(Simona Planu) – Si gioca a carte scoperte la battaglia contro le libertà personali, l’indipendenza e il rispetto dei Diritti. E’ una battaglia ad armi impari non solo perché supportata dalla forza militare, ma perché il suo messaggio si propaga con la subdola inconsapevolezza di chi crede che protezione e sicurezza debbano passare, inevitabilmente, per la disconoscenza dell’essere umano e dei suoi diritti.
Parla all’Europa il ministro della Difesa israeliano, Moshe Ya’alon, auspica una politica di equilibrio tra sicurezza e protezione dei Diritti Umani, dove l’ago della bilancia è fermo nella prima. La ricetta dei politici europei, non sembra allontanarsi più di tanto da quella prevista dal ministro israeliano. In pochi giorni abbiamo sentito e visto qual è la direzione presa da chi ci governa.
Si decide in quale maniera debba avvenire una transizione democratica, chi deve governare un paese e chi no, si da l’avvio ad operazioni militari, si identificano corpi speciali di polizia che, si dice, avranno il compito di proteggere le nostre vite, si parla di chiusura delle frontiere e di stato di emergenza. In poche parole si distrugge tutto quello che si dice di proteggere. D’altronde i segnali c’erano già tutti, le immagini dei migranti sugli scogli a Ventimiglia, delle bare disposte in fila a Lampedusa sono quello che rimane di un’Europa che ha perso la sfida più importante quella su cui si basa la sua stessa esistenza.
“Le grandi lotte del ventesimo secolo tra libertà e totalitarismo sono terminate con una decisiva vittoria delle forze della libertà, e un unico modello sostenibile per il successo nazionale: libertà, democrazia e libera impresa. Nel ventunesimo secolo, solo le nazioni che condividono l’impegno per la protezione dei Diritti Umani e garantiscono la libertà economica e politica saranno capaci di liberare il potenziale dei loro cittadini e assicurare il loro futuro di prosperità. Le persone in ogni luogo vogliono poter parlare liberamente, scegliere da chi essere governati, pregare come vogliono e godere dei benefici del proprio lavoro”. Iniziava così la National Security Strategy, le linee strategiche che gli Stati Uniti d’America proponevano come modello al mondo intero.
Era il 2002 e la retorica di libertà, democrazia e Diritti Umani veniva utilizzata per legittimare le azioni di guerra che hanno distrutto l’Afghanistan all’indomani dell’11 settembre e che, solo qualche mese dopo, faranno lo stesso in Iraq. E’ il preambolo della cosiddetta Dottrina Bush, che presenta un unico modello da difendere e diffondere. Come ci dice il testo, la sfida che il mondo deve sopportare, è una guerra di idee. La presunzione di vivere in quella parte dove giustizia, rispetto dei diritti e delle libertà sono garantiti, costituiva l’argomento a favore della tesi secondo cui chi è migliore e giusto deve contribuire a far diventare migliori e giusti gli altri.
Poco importa se all’interno della Strategia Nazionale per la Sicurezza, si legittima l’autodifesa preventiva unilaterale e si fa capire che gli Stati Uniti non sono vincolati da nessuna giurisdizione internazionale, in quanto non assoggettati ai poteri della Corte Penale Internazionale. Poco importa se quel modello presentato come migliore, nei fatti, è un modello dove la fede è una discriminante, la libertà di espressione è soffocata e il lavoro è ridotto a un sistema di sfruttamento e di controllo che non libera idee, ma che le riduce ad assoggettamento passivo.
Da allora il mondo è cambiato e l’indottrinamento politico alla sicurezza ha fatto scuola. La retorica coloniale sembra essere solo un orpello di poco conto. Il rispetto dei diritti e della dignità umana possono tranquillamente cedere il passo a un presunto senso di sicurezza.
E’ il via libera esplicito e dichiarato all’anarchia istituzionale. Non importa se i mezzi di comunicazione di massa sono, oggi, affiancati dai mezzi di comunicazione della massa. Le immagini di ospedali che crollano, di bambini arrestati e torturati, fisicamente e psicologicamente, spesso non arrivano nemmeno alla pietà umana, figuriamoci al senso di giustizia.
Ed è in in nome della sicurezza nazionale che si esplicita quest’assenza di regole, dove la dignità umana e la libertà intellettuale sono soppiantate dalla forza coercitiva. Si manifesta all’interno dei confini degli stati nazione ed esce, rafforzata e strumentalizzata dal messaggio di sfida globale, per la salvaguardia di interessi e collaborazioni internazionali.
Per gli stessi interessi, cala il silenzio sui diritto del singolo. E’ così che viene utilizzato il segreto di stato per coprire le indagini sui propri cittadini morti ammazzati nei teatri di guerra, dove coloro che chiamiamo terroristi e dittatori, sono spesso stati eletti dal popolo o comunque governano con il consenso della maggioranza del paese. Tra di loro ci sono i non allineati, quelli che non sottostanno ad un modello imposto da altri, quel modello che fa della politica la mano invisibile dell’investitore e che propone l’utilizzo della forza come sistema di finanza globale.