Democrazia sotto assedio: il nuovo volto dell’autoritarismo negli Stati Uniti


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La democrazia statunitense, a lungo celebrata come modello globale, oggi sembra più fragile che mai. Non si tratta soltanto delle strategie politiche del presidente Donald Trump e dei suoi alleati repubblicani, ma di un disegno più ampio che intreccia potere esecutivo, manipolazione dell’informazione e complicità dei media. L’America, anziché rafforzare i suoi ideali fondativi, rischia di trovarsi davanti a una pericolosa deriva autoritaria.

Il caso Epstein e l’ombra degli insabbiamenti
Un esempio emblematico di questa dinamica riguarda i cosiddetti “dossier Epstein”. All’inizio, l’allora procuratore generale Pam Bondi aveva promesso trasparenza, dichiarando che la lista dei clienti del finanziere coinvolto in traffici sessuali era pronta per essere divulgata. Ma la realtà ha raccontato altro: documenti fortemente censurati, promesse disattese e infine la decisione di chiudere definitivamente l’accesso a quei file.

Le tempistiche e le scelte hanno alimentato il sospetto che l’obiettivo fosse proteggere Trump, menzionato più volte nei fascicoli. A confermare questa percezione sono arrivate anche mosse politiche, come l’intervento del presidente della Camera Mike Johnson per bloccare un voto parlamentare sulla pubblicazione dei documenti. L’impressione è quella di uno degli insabbiamenti governativi più significativi della storia americana.

Il potere esecutivo e la stretta sul dissenso
Parallelamente, l’amministrazione Trump ha ampliato i poteri dell’esecutivo, militarizzato il sistema di immigrazione e fatto ricorso ai poteri di emergenza in modi controversi. Queste mosse, oltre a mettere in discussione la Costituzione, hanno evidenziato un modello autoritario fondato sul controllo delle istituzioni e sulla limitazione delle libertà civili.

La libertà di parola e il diritto al dissenso, pilastri di ogni democrazia, sono stati ridimensionati da una costante pressione politica e mediatica.


I media: da cane da guardia a voce addomesticata
Se i media dovrebbero rappresentare il “quarto potere” in grado di bilanciare il sistema, la realtà recente mostra una resa preoccupante. Diversi network hanno patteggiato cause milionarie con Trump, altri hanno silenziato voci critiche per non inimicarsi la Casa Bianca. Paramount, ad esempio, ha sfruttato una fusione aziendale per ridisegnare la propria linea editoriale, riducendo l’impegno su diversità e inclusione e promuovendo figure di orientamento conservatore.

La connivenza con il potere politico non si limita al contesto interno: i media americani hanno mostrato una debolezza estrema anche nella copertura della guerra a Gaza, accettando senza contestazioni il divieto israeliano d’accesso ai giornalisti e minimizzando le uccisioni di reporter palestinesi. Un atteggiamento che ha sollevato aspre critiche da parte di giornalisti indipendenti.


Un’illusione che si sgretola

Gli studiosi ricordano da tempo che la democrazia americana ha sempre avuto più tratti mitici che sostanziali: elezioni davvero libere, reale separazione dei poteri e una stampa autenticamente indipendente sono sempre stati equilibri instabili. Oggi, però, la velocità con cui questi miti si dissolvono appare inedita.

La manipolazione dell’informazione, la criminalizzazione del dissenso e l’asservimento delle redazioni non sono anomalie isolate, ma strumenti sistematici attraverso cui si ridisegna l’ordine politico. L’era Trump, in questo senso, non rappresenta tanto una rottura quanto un’accelerazione di tendenze già presenti.


Il rischio di un guscio vuoto
Se questo processo non verrà arrestato, gli Stati Uniti rischiano di trasformare la loro democrazia in una facciata priva di sostanza. Le istituzioni resterebbero in piedi, ma svuotate di significato, ridotte a un simulacro dietro cui si cela un potere centralizzato e poco incline al confronto.

L’illusione della democrazia potrebbe così crollare definitivamente, lasciando spazio a un’autorità sempre più concentrata e impermeabile al controllo pubblico.


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