Con Corbyn la sinistra anti austerità avanza in Europa


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(Marco Galdi) – L’esperimento greco di Syriza, primo governo di sinistra radicale nell’Europa occidentale del dopoguerra, è finito con la spaccatura del partito. Le piroette di Alexis Tsipras, il «fuoco amico» del leader dell’ala radicale Panagiotis Lafazanis e dell’ex ministro delle finanze Yanis Varoufakis, la durezza delle riforme volute da Berlino e dall’Eurozona (nonostante le attenuazioni chieste da Parigi e Roma) potrebbero aver minato la popolarità del premier.

La verifica arriverà nel voto anticipato del 20 settembre. Ma intanto il germe della sinistra anti-austerità, che dice «no» ai compromessi, che non vuole più adattarsi a fare da stampella del centro-sinistra-centro che governa l’Europa da 70 anni, si diffonde. Appare questo il senso della trionfale elezione di Jeremy Corbyn a segretario del partito laburista britannico.

Una svolta netta, tanto prevista nei sondaggi degli ultimi mesi ma non diagnosticabile fino a maggio scorso, quando sembrava che il Labour avrebbe potuto stringere alle corde se non battere David Cameron. In Italia chi esulta per l’elezione di Corbyn a segretario del partito laburista britannico è Paolo Ferrero. «Rappresenta un ceffone per Blair, Renzi e la Merkel, il partito unico del capitale e delle banche che governa l’Europa», dice il leader del Partito per la rifondazione comunista.

Il ceffone c’è, ma al di là delle suggestioni sembra il frutto di una polarizzazione dell’opinione pubblica piuttosto che di una svolta a sinistra. L’elettorato non conservatore, in Grecia e in Spagna ha dato fiducia a Syriza e premiato Podemos – la primavera scorsa – ma si è anche rapidamente ritirato di fronte alle proposte che oggi sembrano troppo radicali. Parlare di nazionalizzazioni, di redistribuzione della ricchezza, di ineguaglianze da correggere – temi che furono programma di governo della DC di Fanfani nell’Italia del boom anni ’60 – spaventa ancora la maggioranza di centrodestra.

Ma se è vero che l’ascesa di Corbyn «ribelle di lungo corso», come lo definisce il Washington Post, è probabilmente legata alla richiesta di rinnovamento di un partito che quattro mesi fa ha perso malamente le elezioni e quindi si ricompatta sui minimi valori comuni della narrativa progressista, è anche vero che dopo quasi tre decenni di «compromessi storici», il popolo progressista chiede un cambiamento profondo.

Non a caso in Grecia il Pasok è ai minimi termini, in Spagna il Psoe combatte contro Podemos, in Italia il Pd vede avvicinarsi nei sondaggi il M5S e persino negli Stati Uniti è stato il senatore del Vermont Bernie Sanders, che si definisce «socialista democratico», a battere Hillary Clinton nei sondaggi per le primarie del Partito Democratico nel New Hampshire e nell’Iowa.

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