(Domenico Conti) – Le accuse reciproche fra la Grecia e i creditori, ultima quella di non volere l’accordo, i ‘palettì invalicabili da una parte e dall’altra sembrano preludere a un finale disastroso per la trattativa. Eppure c’è un sentiero, anche se è sempre più stretto, che potrebbe portare all’accordo. Richiede sacrifici e «scelte dure», per dirla con il Fmi, da entrambe le parti, anche per l’Europa. Non a caso proprio il Fondo monetario internazionale è tornato sulla nota dolente (per i contribuenti europei) della ristrutturazione del debito. E il presidente della Bce Mario Draghi ha lanciato un inedito invito al compromesso per «entrambe le parti».
Quel compromesso è tutto politico. Deve consentire ai governi europei di poter raccontare ‘in casà che la Grecia non l’ha fatta franca anche stavolta. E a Tsipras di portare a casa un risultato. Gli attori coinvolti giocheranno fino alla fine prima di cedere: il monito del contagio arrivato dai mercati gioca a favore di Tsipras, che però rischia il futuro politico nel gioco: Ue, Fmi e Bce potrebbero nei prossimi mesi sfiancare il suo governo, aprendo a un’insolvenza ‘selettivà verso il Fmi che, come spiega Jacob Kierkegaard del think tank Peterson, non sarebbe necessariamente default. Innescherebbe, piuttosto, una fuga di capitali dalle banche che imporrebbe controlli sui movimenti di capitali, precipitando il Paese nel caos fino alla capitolazione di Syriza.
La strada è ancora lunga per il ‘Grexit’, che non è affatto automatico, se la politica non lo vuole. Il ‘pasticciò greco accumulatosi negli anni, agli occhi dei creditori, impone interventi strutturali sul bilancio, principalmente su Iva e pensioni, nonostante su quest’ultima Atene sia già intervenuta pesantemente in passato.
L’opportunità politica (e gli accordi presi) impongono di rinviare il nodo del debito prossimo al 180%, che lo stesso Fmi giudica insostenibile. È sempre più chiaro però che l’atteggiamento di Atene, che a tratti sembra farsi gioco dei rappresentanti dei creditori nei tavoli tecnici a Bruxelles, ha un obiettivo. La proposta portata sabato a Bruxelles collima con le richieste europee sugli obiettivi di bilancio 2015 e 2016. Ma non sui contenuti per arrivarci: prevede appena 71 miliardi dai pensionamenti anticipati, e punta su evasione, tassa sulle imprese e una riforma generica dell’Iva: interventi sul cui gettito la ‘troikà è molto scettica.
Per aumentare l’iva o cedere sulle pensioni, accontentando l’Europa, il suo governo deve portare a casa un risultato visibile sul debito: un ulteriore riscadenziamento o meglio ancora (per Tsipras) un ‘haircut’. «Aspettiamo un segnale, un impegno sulla ristrutturazione del debito che potrebbe sbloccare il negoziato», racconta una fonte vicina al premier greco. È un nodo politicamente incandescente: a Madrid, forse, più ancora che a Berlino, con i parlamenti nazionali che potrebbero dare battaglia.