Malgrado le resistenza del premier Erdogan, che ha decapitato i vertici della polizia di Ankara e Istanbul, va avanti l’inchiesta sulla corruzione in Turchia, uno scandalo senza precedenti che sta travolgendo il governo islamico conservatore, a soli quattro mesi dalle elezioni municipali. La giustizia turca ha incriminato e disposto l’arresto preventivo dei figli di due ministri molto vicini a Erdogan. Al termine di una notte di interrogatori nel palazzo di giustizia di Istanbul, Baris Güler e Kaan Caglayan, figli del ministro degli Interni Muammer Güler e dell’Economia Zafer Caglayan, sono stati arrestati su richiesta del procuratore incaricato del dossier.
Oltre a questi ultimi due arresti, circa altre venti personalità vicine al governo sono state arrestate ieri in Turchia, fra cui il direttore della banca pubblica Halk Bankasi, Suleyman Aslan, e il manager azero, Reza Zerrab, tutti sospettati di corruzione, frode e reciclaggio, nell’ambito di un’inchiesta sulla vendita di oro e su transazioni finanziare tra Turchia e Iran sotto embargo.
Riferendosi all’inchiesta, che nei giorni scorsi ha portato all’arresto di 52 persone, Erdogan ha parlato di “uno Stato nello Stato che rema contro lo sviluppo della Turchia”. “Mentre noi lavoriamo per fare della Turchia uno dei Paesi leader al mondo nel 2023, altri remano contro, con lo scopo di frenare la crescita della Turchia” ha accusato ancora il Primo Ministro. Il leader dell’opposizione Kemal Kilicdaroglu ha denunciato un “intervento politico”, il portavoce del suo partito Chp Haluk Koc ha parlato di un tentativo di insabbiare l’inchiesta.
Secondo vari analisti turchi, la vicenda è da leggere sullo sfondo dello scontro, ormai a tutto campo, tra i sostenitori del leader musulmano Fetullah Gulen e il premier Erdogan in vista delle amministrative di marzo.