallentati e il mio cuore può cessare di battere da un momento all’altro. Tutti – medici, funzionari e ufficiali dell’intelligence – attendono la mia resa e la mia morte.

Ho scelto di rivolgermi a voi intellettuali, scrittori, avvocati, giornalisti, associazioni e attivisti della società civile per invitarvi a farmi a visita, in modo tale che possiate vedere ciò che resta di me, uno scheletro legato ad un letto d’ospedale, circondato da tre carcerieri esausti che, a volte, consumano le loro vivande succulente, in mia presenza. I carcerieri osservano la mia sofferenza, la mia perdita di peso e il mio graduale annullamento. Spesso guardano i loro orologi e si chiedono a sorpresa: come fa questo corpo così martoriato a resistere dopo tutto questo tempo?

Israeliani,

Faccio finta di trovarmi innanzi ad un intellettuale o di parlare con lui davanti ad uno specchio. Vorrei che mi fissasse negli occhi e osservasse il mio stato comatoso, vorrei rimuovere la polvere da sparo dalla sua penna e il suono delle pallottole dalla sua mente,in modo tale che egli sia in grado di scorgere i miei lineamenti scolpiti in profondità nei suoi occhi. Io vedo lui e lui vede me; io lo vedo nervoso per le incertezze future, e lui vede me, un fantasma che rimane con lui e non lo lascia.

Potete ricevere istruzioni per scrivere una storia romantica su di me, e lo potreste fare facilmente. Dopo avermi spogliato della mia umanità, potrete descrivere una creatura che non possiede null’altro che una gabbia toracica, che respira e soffoca per la fame, perdendo di tanto in tanto coscienza. Ma, dopo il vostro freddo silenzio, il racconto che parla di me, non sarà null’altro che una storia letteraria o mediatica da aggiungere al vostro curriculum, e quando i vostri studenti diventeranno adulti crederanno che i Palestinesi si lasciano morire di fame davanti alla spada dell’israeliano Gilad e voi potrete rallegrarvi per questo rituale funebre e per la vostra superiorità culturale e morale.

Israeliani,

Io sono Samer Issawi il giovane “Araboush” come mi definisce il vostro gergo militare, l’Uomo di Gerusalemme che avete arrestato senza accusa, colpevole solo di essersi spostato dal centro di Gerusalemme verso la sua periferia. Io sono stato processato due volte senza alcuna accusa perché nel vostro Paese sono le leggi militari a governare e i servizi segreti a decidere mentre tutti gli altri componenti della società israeliana devono limitarsi a trincerarsi e nascondersi dietro quel forte che continua ad essere chiamato purezza di identità – per sfuggire all’esplosione delle mie ossa sospette. Non ho udito neanche uno di voi intervenire per tentare di porre fine allo squarciante gemito di morte. E’ come se ognuno di voi – il giudice, lo scrittore, l’intellettuale, il giornalista, l’accademico, il mercante e il poeta – si fosse trasformato in un affossatore e indossasse una divisa militare. E stento a credere che una società intera sia diventata spettatrice della mia morte e della mia vita e protettrice dei coloni che hanno distrutto i miei sogni insieme agli alberi della mia Terra.

Israeliani,

Morirò soddisfatto e avendo soddisfatto gli altri. Non accetto di essere portato fuori dalla mia patria. Non accetto i vostri tribunali e le vostre leggi arbitrarie. Dite di aver calpestato e distrutto la mia Terra in nome di una libertà che vi è stata promessa dal vostro Dio, ma non riuscirete a calpestare la mia nobile anima disobbediente. La mia anima si è risanata, si è liberata e ha celebrato il tempo che le avete tolto. Forse capite che la consapevolezza della libertà è più forte di quella della morte… Non date ascolto a quei luoghi comuni, ormai obsoleti perché lo sconfitto non rimarrà sconfitto in eterno così come il vincitore non resterà un vincitore in eterno. La storia non si misura solo attraverso battaglie, massacri e prigioni ma anche e soprattutto dal sentirsi in pace con gli Altri e con se stessi.

Israeliani,

Ascoltate la mia voce, la voce dei nostri tempi, nonché la vostra voce! Liberate voi stessi dell’eccesso avido di potere! Non rimanete prigionieri dei campi militari e delle sbarre di ferro che hanno serrato le vostre menti! Io non sono in attesa di essere liberato da un carceriere ma sto aspettando che voi vi liberiate della mia memoria.”

Il 23 aprile 2013 l’accordo : la sospensione dello sciopero della fame ed altri 8 mesi di prigionia, in cambio della liberazione, che arrivò il 23 dicembre 2013. Samer fu portato in trionfo a casa sua, nel quartiere di Issawiya, il suo villaggio vicino Gerusalemme.
La pace durò poco. Nel marzo 2014 veniva arrestata la sorella Shireen, al sua più accanita sostenitrice e difenditrice, ed il fratello Shadi. Pochi giorni dopo toccò a Medhat ed il 23 giugno di nuovo a lui.
La notizia ghiacciò tutti. Ma ancora più scalpore ha fatto la condanna, emessa contro di lui dal tribunale militare di Ofer, il 10 magio 2015, a 30 anni di reclusione.

La notizia del ripristino della sentenza originale di 30 anni per Samer è stata un colpo molto duro per la famiglia Issawi, continuamente molestata e terrorizzata dalle forze di occupazione israeliana per la loro capacità di recupero coraggioso di fronte alla brutale e illegale occupazione.

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