(Paola Di Lullo) – Kuffr Qaddoum è l’ultimo villaggio, in cui si svolgono marce settimanali contro il muro, gli insediamenti e l’apartheid, che visitiamo prima di recarci a sud, in Al Khalil. Se Bil’in si trova in area A (area a totale controllo Palestinese, in base agli Accordi di Oslo), Nabi Saleh in area B (area a controllo misto, civile palestinese e israeliano per la security) il villaggio ed in area C (area a totale controllo israeliano) il lato opposto del paese (in collina, dove si trova l’insediamento di Halamish, costruito su un terreno che appartiene ancora ai residenti di Nabi Saleh), Kuffr Qaddoum si trova in area B ( area a controllo misto, civile palestinese e israeliano per la security).
Il villaggio sorge a 13 km da Nablus, ma la strada che lo congiungerebbe alla città è stata chiusa ai Palestinesi dall’esercito israeliano nel 2003, per impedire loro di attraversare le colonie illegali che, man mano, hanno cominciato a crescere intorno al villaggio. Oggi, gli insediamenti, considerati illegali dalla comunità internazionale, che circondano Kuffr Qaddoum sono 6, il più importante Qudoumin (o Kedumim ). Migliaia sono i dumus ( 1 dumus = 1 ettaro ) confiscati agli abitanti del villaggio per la costruzione delle colonie, con ingenti perdite di “terra palestinese”, e per l’agricoltura. Kuffr Qaddoum è l’unico villaggio che non è stato circondato da muro o da fence, perché gli israeliani non ne hanno bisogno, vogliono tutto il villaggio.
Dal 1 luglio 2011, anche qui sono cominciate le marce di protesta non violenta contro gli insediamenti illegali e la chiusura della strada principale, sebbene i Palestinesi ne abbiano costruita una alternativa.
Incontriamo Murad Shtaiwi, leader del Comitato Popolare di Resistenza Non Violenta di Kuffr Qaddoum nella sua casa, all’ingresso del villaggio. All’esterno è ancora possibile “sentire” la puzza delle acque putride che i soldati israeliani avevano sparato dai loro bulldozer nelle case, il venerdì precedente. Di sicuro il caldo di quei giorni sedimentava il persistente cattivo odore, piuttosto che disperderlo nell’aria.
Per chi è abituato, o per chi non ha mai avuto il piacere di “sentirla”, le parole non sono sufficienti a descrivere con esattezza quella percezione. Di sicuro io pensavo ai miei concittadini che, giustamente si ribellano se la spazzatura resta in strada senza essere raccolta, anche se solo per un giorno, e li ho immaginati tutti lì, alle porte della casa di Murad a storcere il naso. La casa era uno splendore, molto accogliente, come il proprietario e la sua giovane moglie, che abbiamo incontrato poco prima di congedarci, affaccendata con i suoi bambini. Nonostante Murad lamenti quasi ogni venerdì che la sua casa diventi inabitabile, posso garantire che all’interno non filtrava assolutamente nulla dall’esterno, tranne gli schiamazzi dei bambini che giocavano in strada.
Quando parliamo della scelta, anche di questo villaggio, di ospitare manifestazioni non violente, Murad dice che, sebbene sia orgoglioso della storia della Palestina e delle due Intifade, perché è dal passato e sul passato che si costruisce il futuro, la strada della resistenza armata risulta, oggi, impraticabile, perché Israele è molto più forte e meglio armato di loro, ma questo il mondo non lo sa, o non vuole saperlo. Durante la II Intifada, quando le armi in campo erano impari, il mondo, invece, credeva che fossero pari. Questa mancanza di conoscenza, dovuta alle informazioni scorrette dei media mainstream, controllati da Israele, hanno fatto perdere alla Palestina ed ai Palestinesi il consenso ed il supporto internazionale, cosa che, sistematicamente continua ad accadere, dice Murad, quando, per esempio, da Gaza vengono sparati razzi contro Israele.
Loro hanno scelto di mostrare al mondo la loro verità : non sono violenti, vogliono la pace, non senza i loro diritti.
Le donne Palestinesi non partecipano alle manifestazioni di Kuffr Qaddoum, si può trovare solo qualche internazionale, ma ciò non ridimensiona il loro ruolo.
Differentemente da Bil’in e Nabi Saleh, dove ai lati della strada in cui si marcia, c’è campagna aperta, dove è possibile scappare e nascondersi, a Kuffr Qaddoum la strada è chiusa, circondata da case. Il compito delle donne è stare sui tetti per avvisare i manifestanti, uomini e bambini, dell’arrivo dell’esercito israeliano.
Le repressioni delle marce, probabilmente per questo motivo, sono più violente a Kuffr Qaddoum che altrove. Nonostante ciò, ogni venerdì si registrano molti feriti, ma uno solo è stato il martire delle marce, nel gennaio del 2014, l’ottantacinquenne Saeed Jaser Ali, stroncato da una crisi respiratoria causata dall’inalazione di troppi lacrimogeni.
Anche Murad, come gli altri leaders dei Comitati Popolari, e tanti altri Palestinesi, è stato arrestato. La sua colpa? Organizzare manifestazioni settimanali che per Israele sono un crimine, in quanto istigano alla violenza, ed aver incitato altre persone a parteciparvi. Le manifestazioni nei territori occupati sono interamente vietate dal diritto militare israeliano, il che significa che qualsiasi protesta o corteo è considerato illegale. Inoltre, anche l’accusa di “incitamento” non significa necessariamente l’incitamento alla violenza, ma si riferisce a qualsiasi forma di rivolta o di protesta.
Murad è stato in carcere 3 volte.
La prima volta lo hanno arrestato il 17 marzo 2012, è stato in carcere 7 giorni ed è stato rilasciato dopo aver pagato una multa di 7.000 shekels. La seconda volta lo hanno preso il 20 dicembre 2013. I soldati si erano nascosti e, prima della manifestazione, avevano fatto esplodere un lacrimogeno. Lui si era recato sul posto per vedere cosa stesse succedendo e così riuscirono a portarlo in carcere. Anche questa volta per 7 giorni, senza accuse e senza processo, e con una multa di 7.500 shekels. La terza volta, lo hanno arrestato il 29 aprile 2014, nel bel mezzo della notte e gli è stato negato il diritto ad un processo equo. Il 9 luglio, un tribunale militare israeliano ha rinviato l’udienza del suo caso per sei settimane, senza dare alcuna spiegazione. Le sue udienze dinanzi ad un giudice sono state ben 19, 3 nel tribunale militare di Ofer e le altre nel tribunale militare di Salim, nel carcere di Megiddo, dove era detenuto e dove ha sofferto di molti problemi di salute. Il suo avvocato, Adel Samara, ha affermato che Murad ha perso oltre 9 chili di peso a causa di celle non idonee.
In precedenza, le forze di occupazione avevano tentato di arrestare suo figlio, Mo’men, 2 anni. Il 4 dicembre 2014, era stato condannato a 9 mesi e mezzo di carcere ed al pagamento di una multa di 10.000 shekels, che, se avesse rifiutato di pagare, gli sarebbe valsa altri 10 mesi di carcere. E’ stato rilasciato il 22 gennaio 2015. Gli è stato vietato di partecipare a manifestazioni contro l’esercito israeliano per 5 anni. Se lo arrestassero durante una manifestazione, la pena sarebbe di 18 mesi. In compenso, dice, può parlare in pubblico, girare liberamente per la Palestina Occupata ed andare all’estero.
Mentre i primi due arresti erano stati di breve durata e non aveva subito processo, perché non esistevano prove evidenti a suo carico, la terza volta la situazione era diversa. L’esercito israeliano si era premunito di arrestare due persone che, spinte dai modi garbati e gentili, abitualmente usati nei centri di detenzione israeliana, avevano confessato ogni cosa riguardante le sue attività. I nomi delle due persone, per evidenti motivi di sicurezza, restano anonimi.
Dopo questo racconto, una cappa di oppressione ci sovrasta e quindi decidiamo di guardare al futuro, ai progetti di Murad che, oltre la cura per la sua famiglia, continua a dedicare la sua vita alla lotta contro l’occupazione che sta letteralmente divorando il suo villaggio. Murad e gli abitanti di Kuffr Qaddoum non si fermeranno finché non verrà riconsegnata loro, riaperta, la strada che conduce a Nablus e finché coloni e soldati continueranno a minacciare le loro terre. E sogna Murad, quest’uomo dallo sguardo determinato, sogna di poter contribuire allo sviluppo economico del suo povero villaggio, dove lavoro non ce n’è, dove non ci sono fabbriche, dove l’acqua, che arriva da Nablus, deve passare attraverso condutture vecchie di 30 anni.
E sogna la fine dell’occupazione, nell’unico modo che gli sembra realistico, la soluzione due stati, con Israele nei confini del 1967 ed una Palestina finalmente libera e sovrana e con Gerusalemme capitale e con una strada che consenta la libera circolazione da e per Gaza….è talmente persuasivo che, quasi quasi, gli credo.
Prima di salutarci, ci accompagna con una delle sue piccole figlie, sulla strada che Israele ha loro rubato…l’ultima immagine che ho di lui, mi riporta alla mente le parole del Che “Bisogna essere duri senza mai perdere la tenerezza”