(Rick Rozoff) – Questo escursus sulle relazioni tra la NATO e l’Ucraina relativizza, di fatto, le analisi che si possono fare degli avvenimenti di Kiev: dal 1991 e dal momento dell’adesione al Consiglio di cooperazione atlantica, il paese si avvicina in maniera, pare, inesorabile all’Alleanza, senza che il suo popolo sia consultato.
Con un’estensione di circa 2400 chilometri su terra e sul mare, la frontiera ucraina è la più lunga tra quelle che la Russia condivide con i suoi vicini occidentali, quella che la separa dalla Finlandia arriva solo al secondo posto.
Fino alla fine della guerra fredda, un solo paese membro dell’organizzazione del trattato nordatlantico aveva una frontiera in comune con la Russia: si trattava della Norvegia, una frontiera di soli 217 chilometri (quanto alla Turchia, era confinante con diverse repubbliche sovietiche).
Durante il decennio di espansione della NATO, che è cominciato nel 1999, sono apparsi ai confini del territorio russo quattro nuovi membri del blocco militare dominato dagli Stati Uniti: l’Estonia e la Lettonia, direttamente connessi alla Russia da nordovest, la Polonia e la Lituania indirettamente legati alla Russia con l’enclave di Kaliningrad.
L’assorbimento dell’Ucraina da parte della NATO in quanto membro a se stante, o anche nelle condizioni attuali (cioè in qualità di partner che mette a disposizione il suo territorio, il suo esercito e le infrastrutture militari a disposizione dell’alleanza), avrebbe come conseguenza – con una possibile adesione della Finlandia – l’occupazione di tutto il fronte occidentale della Russia, dell’oceano Artico e del mare di Barents a nord e del mar Nero a sud, non solamente con delle basi aeree della NATO, ma anche con delle installazioni portuali, delle rampe di lancio di missili, dei campi di addestramento, aerodromi militari, installazioni radar, capannoni, centri per la guerra cibernetica, batterie antimissilistiche, veicoli blindati, truppe e armamenti nucleari.
Da decenni l’Ucraina è, in teoria come nei fatti, il perno essenziale nel progetto degli Stati Uniti e della NATO di formare un cordone sanitario che separi la Russia dall’Europa.
Nel 1995, cioè soltanto quattro anni dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, l’Ucraina è stato il primo stato membro della comunità degli stati ex-sovietici indipendenti ad aderire al sistema NATO in vista dell’inglobamento finale dell’Europa intera e di quello che rimaneva delle vecchie repubbliche sovietiche, non ancora integrate al blocco nordatlantico, nel quadro del programma chiamato “Partenariato per la pace”. Le dodici nazioni d’Europa dell’Est che aderivano alla NATO nel 1999, nel 2004 e nel 2009 erano tutte affiliate a questo programma. (In lista d’attesa si trovano attualmente ventidue altri membri di questo partenariato in pieno processo di transizione verso l’adesione alla NATO: i quattordici paesi d’Europa non ancora membri – eccetto la Russia – le tre ex-repubbliche sovietiche del Caucaso meridionale e le cinque dell’Asia centrale).
Due anni più tardi, l’alleanza militare firmava una Carta per il partenariato specifico tra la NATO e l’Ucraina, frutto dei lavori della Commissione NATO-Ucraina, attiva ancora oggi – in realtà più attiva che mai, dopo il violento colpo di Stato verificatosi in Ucraina nel febbraio 2014.
A dicembre 2008, quattro mesi dopo che il governo georgiano di Mikheil Saakachvili decise di invadere l’Ossezia meridionale – dando inizio così ad una guerra di cinque giorni con la Russia, l’Ucraina e la Georgia – questi due ultimi stati furono i primi ad aderire ai programmi annuali nazionali elaborati dalla NATO. Qualche tempo prima, nello stesso anno, durante il summit della NATO a Bucarest (Romania), fu annunciato che, nonostante queste due ex-repubbliche sovietiche non soddisfacessero ancora l’ultima condizione richiesta per l’ingresso nella NATO – il Piano d’azione per l’adesione – la NATO era decisa ad accettarle al suo interno. Tra le figure pubbliche impegnate in questo piano d’azione per l’adesione, vi era il presidente del parlamento ucraino, Arseni Yatseniouk, attualmente primo ministro designato (e imposto) dagli Stati Uniti e dirigente de facto del governo al potere.
In realtà, da gennaio a marzo 2008, in previsione del summit della NATO che doveva tenersi in aprile dello stesso anno, l’opposizione parlamentare aveva bloccato le attività della Verkhovna Rada (il parlamento ucraino) per protestare contro l’inclusione del paese nel blocco NATO. In seno alla nazione, lo sforzo principale per accelerare l’incorporazione dell’Ucraina della NATO era incarnato dalla diarchia, che era emersa dalla cosiddetta “Rivoluzione arancione” del 2004-2005: il presidente Viktor Ioutchtchenko e il primo ministro Youlia Tymochenko. Ed infatti, questa incorporazione era precisamente l’obiettivo a cui puntavano Washington e i suoi alleati, che sostenevano e dirigevano questa nuova “rivoluzione colorata” (dopo quella portata avanti in Georgia l’anno precedente).
Alla testa del summit di Bucarest, il presidente statunitense George W.Bush. John McCain – altro repubblicano, allora candidato all’elezione presidenziale (che vincerà più tardi) – così come i due candidati democratici rivali all’elezione presidenziale nelle file dei democratici, Barack Obama e Hillary Clinton, sostenevano con estremo entusiasmo l’adesione dell’Ucraina e della Georgia alla NATO.
Un anno prima della “rivoluzione arancione”, il predecessore di Ioutchtchenko, Leonid Koutchma, aveva tentato di placare gli Stati Uniti e la NATO fornendo 1650 uomini alla coalizione militare in Irak, diretta dalla NATO. Un contingente simbolico di soldati ucraini era stato, ugualmente, assegnato alla Forza Internazionale di Assistenza e Sicurezza in Afghanistan, nel quadro di un’azione integrata che coinvolgeva cinquanta nazioni. Ma Koutchma, insieme ad altri, appresero più tardi che i partner della NATO che siedono a Washington e a Bruxelles non accettano che due cose: obbedienza totale e un’ignobile sottomissione.
Più tardi la Georgia fornì 2000 uomini (era, all’epoca, il contingente più importante dopo quelli degli Stati-Uniti e della Gran Bretagna) che furono rimpatriati nel 2008 dagli aerei dell’esercito statunitense durante la guerra che vedeva opporsi la Georgia e la Russia. In quella occasione, il regime “arancione” di Viktor Ioutchtchenko fu accusato d’aver fatto trasportare clandestinamente delle armi per la stessa via, e d’aver permesso,se non addirittura organizzato, il dispiegamento di forze paramilitari e militari nazionaliste estremiste in Georgia nel corso dei combattimenti.
Appena terminata la guerra in Caucaso, Ioutchtchenko volò per la capitale georgiana per partecipare al grande incontro, al fianco (e a vantaggio) del presidente Saakachvili. Immediatamente dopo, di ritorno da Kiev, egli firmò un decreto con il quale esigeva che la Russia dichiarasse al suo governo – “dichiarare” nel senso di “richiedere l’autolizzazione” – per il dispiegamento aereo o navale che partisse dalle sue basi nel mar Nero, a Sébastopol, o che facesse ritorno lì. De facto, un tale ordine costituisce un blocco selettivo.
Nel 2006, prima discretamente e più tardi totalmente alla luce del sole, i direttori e i membri ufficiali della Missile Defense Agency del Pentagono fecero dei viaggi a scadenza regolare in Ucraina, per negoziare lì l’installazione di componenti di missili antibalistici, nel quadro del progetto dello scudo antimissilistico terra-aria, sviluppato dall’amministrazione di Barack Obama in seno al programma EPAA (European Phased Adaptive Approach). Approvato all’unanimità dai 28 paesi membri della NATO, questo scudo fu esteso lungo la frontiera occidentale (e più tardi meridionale) della Russia.
Ogni anno, dopo il 1996, delle esercitazioni militari rispondenti al nome in codice Sea Breeze (Brezza Marina), sono praticate in Ucraina sotto l’egida del Partenariato per la pace della NATO e sotto la sorveglianza statunitense. Queste esercitazioni si svolgono in Crimea, non lontano dal quartiere generale della flotta russa del mar Nero. Nel 2006, furono temporaneamente annullati in ragione delle proteste locali.
Ugualmente dirette dal comando degli Stati-Uniti in Europa (EuCom), ogni anno si tengono in Ucraina le esercitazioni militari dell’operazione Rapid Trident, con le forze degli Stati-Uniti, della NATO e del Partenariato per la Pace. Secondo i termini dell’esercito statunitense in Europa, si legge nel rapporto delle esercitazioni dell’anno scorso, Rapid Trident, esse “contribuiscono a formare i partecipanti per permettere loro di operare con successo in un ambiente associativo, multinazionale e integrato, con il sostegno delle nazioni ospitate. [sono] pensate in modo da facilitare l’interoperabilità militare tra le nazioni alleate e partner” e a “portare avanti, da una parte il programma nazionale annuale dell’Ucraina, in vista di una maggiore coordinamento con la NATO e dall’altra parte, gli impegni presi ogni anno con la NATO, attraverso il piano delle operazioni NATO-Ucraina”.
A dicembre 2008 – precisamente il mese in cui la NATO inaugurava il suo programma nazionale annuale con l’Ucraina – Washington pubblicava la sua Carta per un partenariato strategico tra Stati-Uniti e Ucraina, il cui documento fondante afferma e precisa, che tra gli altri obiettivi:
“Approfondire l’integrazione dell’Ucraina con le istituzioni euro-atlantiche è una priorità comune. Il nostro progetto consiste in un programma di miglioramento della cooperazione per la sicurezza al fine di aumentare le capacità difensive dell’Ucraina e di rinforzare i suoi diritti alla candidatura per l’ingresso nella NATO
“Siamo guidati dai principi enunciati il 3 aprile 2008, al summit di Bucarest, nella dichiarazione del Consiglio della NATO e dalla dichiarazione comune della commissione Nato-Ucraina del 4 aprile 2008, che afferma che l’Ucraina è destinata a diventare membro della NATO
“Riconoscendo la persistenza delle minacce contro la pace e la stabilità mondiale, gli Stati-Uniti e l’Ucraina hanno come obiettivo l’amplificazione e l’intensificazione del loro programma di cooperazione il proseguimento del sostegno reciproco sulle questioni di difesa e di sicurezza, al fine di eliminare le minacce e di promuovere la pace e la stabilità. Un partenariato tra gli Stati-Uniti e l’Ucraina fondato sulla difesa e la sicurezza non può essere che benefico a queste due nazioni e a questa regione del mondo
“Il nostro obiettivo, attraverso questo lavoro effettuato in seno alla commissione NATO-Ucraina, è di pervenire ad un accordo su un progetto strutturato, che permetta di attuare l’interoperabilità e il coordinamento delle forze tra la NATO e l’Ucraina, in particolare attraverso un’intensificazione delle esercitazioni e la fornitura dell’equipaggio alle forze armate ucraine”
Nel 2010, l’Ucraina fu il primo partner della NATO a fornire una nave militare a Active Endeavour, operazione di sorveglianza via mare e neutralizzazione a durata indeterminata, messa in atto in tutto il mediterraneo a seguito dell’attivazione, nel 2001, della clausola di mutuo soccorso militare definita dall’articolo 5 del trattato nordatlantico.
Nel 2013, l’Ucraina completò le disposizioni sopra-menzionate, diventando il primo partner della NATO ad inviare una nave militare a Ocean Shield, altra operazione del blocco della NATO che dura da cinque anni (e che, come la precedente, potrebbe avere una durata indeterminata), che comporta lo spiegamento di forze al largo del corno d’Africa, nel mare d’Arabia e più in là nell’oceano indiano.
Prima dell’inizio dei moti della società civile in Ucraina, nel novembre 2013, la NATO vantava già l’Ucraina tra i suoi quattro partner destinati a aderire alle Forze di Risposta della NATO (gli altri tre erano la Georgia, la Finlandia e la Svezia).
Ormai, grazie al regime fantoccio installato a Kiev dagli Stati-Uniti e la NATO, le speranze che nutrivano i dirigenti occidentali di vedere l’Ucraina trasformata in enorme base militare a vantaggio del Pentagono e della NATO – la cui inesorabile avanzata verso l’est dura ormai da una generazione – invasa da consiglieri militari occidentali, agenti dei servizi di sicurezza, aerei da guerra, blindati, soldati e missili, raggiungono un livello di ambizione e irresponsabilità che oltrepassa tutto quello che si è potuto immaginare fino ad oggi.
Traduzione italiana per Sponda Sud: Carla Melis