(Paola Di Lullo) – Avrebbe avuto un permesso speciale per lasciare il carcere e recarsi a trovare la sua famiglia in occasione del Ramadan, Mahmoud Salfiti. Da quel momento in poi, si sono perse le sue tracce. Fonti Palestinesi dichiarano che l’uomo sarebbe andato in Siria a combattere con l’ISIS, pur senza essere in grado di spiegare come abbia potuto lasciare la Striscia, se attraverso i tunnel o i Valico di Rafah ( il che sarebbe un tantino grave, alla luce delle restrizioni imposte ai Palestinesi tutti, o quasi, ed agli internazionali, dal governo egiziano ).
Condannato all’ergastolo (che per la legge di Gaza equivale a 25 anni di prigione) più 10 anni e lavori forzati a vita, in primo grado, insieme all’altro salafita Tamer al-Hasasna (a seguito dell’intervento della famiglia Arrigoni, che chiese di commutare la pena di morte in carcere a vita) ed a 15 anni, durante il processo d’appello, Salfiti faceva parte del commando di salafiti che il 14 aprile 2011 rapirono Vittorio Arrigoni, concedendo ad Hamas 72 ore per liberare, in cambio della vita dell’attivista italiano, il loro leader, Hisham al-Saedni, più noto come sceicco Abu al Walid al Maqdisi, e di alcuni militanti jihadisti detenuti nelle carceri palestinesi.
Il giorno dopo, la polizia di Hamas faceva irruzione nell’appartamento di Nuseirat in cui il commando teneva prigioniero Vittorio. Nello scontro a fuoco, rimasero uccisi un uomo proveniente dalla Giordania, la mente del gruppo, Abdel Rahman Breizat, ed il Palestinese Bilal al Omari, mentre furono arrestati gli altri quattro, Mahmoud Salfiti, 23 anni,Tamer al-Hasasna, 25 anni, Khader Jram, 26 anni, ed Amer Abu Ghoul, 25 anni ( gli ultimi due condannati in primo grado, rispettivamente a 10 e ad 1 anno, per essere stati il primo il contatto e l’informatore, il secondo il basista ).
Vittorio era già morto, ben prima dello scadere dell’ultimatum, per strangolamento, ucciso secondo le forze di sicurezza di Hamas, nella notte tra il 14 e il 15 aprile. L’autopsia, svolta successivamente all’Istituto di medicina legale dell’Università Sapienza di Roma, confermò quanto stabilito a Gaza.
Il processo di primo grado terminò il 17 settembre 2012, ma emerge un dato sconcertante: Amer Abu Ghoul, 25 anni, colui che aveva fornito la casa per il rapimento, fu condannato in contumacia, perché già scarcerato. «Abu Ghoul è già a piede libero da mesi», scriveva Michele Giorgio su Il Manifesto il 18/09/2012, il giorno dopo la sentenza. Non solo. Shaheen Khalil del Palestinian Center od Human Rights, dichiarava il 16/03/2012 al Corriere della Sera «Qualche settimana fa pure il basista, Aamer Abu Ghula, uno che sa molto, è stato inspiegabilmente scarcerato ed è sparito».
Il 17/09/2012, giorno in cui terminò il processo di primo grado, Luca Salerno, Nena News, scriveva sul blog di Vittorio: «Amer Abu-Ghoul, colui che aveva affittato la casa dove Vittorio è stato ucciso e sul cui ruolo sembrano esserci ancora molte ombre, è stato condannato in contumacia ad un anno di prigione».
«Amer Abu Ghoul era originario di Nuseirat, nel centro di Gaza, secondo Al Quds. Il rapporto cita anche una fonte anonima che ha sostenuto che Abu Ghoul era fuggito da un carcere di Hamas in Siria. Abu Ghoul era stato condannato ad un anno di carcere nel mese di settembre 2012 per essere legato al rapimento ed all’omicidio di un attivista italiano Vittorio Arrigoni, nel mese di aprile 2011. Non è del tutto chiaro se Abu Ghoul abbia mai trascorso del tempo in un carcere di Hamas. Secondo l’ Independent , Abu Ghoul è stato condannato in contumacia. Tuttavia, nel febbraio 2013 rapporto dell’AFP dichiarava che “è stato imprigionato per un anno».
Perché è importante Amer Abu-Ghoul? Perché, in questa circostanza, ossia nel momento in cui uno degli assassini di Vittorio Arrigoni, Mahmoud Salfiti, fugge in Siria per combattere nelle fila dell’ISIS, ci torna in mente che Amer Abu-Ghoul veniva ucciso, secondo varie fonti in Siria, ad Aleppo, il 17/11/2013, nelle file di al Nosra.
Se la notizia trovasse conferma, le responsabilità del governo di Hamas, non solo nel processo farsa ai sequestratori nonché assassini di Vittorio Arrigoni, ma anche nella fuga di costoro nelle file dell’ISIS diventerebbe evidente.
Concludiamo con due parole sul processo d’appello: 9 udienze a porte chiuse, di cui non fu informato nemmeno l’avvocato della famiglia Arrigoni, Gilberto Pagani.L’unica udienza che vide la partecipazione del Dr. Pagani, nonché di alcuni italiani, amici di Vittorio, fu la lettura della sentenza: Mahmoud al Salfiti e Tamer al Hassasna, i due militanti dell’organizzazione salafita, responsabili dell’uccisione dell’attivista italiano, si videro la pena ridotta a 15 anni.
Il procuratore avrebbe rivelato a Meri Calvelli, italiana che da anni lavora nella Striscia di Gaza che secondo la legge locale è possibile applicare solo una delle due pene (ne erano previste due : 25 + 10 ) e la corte ha scelto la più lunga. Dei due lustri di carcere che i colpevoli avrebbero dovuto scontare, il stesso procuratore generale affermò che cinque anni erano già stati scontati dagli imputati “per non precisati reati passati”. Quali sono i reati scontati dai killer di Vittorio? E soprattutto perché sono stati usati per diminuire la loro pena resta ancora ignoto. Buio totale anche sulle motivazioni che hanno portato alla sentenza d’appello, di cui sembra nessuno ne conosca le ragioni o le possibili attenuanti usate dai legali dei colpevoli.
Nella foto: Amer Abu-Ghoul. Fonte: http://arabnyheter.info/ar/archives/47485