(Cristoforo Spinella) – La strage di Suruc ha in calce la firma dell’Isis ma non ancora un autore certo. Il giorno dopo l’esplosione che ha causato la morte di 32 persone in un centro culturale della città turca al confine con la Siria, il nome del kamikaze resta un mistero. Perchè nel frattempo 31 corpi sono stati identificati – e molti già sepolti – ma di quello restante, probabilmente dell’attentatore, gli inquirenti ancora non dicono nulla. «In 24 ore siamo riusciti a mettere insieme i pezzi come in un mosaico», racconta una fonte degli esperti forensi giunti sul posto. Uno dei corpi, però, è ancora senza nome. E irriconoscibile. Addosso gli hanno trovato la carta d’identità del 20enne turco Abdurrahman Alagoz, originario della provincia sudorientale di Adiyaman. La madre ha raccontato che il ragazzo era fuggito da sei mesi con il fratello Yunus, per fare ritorno solo una decina di giorni fa.
Poi, di nuovo nessuna traccia: «Non ci hanno detto dove andavano e che lavoro hanno trovato. Non so se si sia unito all’Isis. Era un bravo ragazzo», ha detto ai media turchi. Per gli inquirenti è stato probabilmente reclutato da una rete di jihadisti molto attiva in Turchia. Ma che sia lui il kamikaze di Suruc ancora non viene confermato. Anche perchè inizialmente in molti avevano parlato di una ragazza. Un equivoco, si suppone ora, nato perchè l’attentatore era nascosto dietro un velo integrale, o quasi. Un giallo che potrebbe essere risolto nelle prossime ore. «Un sospetto è stato identificato – ha confermato stamane il premier turco Ahmet Davutoglu, che a Suruc ha visitato un gruppo dei feriti nell’attentato -. I suoi legami sono ancora sotto indagine, ma le probabilità di un collegamento con Daesh (l’Isis, ndr) si sono rafforzate».
Il premier respinge le accuse di negligenza piovute sull’intelligence turca, sottolineando che gli attivisti erano stati identificati durante il viaggio verso Suruc: «Per come stanno le cose, il massacro è stato commesso o da un infiltrato o da qualcuno interno al gruppo». La Turchia prova così ad allontanare i sospetti di aver lasciato troppo spazio all’Isis, o di averlo direttamente supportato. Nell’ultimo mese l’intelligence avrebbe avvisato le autorità di possibili attacchi jihadisti in almeno due occasioni. Secondo i media, Ankara sarebbe anche stata a conoscenza della presenza nel suo territorio della 18enne Ozlem Yilmaz, inizialmente sospettata di essere la kamikaze di Suruc, in compagnia di altre due donne legate all’Isis, Fadime Kurt e Nuray Demirel.
«La Turchia non ha mostrato nessuna tolleranza verso organizzazioni terroristiche», ha dovuto ribadire oggi Davutoglu, assicurando che «le misure di sicurezza ai confini saranno rafforzate». Ma il giallo di Suruc lascia ancora molte ombre sulle responsabilità di Ankara, come nello scandalo delle armi inviate ai jihadisti in Siria, rivelato dal quotidiano Cumhuriyet e mai chiarito: «Suruc – attacca ora il suo direttore, Can Dundar – è il frutto insanguinato della politica dell’Akp e del Mit (i servizi segreti, ndr) su Siria e Isis».