Chi arma Israele? Analisi delle esportazioni di armamenti e il ruolo dell’Italia


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(Francesco Levoni) – Dalla ripresa del conflitto tra Israele e Hamas il 7 ottobre 2023, l’attenzione dell’opinione pubblica e della comunità internazionale si è nuovamente focalizzata sulla provenienza degli armamenti utilizzati nello scenario mediorientale. Secondo i dati più recenti del SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute), aggiornati ad aprile 2025, Israele continua a ricevere la stragrande maggioranza del proprio armamento da due principali fornitori: gli Stati Uniti e la Germania. Questi due Paesi coprono insieme il 99% delle forniture di armamenti verso Tel Aviv: il 66% proviene dagli Stati Uniti, il 33% dalla Germania.

Il ruolo degli Stati Uniti e della Germania

Gli Stati Uniti sono, storicamente, il principale alleato militare di Israele. Le forniture includono jet da combattimento (come gli F-35 e F-16), elicotteri da attacco, missili guidati, bombe intelligenti, e sistemi di difesa antimissile come il famoso “Iron Dome”, finanziato in larga parte proprio dal governo statunitense. Secondo il Congressional Research Service, Washington ha fornito a Israele oltre 3,8 miliardi di dollari all’anno in aiuti militari diretti, un patto consolidato nel Memorandum of Understanding firmato nel 2016 per un decennio.

La Germania, secondo esportatore con il 33% delle forniture, ha rafforzato i legami militari con Israele negli ultimi anni, fornendo in particolare sottomarini avanzati della classe Dolphin, corvette missilistiche e altri sistemi navali e terrestri. Tali esportazioni si inseriscono in un quadro di cooperazione bilaterale storicamente motivato anche da fattori politici e simbolici legati alla memoria dell’Olocausto.

L’Italia e la sospensione delle nuove autorizzazioni

In questo quadro geopolitico e commerciale si inserisce il dato italiano. Come riportato dal SIPRI, l’Italia ha contribuito con lo 0,9% delle esportazioni totali di armamenti verso Israele. Sebbene possa sembrare una quota marginale, è un dato significativo se si considerano i vincoli posti dal diritto internazionale e dalle politiche europee in materia di esportazioni militari.

Dal 7 ottobre 2023, il governo italiano ha deciso di sospendere la concessione di nuove autorizzazioni all’esportazione di armamenti verso Israele, come riportato anche nella comunicazione ufficiale del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Tuttavia, la sospensione riguarda solo le nuove autorizzazioni: non sono stati bloccati i contratti già autorizzati prima di tale data. Questo significa che forniture in corso o contratti preesistenti hanno continuato a essere eseguiti, sebbene sotto monitoraggio.

Le aziende italiane coinvolte

Tra le principali aziende italiane che operano nel settore della difesa con rapporti diretti o indiretti con Israele vi sono:

  • Leonardo S.p.A., una delle più grandi società europee nel settore aerospaziale e della difesa. Secondo report pubblici, Leonardo ha storicamente intrattenuto rapporti con aziende israeliane, in particolare per la fornitura di componenti avionici e collaborazioni tecnologiche.

  • RWM Italia (una controllata della tedesca Rheinmetall), con sede a Domusnovas, in Sardegna. L’azienda è nota per la produzione di bombe e munizioni, alcune delle quali sono state esportate anche verso Paesi del Medio Oriente, sebbene le forniture dirette a Israele non siano state confermate ufficialmente negli ultimi aggiornamenti. Tuttavia, ONG come Rete Italiana Pace e Disarmo e Amnesty International hanno sollevato dubbi sulla tracciabilità finale di alcuni carichi.

  • Elettronica S.p.A., attiva nel settore dei sistemi di guerra elettronica, che ha collaborazioni strategiche anche con partner israeliani, tra cui Elbit Systems e Rafael.

Secondo i dati ufficiali contenuti nella Relazione annuale al Parlamento sulle esportazioni di armamenti, l’Italia ha autorizzato negli anni precedenti al 2023 la vendita di tecnologie di difesa a Israele per decine di milioni di euro, comprendenti radar, componenti elettronici, pezzi di ricambio per aeromobili, missili, e software per la cyber defense.

Il dibattito politico e la società civile

La decisione di sospendere le nuove autorizzazioni dopo il 7 ottobre 2023 è stata accolta positivamente da una parte dell’opinione pubblica e da diverse organizzazioni della società civile. Tuttavia, molte associazioni chiedono che il governo italiano faccia un passo ulteriore: revocare anche le autorizzazioni già concesse, in coerenza con i principi sanciti dalla Legge 185/1990, che vieta l’esportazione di armi verso Paesi coinvolti in conflitti armati o responsabili di gravi violazioni dei diritti umani.

Il Parlamento italiano, fino a oggi, non ha votato alcuna mozione vincolante in merito alla sospensione totale delle forniture verso Israele, ma la questione rimane aperta, alimentata anche dal dibattito europeo sulla necessità di un controllo più rigoroso degli export militari da parte degli Stati membri.

L’immagine restituita dal SIPRI ad aprile 2025 è chiara: Israele dipende quasi esclusivamente da Stati Uniti e Germania per il proprio arsenale militare. L’Italia gioca un ruolo marginale, ma non irrilevante. La sospensione delle nuove autorizzazioni è un segnale politico importante, che però non cancella il passato né blocca le esportazioni già autorizzate. La trasparenza, la tracciabilità e il rispetto delle norme internazionali devono restare al centro del dibattito su un tema tanto cruciale quanto controverso come quello dell’export di armamenti verso scenari di conflitto.

Export di armi: Italia sesta al mondo con un +138% in cinque anni

L’Italia ha registrato un’impennata senza precedenti nella classifica mondiale dei principali esportatori di armamenti pesanti. Secondo l’ultimo rapporto pubblicato dal SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute), nel quinquennio 2020–2024 le esportazioni italiane sono aumentate del 138% rispetto al periodo 2015–2019, facendo salire il Paese dal decimo al sesto posto nella graduatoria globale, con una quota del 4,8%.

Nessun altro Stato ha fatto registrare un incremento percentuale così elevato nello stesso arco temporale.

Il rapporto del SIPRI, istituto indipendente specializzato in studi su conflitti, armamenti e disarmo, analizza flussi, tendenze e implicazioni politiche dei trasferimenti di armi pesanti a livello mondiale, mettendo in luce anche le principali aree di destinazione.

Nel caso italiano, il Medioriente si conferma come principale mercato di riferimento: l’Italia è risultata il secondo fornitore della regione, dopo gli Stati Uniti, coprendo il 13% delle esportazioni totali verso quest’area. In particolare, il 28% delle forniture italiane è stato destinato al Qatar, seguito da Kuwait ed Egitto (entrambi con il 18%).

Una dinamica che riflette coerentemente l’indirizzo politico adottato negli ultimi anni in materia di export militare da parte del governo italiano.


Fonti consultate: SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute), aprile 2025; Relazione annuale MAECI sull’export di armamenti; Congressional Research Service; Amnesty International; Rete Italiana Pace e Disarmo; comunicati ufficiali Leonardo, RWM Italia, Elettronica S.p.A.


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