Dal massacro di Gaza all’attacco all’Iran. La strategia della distrazione


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di Federica Cannas

L’attacco israeliano all’Iran, con l’appoggio degli Stati Uniti, ha tutte le sembianze di una manovra calcolata per spostare l’attenzione mondiale da un genocidio in atto. Ma rivela anche la fragilità crescente dell’attuale governo israeliano.
In un momento in cui l’indignazione internazionale per la catastrofe umanitaria a Gaza si fa sempre più forte, il governo israeliano guidato da Benjamin Netanyahu ha scelto di aprire un nuovo fronte con l’Iran. Lungi dall’essere un’azione di legittima difesa, questo attacco appare come una strategia deliberata per distogliere lo sguardo dell’opinione pubblica globale dal genocidio che Israele sta attuando nella Striscia di Gaza. Una distrazione militare, studiata a tavolino.

Mentre le Nazioni Unite denunciavano la crisi alimentare e sanitaria a Gaza, e mentre diverse ONG parlavano apertamente di crimini di guerra, il governo israeliano ha virato verso l’Iran. La narrazione è sempre la stessa: sicurezza, deterrenza, difesa. Ma la tempistica racconta un’altra storia. L’escalation con Teheran non ha nulla di spontaneo, è un diversivo. Uno spostamento di fuoco, letterale e mediatico, per silenziare il rumore di ciò che accade a sud.

Questa mossa, però, mette in luce anche la crescente debolezza strutturale di Israele, almeno nella sua attuale configurazione politica. Nonostante il suo arsenale, nonostante la sua intelligence, Israele non è riuscito ad agire senza l’appoggio determinante degli Stati Uniti. Senza il supporto americano, l’attacco all’Iran non avrebbe avuto luogo. È un fatto. E questo fatto racconta di un governo che, per mostrare forza, ha bisogno di appoggiarsi ad altri.

Il volto muscolare dell’attuale esecutivo israeliano si sgretola sotto il peso delle sue stesse contraddizioni. Netanyahu cerca il consenso interno, assediato dalle proteste, dai procedimenti giudiziari, dall’opposizione crescente. Cerca di restare saldo al potere, anche a costo di portare l’intero Medio Oriente sull’orlo del baratro.

Fa quasi sorridere, se non fosse tragico, l’ossessione selettiva per la non proliferazione nucleare. Un principio evocato con tono solenne, ma applicato con rigore solo ad alcuni Paesi, mentre altri accumulano testate e minacciano apertamente di usarle senza che nessuno osi fiatare. E quando la linea rossa non basta più, si passa direttamente ai bombardamenti. Attaccare siti nucleari altrui, in piena violazione del diritto internazionale, senza considerare i rischi catastrofici per l’intera umanità. Una follia travestita da sicurezza. Si colpiscono impianti sensibili in zone densamente popolate, esponendo milioni di civili a un rischio incalcolabile di contaminazione radioattiva, incidenti ambientali, disastri irreversibili. Il tutto in nome della pace. Così, mentre si predica il disarmo a geometria variabile, si moltiplicano le azioni che potrebbero incendiare il mondo. È il paradosso supremo. Difendere la sicurezza globale, generando instabilità nucleare.

Chi parla di giustizia e libertà, oggi, non può più permettersi di tacere. Non può più fingere di non vedere. La strategia del nemico esterno, agitato come uno spauracchio per giustificare l’orrore, non regge più. È una messinscena, cinica e disperata, costruita per coprire un genocidio in pieno giorno.

Chi ha a cuore la verità non può lasciarsi ipnotizzare da questa distrazione organizzata, né accettare che il bombardamento dell’Iran diventi la nuova prima pagina, mentre a Gaza si continua a morire sotto le macerie. Non si tratta solo di propaganda, è un modo preciso di cancellare le vittime, di seppellirle sotto nuove esplosioni, nuovi titoli, nuove emergenze create su misura per non parlare della vera emergenza. Quella palestinese.

Gaza brucia. I bambini muoiono. Gli ospedali collassano. E mentre tutto questo accade, si preferisce voltarsi dall’altra parte, fingere che l’Iran sia la minaccia più grande. No, non lo è. La minaccia più grande è l’ipocrisia. È la complicità. È questo silenzio colpevole che protegge i carnefici e tradisce i morti.

Chi lancia bombe per far tacere le grida, si assume una colpa doppia. E chi accetta questo gioco senza ribellarsi, ne condivide il peso.


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